Passano le stagioni, mutano le mode, cambiano i dettagli ed anche i tempi, ma c’è una costante nell’uomo credente, che non muta: lo sguardo con cui rivolgerci a Dio. È bene sia uno sguardo di fiducia confidente, uno sguardo pieno, rivolto verso l’ alto con fiducia.
Come creatura uscita dalle Sue mani, l’uomo può rivolgersi a Lui, sapendo che non c’è nulla di ciò che egli può attraversare che possa essere considerato estraneo, ai Suoi occhi. «Egli ci ha fatti e noi siamo suoi» (Salmo 99): ecco perché, quale medico premuroso, non prova ribrezzo di fronte alle nostre ferite, neppure quando, per l’ostinazione di non rivolgerci a Lui, si sono infettate, incancrenite, oppure, pur richiuse, hanno fatto la piaga e, ancora, ogni volta che le tocchiamo, il dolore pungente non ci abbandona. Perché, più della sofferenza fisica, ciò che martoria il nostro cuore è quel tarlo, che ogni tanto s’insinua, che non ci è dato ricevere aiuto e cura, che l’unica cosa che ci è consentita è di allontanarci, per richiuderci nel nostro dolore. Come i gatti, che vanno a morire in un angolo.
Questa solitudine però viene dal Nemico, che ci preferisce soli, per poter avere la meglio su di noi. Deciderci finalmente a mostrare la ferita, anche se piagata, al Padre, è l’unica soluzione per ricevere finalmente sollievo, perché non riceviamo solo la medicina più opportuna, ma anche la garanzia che siamo nelle Sue mani e nel Suo sguardo, sempre.
Vincenzo Lipari | Notiziecristiane.com
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