
“Ho sentito le scosse e mi sono precipitata fuori insieme ai miei figli in preda al panico. In pochi minuti abbiamo visto la nostra casa crollare. Abbiamo paura di entrare in casa nostra, ora”.
Questo è il messaggio che i partner di Porte Aperte/Open Doors hanno ricevuto da Daw Sun (pseudonimo), una vedova che vive in Myanmar con i suoi due figli. La famiglia ora dorme per strada, tra le decine di migliaia di persone colpite dal devastante terremoto di venerdì scorso che ha causato quasi 3.000 morti e migliaia di feriti (numeri aggiornati al momento in cui scriviamo).
Già prima che il terremoto riducesse in macerie case e chiese, il Myanmar (alla posizione numero 13 nella World Watch List 2025) era un luogo molto difficile per i seguaci di Gesù. La guerra civile, che dura da ormai quattro anni, ha costretto decine di migliaia di cristiani a fuggire dalle proprie case; molti di loro vivono ora in campi per sfollati. Le chiese e i cristiani sono stati presi di mira durante il conflitto, e lo sono tuttora.
I partner di Porte Aperte/Open Doors sostengono i cristiani perseguitati in Myanmar da molti anni, quindi grazie ai vostri doni e alle vostre preghiere, i bisogni primari di Daw Sun sono stati soddisfatti. Ma lei, i suoi figli e migliaia di altri come loro continueranno a necessitare di aiuti urgenti come cibo, medicine, acqua, prodotti per l’igiene, insieme a un sostegno a lungo termine per ricostruire le loro vite.
Molte famiglie cristiane si trovano in questa situazione in Myanmar e hanno bisogno del vostro sostegno, sia ora sia in futuro. La ricostruzione richiederà anni e, anche dopo che le chiese e le case saranno ricostruite, i cristiani avranno disperatamente bisogno di aiuto in mezzo alla guerra civile, all’incertezza economica e alla persecuzione.
I cristiani sopravvissuti al terremoto vogliono che sappiate che le vostre preghiere li hanno già aiutati: “Vogliamo ringraziare i nostri fratelli e sorelle per le loro preghiere e perché si sono preoccupati per noi”, afferma un credente locale. “Ci sentiamo confortati e non isolati”.
Continuiamo a pregare con i cristiani in Myanmar.
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