La scomunica del “barbet” Malan, senatore della repubblica, alla Chiesa riunita nel Sinodo: “Usa la Bibbia come pretesto, sfiorando l’apostasia”. E al Pontefice raccomanda di rileggere attentamente la parabola del buon Samaritano.
di Stefano Rizzi
“Il Samaritano ha curato l’uomo aggredito dai briganti, lo ha caricato sull’asino e ha pagato per lui la locanda, ma non è che, poi, ogni giorno che andava a Gerico, c’era un tizio che si faceva trovare lì e lui lo aiutava”. Senatore, la Sua è una critica ai messaggi di Papa Francesco? «Il Papa è liberissimo di fare valutazione politiche ma io, da politico, faccio valutazioni da politico. Certo, non può pretendere che, essendo il Papa, non si possa dire nulla su quanto dice solo perché l’ha detto lui: noi siamo una democrazia, non una teocrazia. Ma, piuttosto che guardare in casa d’altri, preferisco guardare nella mia di Chiesa». Lucio Malan, 56 anni, da 23 in Parlamento prima con la Lega poi in Forza Italia, è in vacanza nella sua casa di Luserna San Giovanni – uno dei luoghi storici della presenza protestante. Ed è la Chiesa valdese quella di cui Malan preferisce parlare. Saranno parole durissime.
Guardiamo, dunque, alla Sua di Chiesa, senatore. Sulle unioni civili, Forza Italia ha tenuto una posizione opposta e, quando è stato il momento di votare il referendum sull’acqua pubblica, la Chiesa valdese ha aderito al comitato schierato contro la legge di cui Lei è stato relatore. Oggi, quando anche sul tema dell’immigrazione e dell’eutanasia, dal Sinodo sono uscite tesi lontanissime dalle Sue e da quelle della Sua parte politica, come vive il Suo essere valdese?
«Sono in aperto, radicale e profondissimo dissenso con ciò che sta facendo la Chiesa valdese. In questo momento, dal punto di vista dottrinale sta rinnegando quella che è la sua Storia e la sua Confessione di fede che solo ufficialmente professa; anzi, solo teoricamente. Ormai è una Chiesa che, nata sulla fedeltà alla Bibbia, usa la Bibbia sempre più spesso solo come un pretesto ma, in realtà, ne è un bersaglio».
Addirittura?
«Il pastore ha invocato la ‘Spirita Santa’. Siamo alla parodia».
Rispunta il tema dell’omosessualità, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, quelli che insieme ad altri la dividono dall’indirizzo dato ancora nell’ultimo Sinodo. Divisioni insanabili?
«Incominciamo col dire che in alcuni casi c’è un interesse privato di alcuni ma, quando si sostiene che questa – chiamiamola – opinione è coerente con la Bibbia, si fa una forzatura. Un pastore, Alessandro Esposito, che ha celebrato un matrimonio omosessuale, dice che non esiste un testo che esprima su questo tema la volontà di Dio. Quando si parte da questo presupposto, si va per Partito preso».
E Lei non si ritrova più in una Chiesa che… come la definirebbe oggi?
«Il termine tecnico sarebbe ‘apostata’. Io stento a usarlo, ma non darei torto a chi usasse. C’è una deriva che rinnega tutte le radici della nostra Storia e delle nostra fede».
Ma è cambiato tutto negli ultimi anni?
«La spinta forte è avvenuta negli anni Sessanta e Settanta con la politicizzazione».
Un attimo, senatore: oltre ad allontanarsi dal messaggio biblico, la Chiesa valdese, che ha in queste Valli torinesi le sue radici, è scivolata pure verso la politica?
«Certo che sì: la teoria gramsciana dell’occupazione del potere è stata applicata in modo spietato in una realtà piccolissima».
Troppo a sinistra?
«Non è questo il punto. Certo, anni fa c’era un giornale delle Valli valdesi che, dal dossier Mitrokhin, si scoprì riceveva qualche soldo dall’Unione Sovietica e i valdesi conservatori non erano attivisti politici – io anche oggi sono un caso anomalo. Ma, così, la politica si è mangiata il piano religioso, in parallelo con la progressione dall’allontanamento dalla Bibbia. Per dire come parta da lontano il processo che oggi è più evidente che mai, basta ricordare che, già nel 1976, fu fondato un movimento che si chiamava “testimonianza evagelica valdese”, che nacque proprio contro la politicizzazione della Chiesa e al quale partecipavano anche persone di sinistra. Venne fondato in questa casa, la mia, che, stando all’imbocco della Val Pellice, era in una posizione comoda per le due Valli. Raccolse migliaia di adesioni. Adesso lo fanno passare come una reazione alla decisione dell’allora pastore Tullio Vinay di candidarsi alle politiche nelle liste del PCI. Invece non c’entrava nulla, anche se c’era chi non vedeva di buon occhio quella decisione; la questione era davvero altra: l’opposizione alla politicizzazione della Chiesa».
