Nella “rete” delle iperinformazioni

Prevalentemente, viviamo della cultura del web, con gli annessi e connessi pericoli e risorse.

Da un lato, le risorse sono dettate dalla facilità di accedere a documenti e informazioni utili, dall’altro i pericoli sono caratterizzati dalle troppe informazioni che ci distraggono, ma allo stesso momento ci attirano nella rete, la quale si configura come una spirale del grande fratello virtuale dove si resta incantati nello spiare e spiarci a vicenda attraverso i social media. Mentre attenti all’esterno a guardare dalla finestra, ci si dimentica cosa vi è al di qua di essa; ci si dimentica chi è colui che si affaccia, cioè se stessi (P. Riccardi, Psicoterapia del cuore e Beatitudini, ed. Cittadella Assisi, 2018). Si resta incantati, anestetizzati ad osservare senza consapevolezza di se, l’esterno. Un comportamento che si riflette, in negativo, sul proprio mondo interiore, creando quella frattura evidenziata dalla antropologia cristiana del dentro e fuori, dell’interno e dell’esterno: «Allora il Signore gli disse: «Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità» (Lc 11,39). Un monito che segnala la non consapevolezza di se stessi, la non conoscenza di se. Così ci disabituati a rispondere alla cruciale domanda della nostra esistenza: Chi sono io? (P. Riccardi, Ogni vita è una vocazione per un ritrovato ben-essere. Ed Cittadella Assisi 2014). La conoscenza di se è la prerogativa del proprio ben-essere, difatti l’esortazione «Conosci te stesso», quale massima religiosa dell’antica Grecia, e iscritta sull’arcata del tempio di Apollo a Delfi, ne diventa l’emblema significativo. L’uomo del terzo millennio, quello tecnologico multimediale, è particolarmente intento, inconsciamente, a farsi “ammirare” deponendo attenzione sull’altro quale oggetto di tornaconto personale. Del resto la cultura del selfie, ne è la riprova. Da psicologo e psicoterapeuta mi suona banale affermare del narcisismo dei vari istagramm, facebook e piattaforme social varie se non si considera in toto la dinamica profonda tra l’io e gli altri. L’invasione dell’informazione, se non ben modulata e utilizzata rischia di accentuare la frattura tra se e altri, trasportandoci in un mondo di assoluta indifferenza degli uni verso gli altri. Come l’indifferenza provata e sperimentata dal violinista, di fama mondiale, Joshua David Bell, il quale, si mise a suonare in una stazione della metro a Washington DC, in una comune e fredda mattina e in un orario di punta. Suonando opere di Bach con un violino Stradivari del 1713 del valore di 3,5 milioni di dollari. Tra centinaia e centinaia di persone solo 6 si fermarono per qualche istante, regalandogli qualche dollaro di offerta. Non ci fu riconoscimento alcuno, né del violinista né della soave musica dello stradivari. Per un approfondimento, si veda articolo di Gene Weingarten, comparso sul Washington Post l’8 aprile 2007, “Can one of the nation’s great musicians cut through the fog of a D.C. rush hour? Let’s find out”. Al di là della storia, la riflessione è se l’uomo del terzo millennio, capace di mostrarsi in rete, tradisce il vuoto di una vita piatta, senza emozioni e avvezza a spiare all’esterno gli altri. Non è facile riempire il vuoto mascherato dalla iper informazione della vita moderna, schiava del potere delle “immagini”. Schiavo di questo potere l’uomo dei social, se non ben attento a discernere, struttura la propria personalità sulla cultura dell’apparenza con la conseguente instabilità esistenziale (P. Riccardi, Parole che trasformano, psicoterapia dal vangelo, ed. Cittadella Assisi, 2016). È la cultura della spettacolarizzazione delle emozioni, dei sentimenti, del mettersi in vista, senza uno scopo ma soprattutto senza un significato, a far presa oggi. L’attenzione dell’uomo del terzo millennio deve essere rivolta a resistere alla tentazione dell’apparire per non sentirsi solo, nonostante i tanti followers; per non sentirsi vuoto, nonostante i tanti like. L’uomo del terzo millennio ha necessità di recuperare il naturale bisogno di un autentico incontro con gli altri, fatto di ascolto vis a vis e non solo di virtualità.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne ma servite gli uni gli altri per mezzo dell’amore (Galati 5,13).

Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com


Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui