Sono molte le situazioni per le quali non agiamo con chiarezza. Siamo spesso confusi, vogliamo comportarci in un modo ma non sappiamo se farlo. Ci balena l’idea di chiedere scusa e subito subentra il pensiero opposto; farlo sarebbe come sottomettersi. Diverse sono i dubbi sul come comportarsi che le persone si sentono invasi dai essi e chiedono consiglio allo psicologo, allo psicoterapeuta, al counselor a chi, insomma si interessa di relazioni di aiuto. A seconda del modello antropologico di riferimento del professionista è consigliato l’agire. Ma credo che un serio professionista sia attento ad inquadrare il proprio pensiero con la realtà del suo cliente. Sia attento a considerare il dubbio dell’agire del cliente se è inerente ad una scala di valori. Più volte, come psicoterapeuta e cristiano ho dovuto constatare la difficoltà del cliente di agire tra il proprio credo, la propria fede e l’orientamento sociale e culturale dei nostri giorni; avere un io forte, una personalità impeccabile. Si difetta nel pensare allo “psicologismo dell’Io” dove si esalta l’Io a discapito dell’altro, venendo a cadere quei principi cardini del cristianesimo che sono la semplicità, l’umiltà, la coerenza, il rispetto di se e dell’altro (P. Riccardi., parole che trasformano, psicoterapia dal vangelo ed Cittadella 2016). Aspetti e processi utili al sano senso del vivere. Al contrario è imperante la paura della sottomissione. Nessuno vuole sottomettersi a nessuno. Pare giusto, solo che per timore di essa si esaltano comportamenti opposti di aggressività, di supremazia e di potere. Eppure basterebbe poco. In psicologia si esalta il potere del dialogo, del sapere comunicare, del sapere parlare all’altro. Devo ammettere da psicologo e psicoterapeuta, ben vengano queste teorie e modalità di approccio ma, come cristiano devo ritenere che queste modalità possono risultare insufficienti se non si possiede un modello di riferimento di base che ci invita ad agire. Che ci aiuti a capire l’importanza della relazione, del dialogo, del confronto con l’altro. Con parole semplici e chiare Gesù dice: “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!“. Matteo 5,20-26. Nel passo è esaltato il senso della relazione che supera qualsiasi cosa, anche l’offerta all’altare. La relazione che ha come significato ultimo la riconciliazione per mezzo del dialogo. Quante volte abbiamo parlato all’amico, allo psicologo, allo psicoterapeuta del conflitto con il fratello, con il partener, con il figlio ma senza andare mai alla fonte del conflitto e chiarire con essa. Questo è l’invito di Gesù per un sano senso del vivere (P. Riccardi “Psicoterapia del cuore e Beatitudini ed cittadella 2018).
Pasquale Riccardi
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