Il tentativo, evidentemente, non è riuscito. Un corso ineluttabile, quello verso la Politica? I Partiti hanno sempre guardato con attenzione – dal Partito Popolare in poi – alle comunità religiose. E pure adesso, con le elezioni che si avvicinano, lo stesso suo Partito non rischia di perdere consensi su temi che vedono l’attenzione del Papa, ma anche nel loro piccolo delle Chiese evangeliche? Insomma, il Malan valdese come si concilia con il Malan politico di centrodestra?
«Io ho sempre pensato, e ritengo che lo dovrebbero fare tutti, che le posizioni politiche che uno assume, salvo rarissime eccezioni, sono posizioni di cui deve assumersi personalmente la responsabilità e non dire: io voto sì o no perché Dio mi ha detto di fare così».
E, sulla vicenda dell’acqua pubblica, Lei si è trovato contro la sua Chiesa.
«Contro la legge sulla cosiddetta privatizzazione dell’acqua, perché poi non è che si è privatizzata, di cui fui relatore e ne scrissi pezzi interi, la Chiesa valdese è entrata nel comitato per l’abrogazione – una cosa ancora più forte che entrare in un Partito. Fu su quel fatto che io scrissi una lettera molto forte, chiedendo di essere espulso. Se la Chiesa ti dice che è per il ‘sì’ e io sono per il ‘no’, da lì non si scappa. Se la Chiesa di cui sono membro entra nel comitato contro, io dovrei essere messo fuori dalla Chiesa. Ma non lo hanno fatto».
La invitano ancora, come anni fa?
«Pur di non invitare me, inviterebbero Torquemada».
Lei non ne vuole parlare molto, ma torniamo un attimo a Papa Francesco, peraltro citato nel documento del Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste sull’ecumenismo in cui si rende “giustizia al clima nuovo che si è creato con il pontificato di Francesco”, come ha osservato Fulvio Ferrario, decano della Facoltà valdese di teologia e coordinatore della Commissione consultiva per le relazioni ecumeniche delle chiese battiste, metodiste e valdesi.
«Sul Papa si è espresso benissimo Giovanni Toti: ha detto che il Pontefice ci ricorda il dovere della solidarietà, ma i meccanismi della Politica ci impongono di operare affinché questa solidarietà sia possibile ed efficace. Io aggiungo: come Cristiani, dobbiamo sentire il dovere di fare del bene alle persone. Principalmente agli italiani, che sono coloro che ci danno il mandato e verso i quali abbiamo un dovere. Naturalmente, non possiamo né vogliamo trascurare gli altri. Ma, proprio per questo, il continuare a far venire centinaia di migliaia di persone che ci costano circa 45 euro al giorno, mentre il World Food Programme fornisce cibo a decine di milioni di persone nel mondo, salvando loro la vita, al costo tra i 30 e 35 centesimi pro capite al giorno, lo trovo profondamente sbagliato. Vuol dire che ogni immigrato ci costa quanto salvare la vita a 160 persone che davvero rischiano di morire di fame. Allora dico che, se oggi si spendono 5 miliardi in Italia, diamone una parte per salvare i poveri veri e non quelli che poveri proprio non sono, se riescono a trovare migliaia di euro per pagare i trafficanti che li portano qui. E una parte di quei soldi diamola alle famiglie italiane per ogni figlio, anche solo 5 o dieci euro al giorno».
Lei si è espresso più volte contro l’accoglienza indiscriminata: quali rischi vede, oltre alla situazione di oggettiva difficoltà che l’Italia è costretta a vivere, anche per il disinteresse e la chiusura dell’Europa?
«Va detto chiaramente che non possiamo più assecondare un’ondata migratoria disastrosa. E poi c’è un altro problema, un rischio: la stragrande maggioranza di coloro che arrivano è musulmana. Io ho rispetto, ma è innegabile che moltissimi leader islamici hanno fissato l’obiettivo di sottomettere l’Europa all’Islam: con la paura, provocata dagli attentati, e per questioni numeriche – con questa invasione».
Troppi buoni Samaritani, senatore Malan?
«Da nessuna parte della Bibbia c’è scritto che tu devi dare qualunque cosa a chiunque e qualunque sia il suo comportamento».
Da: Luciomalan.it
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