LE ALI DELLA LIBERTÀ: LIBERI PER SERVIRE

“…Libertà va cercando, ch’è si cara, come sa chi per lei la vita rifiuta”, così Dante si esprime nella Sua Commedia, nel primo canto del Purgatorio al v. 71 sgg., quando parla di Catone che si uccise ad Utica per sottrarsi alla tirannide di Cesare, posto, secondo l’immaginazione poetica di Dante, a guardare l’entrata del Purgatorio, divenendo simbolo di quell’idea di libertà che nel poeta cristiano si amplia, passando dall’originario valore strettamente politico, a quello spirituale, libertà dal peccato, libertà spirituale e morale, che è fondamento di tutte le libertà quella politica compresa, e tutte in sé le comprende.

Il tema della libertà è una delle più grandi, nobili aspirazioni dell’uomo, proprio perché è nel DNA dell’uomo la ricerca e la conquista dell’essere un Uomo Libero, ossia capace di esprimere se stesso senza che vi siano restrizioni di ordine politico, sociale, economico, intellettuale e spirituale. Quello che a noi interessa nella nostra riflessione è capire se l’uomo è completamente libero nella sua relazione con Dio e , di riflesso, nelle sue relazioni interpersonali. Se noi osserviamo attentamente la vita dell’uomo in età giovanile è opinione comune che la giovinezza sia il periodo di vita più affascinante ed esuberante che l’uomo sperimenta durante la sua esistenza, anche se, ad onor del vero, restano comunque rilevanti e formativi le altre fasce di età dell’uomo. Quando siamo giovani coltiviamo sogni e speranze alla ricerca di una piena realizzazione umana e sociale. Ma anche viviamo una vita spensierata e, spesse volte, agiamo in maniera scriteriata e incosciente. E’ il periodo in cui sperimentiamo vati tipi di aggregazione sociale, quella sportiva, quella politica, e, forse, quella religiosa. Cerchiamo divertimenti e svaghi, passando le serate dei week­end nelle discoteche o nei pub o nelle pizzerie con gli amici, esagerando con l’alcol e, forse, facendo uso di droghe leggere. Accade spesso che giovani perdono la vita in paurosi incidenti per l’eccesso di velocità sotto l’effetto dell’alcol e di droghe come l’ecstasy. Non so fino a che punto è utile l’esortazione di Lorenzo dei Medici nella sua “Canzone di Bacco”, la quale è un invito a godere la vita: “… Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia, chi vuol essere lieto si, di domani non c’è certezza, ”quanto giovani e meno giovani perdona tragicamente la vita senza aver trovato un rimedio all’inquietudine e alla solitudine, anche se si è circondati da amici e protetti dall’affetto della famiglia. Quella dell’età giovanile è il periodo importante sia per la delicata formazione personale che per le crisi e per le incomprensioni: conflitti con i genitori, le delusioni amorose e quelle delle amicizie, la disistima di se stessi, l’amara scoperta che valori importanti come la famiglia, l’amicizia, l’onestà, la solidarietà, la pace, la giustizia sono divulgati con cinica retorica, sostituendoli con la bramosia del denaro, del successo facile, ottenuto con qualsiasi mezzo, con il consumo selvaggio del sesso sino alla depravazione, con la fanatica ed esaltata ricerca della bellezza del proprio corpo. Tutto ciò spersonalizza e abbrutisce l’uomo. Accade spesso che le ali di questa presunta libertà sono tragicamente spezzate e il dolore gonfia i nostri petti per l’amara disillusione della vita. Allora il giovane grida con rabbia: “Esiste una vita d’uscita che dà senso a questa vita che non è vita. posso liberamente amare, posso liberamente vivere con giustizia, posso liberamente sperimentare la pace?” E’ l’aspirazione di ogni uomo che vuole essere pienamente libero di amare se stesso, le persone che lo circondano, libero di costruire una società in la convivenza civile sia contrassegnata dalla rettitudine e dalla solidarietà, una società in cui il lavoro, il denaro, il sesso, il divertimento abbiano una corretta e sana funzione posti al servizio dell’uomo che è fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Questo anelito di assoluta libertà è realizzata e realizzabile da e in Gesù Cristo. Gesù a Nazareth, città dove è cresciuto, pronuncia un breve discorso che può essere definito il suo manifesto programmatico sulla libertà dell’uomo. Leggendo il testo di Luca 4:16­21, il lettore coglie Gesù nell’atto di partecipare al culto sinagogale in un giorno di sabato. Il culto iniziava con la confessione dello Shemah, continuava con la preghiera e proseguiva con la lettura della Legge e il libro dei Profeti. Il capo della Sinagoga come era costume invitò a leggere e a predicare uno dei partecipanti, riconosciuto come Rabbi, La scelta cadde su Gesù, il quale alzatosi in senso di rispetto per la Parola di Dio, legge Isaia 61:1­2 Dopo aver letto, arrotolò il volume, consegnandolo all’inserviente e si sedette commentando il passo letto.(all’epoca di Gesù i sermoni erano predicati stando seduti) La sua predicazione destò la meraviglia degli astanti. Che cosa dice il testo? Gesù è investito da Dio Padre ad essere portatore dello Spirito e ad essere

