Antropologia cristiana per la politica

Questa riflessione nasce dal casuale incontro tra gli autori dopo avere preso parte alla messa domenicale. L’uno si interessa di psicologia e psicoterapia con lo sguardo al vangelo, l’altro si interessa attivamente di politica con passione e attenzione al sociale. Entrambi, pur di professioni diverse, con valori e principi orientati all’antropologa cristiana. Nasce un dialogo pacato e riflessivo dove al centro è l’uomo e il suo il suo ben-essere in ogni dimensione sociale, psicologica e spirituale. Si parte dalla politica e il suo senso.

Da più contesti, soprattutto giovanili, la politica è vista come una professione e il panorama internazionale offre scuole di formazione politica. È nell’essenza di ogni scuola il formare ad avere una preparazione culturale e competenza nel settore; una scuola informatica ad esempio forma informatici, altra forma periti elettronici, altra, periti agrari etc., va da sé che una scuola politica formi alla “professione” politica. Ma se partiamo da questi presupposti, per altro giusti e significativi, si può correre il rischio di confondere la scelta vocazionale con il ruolo professionale; oscurando, pertanto, quello che è la vocazione al fare politica. Perché questa sottolineatura? Perché questa è la prima sottolineatura che il Casillo (dirigente politico) e il Riccardi (psicologo) si trovano a dibattere. Si conviene, in generale, che la persona non sceglie il proprio futuro in base alla propria vocazione ma in base al ruolo della professione. Non si fa il meccanico per vocazione o l’ingegnere, lo psicologo, il sacerdote per vocazione ma, il più delle volte per professione e quanto più una professione è di prestigio o di potere più si crede che appaghi. A dire il vero anche l’essere marito, l’essere moglie, creare famiglia non nasce dalla vocazione ma come conseguenza di un percorso scelto. Il problema è proprio la scelta del percorso che se non alimentato da vocazione e passione si perde e alla lunga determina quella sorta di insoddisfazione esistenziale.

Per chi sceglie di fare politica la passione quale dovrebbe essere si chiede il Riccardi dal punto di vista psicologico e il Casillo che dal punto di vista di chi fa politica esperisce un assunto significativo: è il senso della giustizia sociale, del desiderio di migliorare la vita delle persone e della collettività. Assunto in linea con l’idea di vocazione del Riccardi (Riccardi P, ogni vita è una vocazione, per un bene ritrovato benessere Ed. Cittadella Assisi, 2014). In sintesi, e senza mezzi termini si conviene che la vocazione alla politica deve essere il desiderio di contribuire al bene comune attraverso un impegno a tempo pieno.

I due si confrontano anche sulla faciloneria per la quale si utilizza il termine “politica” oggi è comunemente utilizzato in vari contesti: “geopolitica “, “filosofia politica”, “partito politico”, “scienza politica”, e via dicendo. Il termine ha una lunga storia, nella civiltà Greca, la” polis” era fondamentale non solo dal punto sociale ed economico, ma soprattutto sotto il profilo psicologico ed etico-morale. Il “polites”, chi si dedicava al bene comune della collettività,  si sentiva, coinvolto in prima persona a conseguire “il vivere bene”.

Il grande filosofo greco, Platone (428 a. C. – 348 a. C.) intendeva la “polis” come un organismo educativo collettivo nei confronti del singolo. Di qui un altro punto in comune degli autori, Casillo e Riccardi. Il fare politica deve essere configurabile come movimento sociopsicologico per il bene collettivo e del singolo.

Nel corso del tempo, la società è cambiata e unitamente allo sviluppo esponenziale della rete e dei social è pervasa dal culto dell’apparire che sotto certi aspetti nasconde l’arrivismo narcisistico al potere. E la politica, o meglio l’attore politico rischia di rimanere vittima del potere (P. Riccardi., Psicoterapia del cuore e beatitudini ed. Cittadella 2018).

Ed è forse proprio per questo essere vittima del potere che si assiste ad una sorta di sfiducia nei giovani a riguardo della politica difatti, tra le indagini statistiche inerente alle possibili cause, di allontanamento della gente dalla politica emerge:

  • Corruzione e mancanza di trasparenza;
  • Difficoltà di comprensione;
  • Difficoltà nel tradurre le idee in azioni concrete;

Proprio in virtù di questo andamento, poco etico e morale, che alcuni filosofi contemporanei come Alasdair MacIntyre, Michael Sandel e Martha Nussbaum hanno cercato di recuperare l’idea che la politica debba essere al servizio del bene comune e della giustizia sociale.

In fondo, i valori cristiani parlano chiaro e, possono essere un importante riferimento per la politica, di oggi e di sempre, poiché offrono un’etica e una morale che possono aiutare un governatore a prendere decisioni e ad agire in modo responsabile e giusto. Come al solito la potenza dei valori antropologici cristiani emergono sempre, afferma Gesù: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,13-21) sembra essere è un chiaro ed esplicito ammonimento a una condotta morale e l’affermazione: «Perciò io vi dico: non preoccupatevi ………; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?» (Mt 6,24-34) è un chiaro ed esplicito ammonimento al rispetto della vita e del prossimo.

Ma ancora di più emerge il senso della giustizia e della tutela di essa: «beati i perseguitati a causa della giustizia» (Mt 10,10). Giustizia in questo caso vuol dire: fare la volontà di Dio. La giustizia può essere interpretata come l’equità e la distribuzione equa delle risorse e delle opportunità, e può essere interpretata come la collaborazione tra i membri della società per affrontare le sfide comuni di solidarietà. E ancora di altri valori cristiani emergono come presupposti del fare politica; la dignità umana, la pace e la cura dell’ambiente.

In definitiva seppure Gesù non è stato un politico, ha offerto un modello di vita e di comportamento che può essere applicato ad una buona pratica politica:

  • La cura per i più deboli: Gesù ha dedicato molta attenzione alle persone più vulnerabili e marginalizzate della società, come i malati, i poveri e i peccatori. Questa attenzione alla cura degli ultimi può ispirare i politici a mettere al centro delle loro politiche la tutela dei più deboli e la promozione del benessere comune.
  • La nonviolenza e il perdono: Gesù ha predicato la nonviolenza e il perdono anche nei confronti dei suoi nemici. Questa visione può ispirare i politici a cercare soluzioni pacifiche ai conflitti e a promuovere la riconciliazione tra le persone e i gruppi in conflitto.
  • La promozione della solidarietà: Gesù ha denunciato le ingiustizie della sua epoca e ha cercato di promuovere una maggiore equità tra le persone. Questa attenzione al sociale può ispirare i politici a lavorare per una società più giusta e solidale.
  • La valorizzazione della diversità: Gesù ha incontrato e accolto persone di diverse origini, etnie e religioni. Questo atteggiamento di inclusione può ispirare i politici a valorizzare e rispettare la diversità culturale e religiosa presente nella società.

In conclusione, i comportamenti e gli insegnamenti del cristianesimo possono essere interpretati come esempi di una buona pratica politica indipendentemente dalla casacca e dal colore politico.

Mario Casillo

Pasquale Riccardi

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