Per poter cominciare questo argomento, è utile iniziare da una riflessione: la preconoscenza, la prescelta, la chiamata e la predestinazione di Dio.
1Timoteo 2:4 dice che “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità”. Romani 8:28-30 invece dice che ci sono persone “le quali sono chiamate secondo il disegno di Dio, che Dio ha preconosciuti, ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo.. e che quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati”.
Cosa significano questi due passi?
Innanzitutto, conviene ricordare che l’argomento è troppo al di sopra della capacità della nostra mente di comprendere, ma guidato dallo Spirito Santo, cercherò di dare una mia opinione a riguardo. Le parole “preconoscere”, “preconoscenza” si incontrano nel Nuovo Testamento greco, in Atti 26:5 e in 2Pietro 3:17, dove si tratta di precedente conoscenza umana; al contrario di Atti 2:23, Romani 11:2 e 1Pietro 1:2-20, dove si tratta della preconoscenza di Dio. Secondo questi passi, le persone oggetto della preconoscenza di Dio (Cristo, il popolo d’Israele, i Cristiani), sono presenti, fin dall’eternità, nella mente e nel cuore di Dio. Su di loro è fissato il Suo sguardo di amore. “I chiamati secondo il disegno di Dio”, sono persone che rientrano nel numero di coloro che hanno ricevuta e accettata la vocazione celeste, e vi si trovano perché questo rientra nel piano eterno di Dio, stabilito dai secoli (2Timoteo 1:9; Romani 9:11; Efesini 1:13; 3:11; 3:25). Ma Dio come chiama le persone a Lui? 1) con la predicazione del Vangelo, 2) con le sollecitazioni e influenze dello Spirito Santo. Le persone che a quella chiamata rispondono con la fede in Cristo, sono di conseguenza giustificati, dichiarati giusti per i meriti di Cristo. E coloro che sono giustificati e, in virtù della loro unione con Cristo, fatti partecipi di una vita nuova, Dio li glorifica, facendo sparire ogni traccia della loro passata condanna o servitù, rendendoli conformi all’immagine di Cristo.
Dio vuole che tutti gli uomini vengano salvati (1Timoteo 2:5). Questa è la volontà di Dio. Gesù è venuto in questo mondo per morire per la salvezza di tutti gli uomini. Questo era lo scopo di Gesù sulla terra.
Potenzialmente, la salvezza si estende a tutti gli uomini, quindi Dio “predestina” tutti gli uomini alla salvezza, ma nella realtà accade che non tutti accettano la verità del Vangelo. Dio sa ogni cosa (“onniscienza”), quindi conosce coloro che lo accetteranno e coloro che non lo accetteranno (Atti 13:46). Un altro punto fermo è la “prescelta” di Dio. Nella Sua preconoscenza, Egli ci presceglie, cioè, ci sceglie, ma come passo successivo spetta a noi decidere se rispondere “eccomi!” oppure rifiutare. Dio è così grande da far incontrare perfettamente la Sua volontà con la nostra volontà. Quindi – in un certo senso – Dio ci ha scelti ma anche noi abbiamo scelto Lui, quando abbiamo deciso di accettare Gesù nella nostra vita. Questo è un mistero della fede, inspiegabile e incomprensibile per la debole mente umana. Dio, quindi, ha una preconoscenza, una prescelta, una predestinazione, una chiamata per tutti, ma avendo anche Dio costituito il libero arbitrio sulle vite di ogni uomo, lascia libera scelta se accettarlo oppure no, se credere in Cristo oppure negarlo. Questo conferma ciò che ha detto Gesù: “molti sono i chiamati, ma pochi sono gli eletti” (Matteo 22:14). Dunque, Dio “predestina” tutti gli uomini alla salvezza, ma nella realtà accade che non tutti accettano la verità del Vangelo.
Nel Vangelo di Giovanni, al verso 39 del cap. 6, Gesù dice che “Lui non perderà nessuno di quelli che il Padre gli ha dati”.
