AUMENTI, CRISI ENERGETICA UNA ECONOMIA VOLUTAMENTE PROGRAMMATA?

Negli ultimi due anni, il nostro modo di sentire e di osservare la società, lo stato, le istituzioni e noi stessi si è trasformato in una ricerca spasmodica della verità. Il percorso tortuoso del Paese nel corso del primo ventennio del secolo ha permesso di comprendere le ripercussioni sulla nostra vita impresse da avvenimenti e trasformazioni, in ambito nazionale e internazionale. La pandemia, i vaccini, le restrizioni, la guerra, la crisi energetica, i rincari dei prezzi rilevano come sia difficile immaginare ciò che avverrà prossimamente. Fino a nove anni fa la preoccupazione dell’opinione pubblica era proiettata alla disoccupazione e quindi orientamento al lavoro; in questo periodo in testa alla graduatoria è il rialzo dei prezzi o carovita.

Innegabilmente i prezzi sono raddoppiati e in alcuni settori centuplicati mentre gli stipendi sono bloccati al 1990; la cosa paradossale è andare al panificio e trovare un aumento del pane dovuto al caro energia e all’aumento del costo della farina, idem al supermercato, bar, pizzeria e ristoranti, ma nelle tasche dei lavoratori i soldi sono sempre gli stessi, ma che sta succedendo?! L’inchiesta tratta da Morning Future e condotta da Luciano Canova, economista e divulgatore della Scuola Enrico Mattei ha confermato che il calo di salari medi italiani dal 1990 al 2020 è pari a -2,9%. L’Italia è l’unico paese europeo in cui sono diminuiti. Nei Paesi dell’ex-blocco sovietico sono anche raddoppiati o quasi triplicati (la Lituania è il Paese che ha visto l’aumento maggiore, pari al 276,3%, considerando, che il punto di partenza era rappresentato da salari molto bassi). Anche in Paesi con una storia molto simile a quella italiana i salari sono aumentati. In Spagna, ad esempio, si è registrato un aumento del 6,2% e in Grecia del 30,5%.  Importanti, sono le riflessioni sul salario minimo, recentemente raccomandate nel dibattito europeo, anche se non condiziona direttamente l’Italia, Paese in cui (come in Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro) non esiste una legge sul salario minimo, anche se un fondamento costituzionale di una legge sul salario minimo può essere ritrovata nell’articolo 36, che sancisce il diritto del lavoratore a una retribuzione adeguata, infatti, i miseri salari delle famiglie italiane (65%) arrancano non arrivando a metà del mese e una nota degna di attenzione è rappresentata dalla povertà assoluta 32,4% (dato ISTAT).

Un’indagine condotta dall’associazione dei consumatori di “Alma Laboris Business School” ha messo a confronto i prezzi di un paniere di 100 elementi tra beni e servizi, analizzando le differenze esistenti tra i listini al dettaglio in vigore ai tempi della lira e quelli odierni. I costi di beni e servizi hanno subito una costante crescita negli ultimi anni, al punto che gli oneri di alcuni prodotti sono addirittura triplicati rispetto al 2001, quando in Italia era ancora in vigore la lira.  Se i prezzi per le famiglie lievitano, l’aumento dei costi iniziali colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare, originalmente scaturita dalle campagne: il Crea, il più importante Ente italiano di ricerca, rileva che più di 1 azienda agricola su 10 (il 13%) è a rischio di cessazione attività e ben oltre un terzo del totale nazionale (il 34%) si trova costretto a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari.

Si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, ma la crescita di spesa riguardano: la produzione, i materiali per i confezionamenti dei prodotti: il vetro costa oltre il 30% in più rispetto allo scorso anno, il tetra-pack del 15%, le etichette del 35%, il cartone del 45%, i barattoli di banda stagnata del 60%, fino ad arrivare al 70% per la plastica.

Ma la voce più esosa riguarda l’energia dai combustibili per trattori, serre e i trasporti del prodotto finito. Sin dall’inizio del processo tecnologico, la trasformazione e le conservazioni dei prodotti agroalimentare sono appesantite dai rialzi delle materie prime energetiche e il primato dell’aumento spetta ai prezzi dell’olio di semi (+63%) per le difficoltà d’importazione dall’Ucraina. A questo proposito la Coldiretti ha stilato la black list degli aumenti sullo scaffale sulla base delle rilevazioni ISTAT sull’inflazione ad agosto 2022. Il valore del+8,4% ha raggiunto il record dal 1985, mentre i beni alimentari salgono addirittura del 10,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. I maggiori aumenti sono applicati sui prodotti di base dell’alimentazione delle famiglie le quali subiscono gli effetti degli aumenti dei costi energetici e di produzione alimentati dalla guerra in Ucraina, inoltre l’accostamento climatico del caldo record e della siccità, costringono i consumatori a tagliare gli acquisti.

Gli aumenti maggiori si rilevano sul burro 34%, sulla margarina con un 24%, la farina 23%, il riso e la pasta 22%, il latte a lunga conservazione 19%, i gelati 18%; preceduti dalla carne di pollo, aumentata del 16% e le uova 15%, le verdure fresche 12%, altro importante aumento la frutta 8% che per effetto delle speculazioni e le produzioni sottopagate agli agricoltori, fanno triplicare i prezzi dell’ortofrutta dai campi alla tavola.

La conseguenza è che gli italiani hanno tagliato gli acquisti di frutta e verdura e il consumo di frutta delle famiglie nel primo semestre del 2022 è stato certificato a 2,6 milioni di tonnellate.