l’inviato di Dio. In che cosa consiste la sua missione? Il mandato di Gesù consiste nell’annuncio dell’Evangelo ai poveri. (è significativo che nel primo discorso ufficiale di Gesù venga preannunciata l’idea centrale del discorso del Monte). Chi sono i poveri? Certamente non sono solo coloro che appartengono al ceto sociale dei diseredati, sono in realtà tutti coloro, ricchi e poveri, professionisti e contadini, capi di Stato e uomini privi di alcun potere, intellettuali e artigiani, i quali si rendono conto di essere privi di capacità spirituali e morali esatte dal dettato evangelico, drammaticamente consapevoli di avvertire quel vuoto esistente che Soltanto il Signore può colmare, affermando gioiosamente con Agostino di Ippona: “ Grande sei, Signore, degno di somma lode; grande è la Tua potenza, senza limiti, la tua sapienza. L’uomo vuole cantare le tue lodi, l’uomo, particella della tua creazione, che porta con sé il peso della sua natura mortale, del suo peccato, la certezza che Tu resisti ai superbi… poiché ci hai creati per Te, e il nostro cuore non ha pace fino a quando non riposa in Te”. (1) L’Evangelo di Gesù non è un cavilloso, legalistico sistema di regole e norme che costringe l’uomo che crede ad obbedire. Al contrario, l’Evangelo di Gesù è la Parola di Dio che libera. Gesù proclama la liberazione ai prigionieri e agli oppressi. Chi sono i prigionieri? Chi sono gli oppressi? La parola greca “aichmalotois”si riferisce ai prigionieri di guerra. I prigionieri di cui parla Gesù sono coloro che sono privi per sempre della libertà, che non vedranno la luce del sole, rinchiusi nelle buie e fredde prigioni romane. Forse, ci aiuta a capire di più la misera e spregevole condizione di un prigioniero di guerra rinchiuso nelle carceri romane se ricordiamo alcune scene drammatiche del Colossal Ben Hur, di William Wyler del 1959, il cui protagonista è l’indimenticabile Charlton Heston, nelle quali scene cogliamo la madre Miriam e la sorella Tirzah di Giuda Ben Hur rinchiuse in piccole, buie e fetide celle. I prigionieri sono gli uomini brutalmente schiavizzati dal peccato, resi irrimediabilmente ciechi e terribilmente oppressi. A niente vale il nobile tentativo di perseguire gli ideali di libertà, di giustizia, di pace, di amore, di uguaglianza nelle relazioni umane e nelle strutture sociali quanto l’uomo si relaziona con Dio. Egli è totalmente privo di amore. La parola di Dio giunge a lui vigorosamente, divellendo l’opprimente catena della schiavitù del peccato: “… Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi”. (Giov. 8:34­36) Con il suo discorso programmatico Gesù proclama la venuta del tempo della salvezza. Il motto della Repubblica Francese, “Liberté, Egalité, Fraternité”, è pienamente realizzato da Gesù e realizzabile in Gesù. Ogni tentativo puramente umano di attualizzarlo si rivela una vana e grottesca clonazione. La chiamata divina della sequela di Cristo è la chiamata alla libertà. Così si esprime Paolo nella sua lettera ai Galati(Cap. 5): “…Cristo ci ha liberato perché fossimo liberi; state, dunque, saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù”. (Gal.5:1) La libertà è un prezioso è un prezioso dono divino che non può essere svalorizzato con un ritorno alle pratiche legalistiche.

La libertà in Cristo è sequela incondizionata, mentre l’osservanza di norme legalistiche è autoprestazione umana che si rivela in ogni caso fallimentare. né la libertà in Cristo può essere confusa con una concezione libertina del cristiano, seguendo l’influenza gnosticizzante della filosofia greca. In entrambi i casi, il cristiano non dà alcuna credibile testimonianza di cosa sia veramente l’uomo libero in Cristo. Egli è chiamato a vivere la libertà solo e ed esclusivamente come servizio d’amore che l’uomo rende verso l’altro, attuando la legge aurea di amare il prossimo come se stessi. Interessante è il verbo greco che Paolo usa, “douleùete”, “servite”, ossia siate schiavi gli uni degli altri. E’ il paradosso del cristiano: liberato da Gesù dalla schiavitù della legge giudaica(ma possiamo dire liberato dalla schiavitù del suo essere naturale incapace di fare il bene: “Io non faccio quello che voglio, ma faccio quello che non voglio! Misero me, chi mi libererà da questo corpo di morte?…) La libertà di cui Paolo parla è la libertà operata dallo Spirito di Dio: “Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne, infatti, ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste… (Gal. 5: 16­17) Vivere e camminare nello Spirito questo è il dettato evangelico di Paolo. La libertà di cui si parla, in definitiva, è liberazione spirituale dalla condanna e dalla fascinosa potenza del male, libertà conseguita per la sola fede in Cristo Redentore.

sono eloquenti le affermazioni di Lutero nell’interpretare le parole di Paolo di 1^ Cor.: “Io sono libero in ogni cosa, e mi sono fatto servo ad ognuno”. Lutero dice: “Affinché possiamo comprendere a fondo che cosa sia un uomo cristiano e la libertà che Cristo gli ha acquistata e donata, della quale molto scrive Paolo, stabilirò le proposizioni seguenti: 1) Un cristiano è un libero signore sopra ogni cosa e non è sottoposto a nessuno. 2) Un cristiano è un servo volonteroso in ogni cosa e sottoposto ad ognuno… Da tutto ciò segue la conclusione che un cristiano vive non in se stesso, ma in Cristo e nell’amore. Per la fede sale al di sopra di sé in Dio; da Dio torna a scendere al di sotto di sé per amore; Ecco, questa è la vera libertà spirituale, cristiana, che fa libero il cuore da tutti i peccati, le leggi e i comandamenti, che supera ogni altra libertà, come il cielo la terra. Iddio ci conceda di intendere bene e di mantenere questa libertà. Amen” (2)

(1) Sant’Agostino­ Le Confessioni­ BUR Rizzoli, Mi, 1988, pag. 53

(2) Martin Lutero­ Libertà del Cristiano­ Claudiana, To, 1976, pagg. 25, 66

Paolo Brancè | Notiziecristiane.com


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