La cultura moderna, per molti aspetti, ci ha donato di molta scienza, arricchendo la nostra conoscenza, ma nello stesso momento ha spinto l’uomo verso obiettivi che alla fine si rivelano trappole mentali. Molta della “cultura psicologica banale”, non quella scientifica, ha introdotto sul mercato professionisti come life coach, mental trainer, counselor, operatore di strada, atti ad aiutare le persone a raggiungere obiettivi di benessere e traguardi lodevoli. Molto spesso devo constatare, con rammarico, che con l’obiettivo dell’aiutare si diventa invasori dello spazio interno, privato dell’altro; spogliandolo, addirittura, di ogni forma di rispetto della spiritualità altrui. Traguardi, obiettivi prestazionali, perfezionismo, relazioni perfette, funzionare al massimo diventa l’imperativo del nuovo uomo centrato sul narcisismo. Ripiegato in sé e su sé, ognuno diventa incapace di cogliere tutta intera la complessità insita nella sua stessa esistenza. Incapace di guardare in alto, alla dimensione spirituale, ma forzato a guardarsi troppo nel proprio Io, a guardare nelle aspettative altrui non si vede il prossimo, addirittura l’altro diventa il nemico della competizione al benessere. Ma il vero nemico è dentro ognuno. La Bibbia usa nomi come Satana, “il diavolo” (Matt. 4:1, 13:39; 25:41; Apoc.12:9; 20:2; ecc.), “il serpente” (Gen. 3:1,14; 2 Cor.11:3; Apo.12:9; 20:2); “Belzebù” (Matt.10:25; 12:24, 27; Luca 11:15), intesi come elementi e spinte, pulsioni e passioni che deviano dalla retta via del bene. La diabolicità psicologica delle figure bibliche menzionate è la promessa di un essere diversi, capaci di comandare e di raggiugere il massimo. A partire dalla Genesi si legge di come il Signore pone dei limiti al non andare oltre nella pretesa al massimo: «Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (Gn 2, 16-17) ma il serpente, personificazione del desiderio, disse alla donna: «Voi non morrete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno, e sarete come Dio, conoscendo il bene e il male» (Gn 3, 5). E oggi basta affermare di avere un conflitto con il partner e ci viene consigliato di rivolgerci allo psicologo, al counselor, al professionista di aiuto con il rischio di mettere fuori da se il focus del conflitto.
Da psicologo, psicoterapeuta e formatore di futuri psicoterapeuti, ma soprattutto da cristiano, non posso che invitare l’uomo a riprendere la tendenza naturale ad orientarsi al benessere: Non imparare ad essere ciò che non si è ma imparare a diventare ciò che si è. In barba a quelli che vogliono costringerci a pensare con la testa altrui, perché spesso in questi si nasconde la trappola. Ma nelle intenzioni del “cuore” che si trova il benessere. Spesso siamo stati abituati a diffidare del nostro “cuore” per seguire e le aspettative altrui. Ma con maestria e delicatezza la psicologia di Gesù ci suggerisce, con parole secche: «beati i poveri di spirito». Parafrasando, beati quelli che non desiderano essere ciò che non sono.
Pasquale Riccardi
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