Con l’approssimarsi delle festività, in genere, cambiano i retroscena emotivi e sentimentali perché ogni festività risveglia, dal punto di vista psicologico, un’affettività. Ricordiamo che il ruolo dell’affettività ha un notevole effetto sul proprio benessere psicologico. Con “affettività” si indica l’insieme dei sentimenti e delle emozioni di un individuo lungo uno spettro che vanno da negative (frustrazione, rabbia, tristezza, solitudine ecc.) a positive (gioia, soddisfazione, serenità, contentezza, ecc..). Essa entra in gioco quando vi è un’intimità e una relazione più intensa, In particolare in famiglia, tra partner e tra amici di stretta data e intensitài. Ogni festività apre alla dimensione interiore che si deve incontrare con quella altrui, per cui si mettono in gioco elementi sentimentali ed emotivi nei riguardi delle persone più care. Il Natale come per altre ricorrenze, di festività apre all’affettività. Pur tuttavia molta delle attenzioni non sono alle relazioni e agli affetti ma al come trascorrere le festività. Camminando per la strada non è difficile notare ed osservare la frenesia allo shopping per la corsa al regalo di Natale. Generalmente la concentrazione è al regalo o e al cibo che devono assicurare un piacere e non al senso di essi. Spesso si confonde il regalo con il dono. O meglio la nostra cultura consumistica ed usa getta che non dà senso alle cose, ha sostituito il regalo con il dono. Nella tradizione cristiana, della nascita di Gesù, i magi portano doni: «Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt, 2, 9-11).
Una riflessione bisogna farla perché il regalo non è il dono. Mentre il regalo dal punto di vista psicologico può non essere caricato di emotività, il gesto del regalare può essere secondario ad un tornaconto. Diventa un’azione asettica per ottenere una ricompensa, una lode, una riconoscenza, per disobbligarsi di un favore ecc. Un gesto vissuto poco carico di emozioni, un’azione da compiere quasi per senso del dovere. Sono questi aspetti che talvolta evidenziano il senso delle relazioni odierne, caratterizzate dal dare e avere qualcosa in cambio. Relazioni artificiali e artificiose che non contemplano l’azione autentica dell’amore incondizionato: «ama il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10, 27). Chi amerebbe se stesso potrebbe mai farsi un regalo che magari non ha senso? Siamo abituati a considerarci oggetti di noi stessi dove anche le emozioni diventano materiale da consumare; Accade che nelle festività significative, come il Natale, si deve consumare l’emozione del regalo e dei lauti pasti, perdendo di vista l’emozione dello stare insieme. Cosa fa allora la differenza? La fa il senso che diamo all’oggetto, alle festività ma soprattutto al Natale quale espressione di vita di luce, (Gesù) che ci illumina dei suoi insegnamenti. Non si regala l’oggetto ma si dona qualcosa come i re magi che fanno il dono e non il regalo. Oro, incenso e mirra sono tre doni dal significato simbolico (oro sta per purezza per preziosità per la regalità del Bambino nato; incenso sta a ricordare la sua spiritualità, divinità utilizzata da sciamani per evocare spiriti; mirra, usata per la mummificazione, per parlarci del sacrificio e della morte dell’uomo Gesù), ma sono anche tre rimedi medicamentosi utilizzate nelle culture antiche della Mesopotamia che stanno ad indicare, simbolicamente la cura della persona. Il senso del “donare” è il “dare” qualcosa di se, all’altro; prendersene cura. Significa offrire e offrirsi per dichiarare amore incondizionato. Equivale ad una presa di autonoma libertà interiore di donarsi senza nulla in cambio. Diversamente dal comune modo di pensare: “io do una cosa a te e tu dai una cosa a me”. Il dono, quindi, a differenza del regalo, è un atto significativo di prendersi cura dell’altro e non ha valore economico, mentre il regalo spesso si concentra sul valore dell’oggetto.
Il dono ”parla di noi”, ma soprattutto ci mette in gioco, non una sola settimana o un solo giorno, ma per sempre. Spesso confondiamo con la data del 25 dicembre il Natale. Sebbene il Natale, nella tradizione cristiana ricordi la nascita di Gesù, in culture più natiche è un periodo delle stagioni. I Celti, ad esempio, festeggiavano il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno, come il passaggio da un ciclo stagionale ad un altro. Nel mondo germanico, nella notte del 24 dicembre, veniva celebrata la festa solstiziale di Yule; si pensava che i morti visitassero le proprie famiglie “terrene” e per questo si faceva trovare loro una tavola imbandita. Nelle antichissime origini egiziane, legate al culto di Mithra, divinità connessa alla luce e al sole si festeggiava la produttività. I Romani dal 17 al 23 dicembre, celebravano i Saturnalia, in onore del dio saturno (dio dell’agricoltura). In queste feste i ruoli venivano ribaltati: gli schiavi potevano sentirsi liberi dai padroni. Nel 274 d.c. l’imperatore Aureliano proclamò il 25 dicembre festa del Sole, o meglio, festa della Vittoria del Sole (Dies Natalis Solis Invicti.
