Archie Battersbee, come Charlie Gard, Alfie Evans e tutti gli altri bambini a cui non è stato riconosciuto il diritto di vivere. Anche i suoi genitori, come tutti gli altri genitori cui non è stato riconosciuto il diritto di prendersi cura del figlio gravemente disabile. Anche Archie poteva essere ricoverato in Italia, o in Giappone, ma come gli altri è stato “preso in ostaggio” dal sistema sanitario inglese che si arroga il diritto e il potere di decidere che il best interest, il miglior interesse dei ragazzini è morire.
Oggi è stato respinto l’ultimo ricorso, quello alla Cedu, Corte europea dei diritti dell’uomo, che da tempo non è più degna del nome che porta: ipocritamente, come da copione purtroppo già letto, la Corte si dichiara incompetente a decidere. La povera madre di Archie ormai è rassegnata. Ha chiesto all’Alta corte di Londra di poter spostare il figlio in un hospice vicino a casa, in modo da staccare la spina lì, dove può ricevere cure palliative, e non in ospedale. Express Co riporta le sue parole: “Se ad Archie viene negato l’ossigeno, quando il supporto vitale viene rimosso, continuerò a dargli ossigeno con la respirazione bocca a bocca”. “Se ci rifiutano il permesso di portarlo in un hospice dove Archie può ricevere ossigeno in via palliativa, sarà semplicemente disumano: nessuna considerazione della ‘dignità’ di Archie. L’intero sistema si è accanito contro di noi. Spero che passi la riforma detta ‘la legge di Charlie’ in modo che nessun altro genitore debba passare attraverso tutto questo”.
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