Per le famiglie italiane la scienza dell’economia domestica non è più una scelta ma un’esigenza perentoria. In base all’effettivo costo della vita, le nuove famiglie rinunciano ad avere figli per l’attuale instabilità economica e politica; infatti, la denatalità in Italia è in crescita tanto da prospettare che nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno. Oggi crescere un figlio da 0 a 18 anni comporta una spesa che si aggira in media intorno ai 139.500 euro, oltre 7.000 euro l’anno.

Il diritto allo  studio sancito dall’art. 34 della Costituzione recita “La scuola è aperta a tutti e gratuita…” ma l’esborso annuale per il materiale scolastico completo può raggiungere in quest’anno quota 588 euro a studente e se si aggiunge il costo per i libri di testo, variabile secondo il grado d’istruzione e della scuola la spesa complessiva può arrivare a 1.300 euro a studente, se in seguito il figlio frequenta l’università, altri 50.000 euro solo per gli anni accademici, soprattutto nel caso di ragazzi fuori sede che devono pure pagare affitto e bollette.

E per quanto riguarda l’auto?

L’auto è l’estensione su ruote della nostra casa laddove una famiglia viaggia in continuazione: lavoro, studio, vacanze e spostamenti vari. Tralasciando le spese per l’acquisto di una vettura, cerchiamo di capire a quanto ammonta mantenere un’auto oggi con i costi alle stelle della benzina, delle autostrade e delle manutenzioni.

Secondo i dati raccolti da “SOS Tariffe” l’anno passato, sembra che le spese di manutenzione di un’auto ammontino vanno dai 2000 ai 5000 l’anno.

Mentre la benzina e il gasolio sono aumentati nonostante i tagli delle accise , i carburanti continuano la loro corsa al rialzo rispettivamente dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, con un rincaro complessivo del 9,6% e del 14,3% dall’inizio del 2022. Non si tratta però di un problema italiano, ma di una congiuntura internazionale che riguarda sia il perdurare dell’ aggressione russa in Ucraina, sia l’aumento della domanda dovuto alla fine de lockdown in Cina, così come le scelte dei paesi produttori di petrolio.

Altra importante nota è l’acquisto di un’auto, in Italia la spesa media per una macchina è cresciuta di 10 mila euro in soli 11 anni, passando da 17 a 27 mila euro circa. L’inflazione, la pandemia, la transizione ecologica hanno contribuito a elevare l’investimento e alcune vetture lusso costano quanto un immobile notevole

La guerra in Ucraina sta facendo salire costantemente i prezzi del comparto energia e delle materie prime. Intanto l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica completa delle città con i maggiori rincari annui.

Da un viaggio percorso lungo la penisola, dopo il balzo dell’inflazione (indagine effettuata dal Codacons) il confronto dell’aumento dei prezzi di panieri e servizi oscilla fra il 17% e in alcune città il 54% secondo la zona di residenza.

Milano, Aosta, Bologna e Trento sono le città italiane dove la vita costa di più, mentre Napoli, Palermo e Pescara sono quelle più economiche.

Sul fronte degli acquisti alimentari a Milano per riempire un carrello contenente prodotti che spaziano dall’ortofrutta al pesce, si spendono circa 116 euro, il 17,7% in più della media nazionale e addirittura il +54% rispetto a Napoli (città più economica) dove per gli stessi acquisti bastano 75 euro.

Le città del Mezzogiorno continuano a essere le più convenienti sul fronte dei prezzi al dettaglio, ma la forbice è destinata a ridursi, spiega il Codacons. Gli ultimi dati ISTAT sull’inflazione vedono infatti Catania, Palermo e Messina tra le province italiane che hanno registrato un maggiore rialzo annuo dei prezzi (rispettivamente +9,9%, +9,8% e +9%) contro una media nazionale del 7,9%, un dato rilevante è rivolto alle tre città italiane, dove si è registrato il maggiore aumento per i costi delle bollette di energia elettrica e gas: Bolzano +112%, Trento +109,2% e Lodi +79,8%.

Mentre a Catania +11,1% , Imperia +11% e Sassari +10% invece si sono registrati i maggiori incrementi dei prezzi per gli alimentari.

Gesù rispose: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine  Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori  Matteo 24:4-8

La domanda iniziale è finirà presto la crisi?

Oltre ogni ragionevole dubbio, la  risposta  è negativa, non abbiamo alcuna certezza  del termine della crisi. Inutile nascondere che l’’attuale situazione economica  preoccupa giustamente, molte categorie: lavoratori (precari e non) con salari da fame, pensionati che percepiscono mensilità indecorose, disoccupati che non sanno come sbarcare il lunario perché non hanno un reddito, e più in generale tutti coloro che si trovano in una condizione economica non agiata, quest’ultimi  sono soggetti danneggiati dagli aumenti dei prezzi e quindi subiscono dolorose perdite di potere d’acquisto e quindi di consumo e di benessere.

Le politiche messe in campo da Governi e Unione europea si sono rivelate largamente insufficienti a fronteggiare primariamente due anni di emergenza sanitaria e conseguentemente i settori  economici e sociali.

Come vivono questa tematica i fedeli?

Esiste un parallelo, una linea sottile che separa il concetto di crisi e di fede, un distacco dove la concettualità  della fede  non si interessa di politica e non cerca di pensare alla politica con gli occhi della fede. Molti devoti hanno al massimo qualche interesse per temi locali e nazionali, mentre  la politica europea non rientra nei loro interessi. Un secondo approccio (meno diffuso di quanto si pensi per la verità) è condizionato da convinzioni escatologiche che associano l’Europa alla fine dei tempi e alla venuta dell’anticristo.

Ma la grazia del Signore è da sempre, dura in eterno per quanti lo temono; la sua giustizia per i figli dei figli, per quanti custodiscono la sua alleanza e ricordano di osservare i suoi precetti. Salmo 103:17-18

Lella Francese

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