Al di la delle antichissime tradizioni, l’evento rappresentava la vittoria, la rinascita, la luce che rischiara il buio delle tenebre. Purtroppo accade che anche nelle buone intenzioni la si dimentica e si ritorna alla normale quotidianità senza senso e valori alcuni. Donare è un’azione rivestita di aspetti psicologici profondi che trovano espressione nelle relazioni più intime e significative.
Attualmente, nella nostra società, il Natale sembra avere perso il suo senso trasmesso dagli insegnamenti di Gesù e di conseguenza si configura come la bella favola della nascita del bambino povero, così il dono si trasforma in regalo e perde di valore, trasformandosi in un aspetto più superficiale, banale e consumistico. Il regalo diventa il compito da ottemperare per Natale.
Un significato “psicologico” ancora più profondo contraddistingue il regalo dal dono. Il regalo può aver a che fare con la difficoltà di costruire la relazione intima. Sono a posto, ho adempiuto al mio dovere di fare il regalo sembra emergere dal profondo inconscio una vocina. Mentre il dono è partecipazione attiva di se con l’altro ed implica un potere notevole di relazione intima, che ci costringe a cambiare per l’altro. Nella psicologia di Gesù vi è l’invito al cambiamento relazionale quando dice ai suoi discepoli di amare come lui ha amato. Gesù disse ai suoi discepoli: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Siamo noi preparati ad cambiare rotta del nostro investimento emotivo affettivo nelle relazioni? Probabilmente ci nascondiamo dietro il regalo fatto come obbligo senza sentimenti ed emozioni.
Il dono è incontro di relazione.
Sono molti i genitori che si ricordano del regalo della festività senza considerare che durante l’anno hanno poco interagito con i propri figli. Non si può far sentire di volere bene una volta all’anno. Il bene, il dono di se all’altro è una sfida continua, non è una finzione che passa attraverso il regalo.
“Il dono più grande che si possa offrire all’altro è il “se stessi”. Spesso coincide con il donare il proprio tempo, la propria attenzione, il proprio impegno per la crescita altrui. Affermare ti voglio bene non ha senso dietro un regalo, ma affermare desidero il tuo bene e mi attivo con impegno a desiderarlo è un dono di se. Il vero dono è trovare il tempo per stare vicino agli altri e vale molto di più di ogni regalo. Inutile dire una pila di regali può essere solo una barriera tra noi e l’altro.
Purtroppo viviamo immersi in un tempo liquidoii che va veloce e consuma tutto come le emozioni e i sentimenti, come le relazioni e le persone. Pensiamo che il clima del Natale possa renderci migliori senza alcun cambiamento interiore e allora tutto diventa uno stress: fare i regali, allestire l’albero di Natale, preparare il presepe, preparare la cena, fare i festeggiamenti, andare a fare gli auguri a persone che magari non si è visti che una volta l’anno. L’impegno dovuto si sostituisce alla vera gioia del senso del natale.
Gli studiosi del comportamento umano, gli psicologi e addetti ai lavoro hanno, per altro constatato come il periodo delle festività come il Natale può compromettere l’equilibrio emotivo proprio in virtù del fatto che ci si sente costretti a vivere un clima di relazioni intime non più abituati e che generano ansia e tensione. Ma se, con spirito critico di chi vuol gustare il senso della vita, ci si chiedesse cosa realmente è il natale si scoprirebbe semplicemente che è la nascita, dal latino Natalis “nascita”. La parola italiana nascere proviene da una antica parola, noscere, che significa “cominciare a conoscere” Gesù che si rinnova dentro i cuori di ognuno e porta con se una riflessione sulla vita e sull’essere felici. Ogni autentica conoscenza porta una spinta al cambiamento a trasformarsiiii da quelle pastoie e pesi interiori che nulla hanno a che fare con il bene. Il Natale ci riporta a fare spazio dentro di noi, tra i nostri pensieri e i nostri malumori per scoprire, con le parole di Gesù che il darsi affanno e preoccupazioni spesso non ha senso: ‘Perciò io vi dico: non preoccupatevi troppo del mangiare e del bere che vi servono per vivere, o dei vestiti che vi servono per coprirvi. Non è forse vero che la vita è più importante” (Mt 6, 25). E con queste parole il Natale appare più luminoso di mille luminarie e la vita appare più carica di significato.
i https://www.notiziecristiane.com/L’amore come cura delle patologia affettivo relazionali
22 Novembre 2017 di Pasquale Riccardi
ii Zygmunt Bauman Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi Editore: Laterza 2006
iii P. Riccardi Parole che trasformano, Psicoterapia dal vangelo, ed Cittadella Assisi, 2015
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