Nell’articolo del 3 febbraio 2018 “Gesù ci insegna come superare i conflitti di relazione” in noriziecristiane.com, ho fatto riferimento a ricerche scientifiche sui conflitti di relazione. Dato emerso da ricerche Istat: i conflitti di relazione sono in aumento. E’ un dato che le ricerche degli specialisti della salute mentale, delle organizzazioni lavorative, delle leadership sono sempre più orientate a trovare i comportamenti “giusti” delle buone relazioni. Dal punto di vista clinico psicologico le buone relazioni aumentano il senso di autostima, dal punto di vista sociale determinano un clima sereno, dal punto di vista delle organizzazioni lavorative consentono maggiore produttività. Non è un caso che nella psicologia di Gesù vi è l’invito ad essere aperti alle esperienze con l’altro anche nelle situazioni conflittuali indicando il criterio comportamentali del mettersi d’accordo: «mettiti d’accordo con il tuo avversario, mentre sei in cammino» (Matteo 5, 25). Nel VI e V secolo a. C. nel famoso trattato di strategia militare, di Sun Tzu, utilizzato ancora oggi da leader politici e strategici, L’arte della guerra, vi è un simile invito ad essere amico del nemico. L’invito presuppone lo sforzo di arrivare ad un punto di incontro e trovare un qualcosa in comune. Quanti rapporti scorrono senza la risoluzione di un conflitto solo perché i membri non giungono ad un accordo? Per meglio comprendere il senso dell’accordo, di evangelico richiamo, specifichiamo il conflitto: viene definito, in psicologia dinamica come lo stato di tensione che una persona ha, nel momento in cui sente di non riuscire a soddisfare i propri bisogni (Maslow, Motivazione e personalità, ed. Armando, 2010). I luoghi del conflitto di maggiore espressione conflittuale sono la casa (figli, partner, amici), e il posto di lavoro (colleghi/e orizzontale e verticale). Ogni situazione conflittuale ha una mappa del conflitto, ha un ciclo che parte dalla dimensione comunicativa dei comportamenti (aggressivi, passivi, negativisti, oppositivi) che possono essere verbali e non verbali (para-verbale e corporeo). Ad esempio indifferenza, tenere distanza fisica, non guardare negli occhi, ammiccamenti para-verbali di disapprovazione ecc.. . Al di là delle manifestazioni fenomenologiche del conflitto, alla base vi è sempre un bisogno insoddisfatto. Se tale bisogno venisse riconosciuto e compreso, la conflittualità si trasformerebbe in analisi delle differenze di vedute. Purtroppo, benché dotati di logica e competenza linguistica, ancora oggi utilizziamo un «Linguaggio da lupi», espressione usata dallo psicologo Marshall B. Rosenberg, creatore della tecnica della Comunicazione Nonviolenta o CNV, che aiuta le persone a risolvere i conflitti e le differenze pacificamente (Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta, Editore Esserci 2003). Fondatore del movimento psicologico sulla comunicazione non violenta che sta dando ampio respiro alla “parola che trasforma” (Riccardi. P, Parole che trasformano, psicoterapia dal vangelo Cittadella 2016). La teoria della “Comunicazione Nonviolenta”, da lui definita anche «linguaggio dell’empatia», ha trovato applicazione nella soluzione di conflitti, negli interventi di mediazione, educativi e nella formazione dei dirigenti. Il fulcro della Comunicazione Non violenta è costituito dall’empatia. La tesi di fondo è che dietro ogni conflitto ci siano bisogni umani, legittimi e importanti, come il bisogno di stima e rispetto, di autonomia, di comprensione non soddisfatti che provocano ostilità e risentimenti. Con la Comunicazione Nonviolenta si va incontro a queste esigenze e Rosenberg, propone semplici passaggi comunicativi:
1. Descrivere, senza condanne o colpevolizzazioni il comportamento disatteso. Trova espressione nel suggerimento di Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6,37). Esempio clinico: “apprezzo il tuo impegno ma per meglio giungere al nostro fine sarebbe meglio…”;
2. Parlare delle emozioni e dei sentimenti che il comportamento ha suscitato. Trova riscontro nel dichiararsi di Gesù ai discepoli quando confessa: «La mia anima è triste fino alla morte» (Mc 14,34; Mt 26,38); Esempio clinico: “sai come mi sento quando ti comporti in questo modo?;
3. Formulare una richiesta, spiegando cosa si vorrebbe, con chiarezza dall’altro per rendere partecipe alla soddisfazione dei bisogni. Trova similitudini nelle parole: «Capite quello che ho fatto per voi?» (Gv 13,12); «Darai la tua vita per me?» (Gv 13,38); o «Il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?» (Gv 18,11). Esempio clinico: “ho bisogno delle statistiche per il giorno x pensi che chiedo troppo? Per favore se è troppo avvisami almeno due giorni prima delle tue difficoltà.
E per concludere non posso non citare Gandhi il giovane avvocato indiano che ha fatto della “non violenza” il punto di forza: “Mi oppongo alla violenza perché, quando sembra produrre il bene, è un bene temporaneo; mentre il male che fa è permanente.”
Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com
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