Il plurale, “tutti quelli”, in Giovanni 6:37, è usato per indicare gli eletti da Dio dati a Cristo, come in una sola massa. Successivamente, invece, (sempre nello stesso verso 37) il numero singolare e il genere maschile, “colui che viene”, serve a designare ogni singolo individuo di quella massa che va a Cristo. Queste parole ci mettono dinanzi agli occhi la grande verità che il Padre, dai secoli eterni, ha dato al Figlio un popolo tratto da questo mondo, eleggendolo e nominandolo a vita eterna, per essere il Suo popolo speciale.
Nel primo caso, si parla di quella massa collettiva data dal Padre, la quale verrà a Cristo; nel secondo, invece, di ogni individuo che verrà a Lui, che Egli dichiara che “non lo caccerà fuori in nessun modo”. Le parole di Gesù in questo passo rivelano la Sua infinita prontezza a ricevere, perdonare e prendere per sempre sotto la sua protezione ogni peccatore che lo ricerchi con sincerità. Cacciare fuori del campo i lebbrosi, cacciare dalla sinagoga o dalla congregazione, erano idee famigliari al popolo; ma qui il Signore, come Sommo Pastore, accerta che nessuna Sua pecora verrà mai cacciata dall’ovile.
Ritornando al nocciolo dell’argomento, certamente Gesù dice che “non perderà nessuno di quelli che il Padre gli ha dati”; ma è anche vero che noi possiamo condizionare tragicamente questa verità e il nostro futuro spirituale. Come? Rinnegando Cristo.
Ora, ci sono diversi modi di rinnegare Cristo:
1. col rinnegare la fede in Cristo (Matteo 26:34)
2. con l’incredulità (Ebrei 11:6)
3. con le opere malvagie (Tito 1:16)
4. con le false profezie e le false dottrine (2Pietro 2:1)
5. con la bestemmia dello Spirito Santo (Matteo 12:31).
Certo è una promessa di Gesù che “non perderà nessuno di quelli che il Padre gli ha dati”, ma noi abbiamo potere di condizionare tragicamente questa realtà, in primis, attraverso la nostra mancanza di santità, in secundis, con il rinnegamento verso Cristo.
Perciò, Gesù ha detto che “chi lo rinnegherà davanti agli uomini, anche Lui lo rinnegherà davanti al Padre Suo” (Matteo 10:33; Luca 12:9) e che “se noi lo rinnegheremo, anch’Egli ci rinnegherà” (2Timoteo 2:13). Molti obietteranno dicendo: “ma non è scritto che se siamo infedeli, Egli rimane fedele, perché non può rinnegare Sé stesso?”. Certo, è scritto, ma quando Paolo usa la parola “infedeli”, si riferisce al fatto che manchiamo agli impegni volontariamente contratti con la nostra professione cristiana. L’essere infedeli, risponde più esattamente al rimanere fedeli del Signore. Il verbo, come i suoi derivati, esprime sempre, nel Nuovo Testamento, il non aver fede, il non esser credente. E siccome il venire meno nella fede è in fondo quel che conduce ad essere infedeli, essendo l’incredulità la radice dell’infedeltà, questo senso più conforme all’uso del Nuovo Testamento è anche il più appropriato al contesto. Se noi cessiamo di aver fede in Cristo e nelle Sue promesse, Egli resta fedele alla Sua parola che d’altronde è l’espressione della Sua natura perfetta. Egli partecipa all’essenza di Colui che è assoluto ed immutabile, quindi “è lo stesso ieri, oggi e in eterno”, e non può rinnegare Sé stesso. È questa la ragione per cui dovrà rinnegare chi, dopo aver creduto in Lui ed averlo confessato come Salvatore e Signore della propria vita, lo rinnega per sempre, senza pentirsi e tornare sui propri passi come fece Pietro.
Pertanto, non è vero che, anche se abbandoniamo Gesù, Egli non ci perde di vista; perché, certamente da una parte Cristo ha detto che “non perderà nessuno di quelli che il Padre gli ha dati”, ma dall’altra parte abbiamo potere di condizionare in negativo questa verità. Quando un cristiano si svia da Cristo, cioè lo abbandona per sempre, rinnega la fede in Lui senza pentirsi e tornare sui propri passi come fece Pietro, è impossibile ricondurlo di nuovo al ravvedimento, perché crocifigge di nuovo il Figlio di Dio e lo espone a infamia” (Ebrei 6:6).
Alessio Sibilla | Notiziecristiane.com
Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui