Benessere: una questione di giusto stile di vita e di corretti atteggiamenti

corseIn uno dei precedenti articoli (precisamente in quello intitolato ‘Il counseling: la relazione di aiuto’) abbiamo accennato al concetto di benessere, dicendo che la finalità del counseling consiste, appunto, nella promozione del benessere. Ma cos’è il benessere? Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il b. è definito come lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società. Per l’OMS la salute è qualcosa in più che la semplice assenza di malattia, implicando così che il benessere e il malessere dell’individuo risiede anche nella qualità delle sue relazioni con l’ambiente, ovvero con il suo stile di vita. Nell’ambito della relazione d’aiuto non si può trascurare il rapporto che v’è tra le abitudini personali e l’atteggiamento psicologico di una persona (rispetto alla vita e alle vicissitudini di questa) da un lato, e la sua salute dall’altro. La riflessione intorno a questo legame non è affatto banale, poiché ci dice che gli stati di benessere o malessere, salute o malattia, dipendendo dallo stile di vita della persona e dai suoi atteggiamenti (ossia dalle sue disposizioni o reazioni rispetto ai problemi o compiti che la vita comporta), può quindi essere modificato, per mezzo di un opportuno regolamento della sua condotta; condotta che, a sua volta, dipende dalla visione del mondo della persona, ovvero dai principi morali da questa seguiti. Cosa c’entra la morale con la salute (forse qualcuno dirà)? Beh, un famoso counselor (R. May) diceva che la dimensione morale è quella che ci fa toccare l’interrogativo essenziale della vita umana, che è il seguente: “In che modo bisogna vivere”? Questo quesito è alla base dello stile di vita di ogni persona. E dalla risposta a questa domanda derivano quegli stati di benessere vs malessere che le persone possono ritrovarsi a vivere.  E su questa domanda ritengo che i counselors dovrebbero portare le persone a riflettere, per aiutarle ad acquisire la consapevolezza del rapporto che passa tra gli stili di vita da queste adottato ed i loro relativi stati d’animo. La riflessione torna quindi ad avere un ruolo centrale nella relazione d’aiuto, perché da essa dipende, prima, la ricerca delle possibili cause dei malesseri e dei disagi delle persone e, dopo, quella dei possibili rimedi. Mi sembra, in proposito, opportuno citare la definizione di cura che dava il medico e counselor Paul Tournier: “Curare l’ammalato e non la malattia vuol dire penetrare in quei problemi di vita, che i nostri ammalati ci nascondono, spesso proprio per nasconderli anche a se stessi”. La cura, dunque, secondo Tournier, consiste nel saper guardare dentro quei problemi di vita che le persone vivono e portano davanti al counselor (o a coloro dai quali sperano di ricevere un aiuto a risolvere tali problemi). Problemi che spesso i malati  (nel counseling non si parla né di malati né di malattie, ma di persone in difficoltà e di disagi) nascondono e che, pertanto, la relazione di aiuto ha bisogno di saper tirar fuori. A questo punto vorrei che tutto quanto fin ora detto trovasse un’ applicazione pratica relativamente ad un ambito specifico fra i possibili e potenziali disagi vissuti dalle persone a causa dei loro stili di vita e dei loro atteggiamenti. Vorrei applicare quanto fin ora detto alla nevrosi, o in termini meno tecnici al nervosismo. Ora chi è il nevrotico se non un individuo condizionato da una visione deterministica della realtà e condotto da schemi mentali fissi? E quale sarà il compito di un counselor di fronte ad un tale tipo di persona se non quello di farle recuperare la libertà nella propria condotta, attraverso l’assunzione e l’accettazione delle responsabilità che scaturiscono, appunto, dalla sua stessa condotta e visione di vita? Ora, quando e perché aumenta il nervosismo in una persona allorchè questa è chiamata ad affrontare la realtà con le sue sfide e le sue difficoltà? Ciò avviene quando i comportamenti e gli atteggiamenti mentali della persona sono talmente rigidi da non permetterle di costruire un adattamento funzionale e flessibile tra le richieste dell’ambiente e del contesto in cui questa è chiamata a vivere  e le proprie tensioni interiori. In questo caso la nevrosi (cioè il nervosismo) può essere il sintomo ed il segnale di possibili conflitti interiori irrisolti e/o non gestiti.  Vorrei rifarmi ad un caso concreto che possa illustrare bene quanto stiamo dicendo.

Il ragazzo ipersensibile e “riformatore”

Espongo qui un caso già trattato da un counselor e positivamente risolto. G. era un giovane universitario che si rivolse ad un counselor per essere aiutato a risolvere un problema di deconcentrazione negli studi. G. era sull’orlo dell’esaurimento e sentì il bisogno di rivolgersi al counselor. Qualcuno gli aveva già consigliato di prendersi una vacanza per (come si dice) staccare la spina! Ma quando il counselor cominciò a fare degli incontri col giovane capì che il tipo di riposo di cui questi aveva bisogno non era un tipo di riposo fisico, bensì psicologico e spirituale. Il giovane stava divenendo ipercritico versi tutti coloro che gli orbitavano intorno (dai professori del college universitario alla sua stessa ragazza). Per esempio al giovane non andava giù il fatto che il proprio professore di ginnastica ogni tanto bevesse qualche bicchiere di vino. Ne era disgustato, poiché quello stile di vita – secondo lui – non si confaceva ad un professore che faceva parte del corpo degli insegnanti di un college cristiano, dai quali lui si sarebbe aspettato una morale integerrima. L’ambizione del giovane era quella di divenire un giorno un pastore, un predicatore del vangelo. Ed, al momento, il compito che s’era dato era quello di riformare l’università. Quando il counselor, dopo una serie di colloqui, ebbe chiaro il quadro della situazione generale del giovane e della sua relativa condizione morale, psicologica e spirituale potè restituirgli la lettura di questa condizione, focalizzando la sua attenzione su quegli aspetti che avevano reso disfunzionale l’adattamento del giovane alla realtà, rinchiudendolo in un serie di schemi mentali rigidi che non avevano fatto altro che far aumentare le sue tensioni interiori e, dunque, la sua nevrosi (o nervosismo). Quando il counselor riformulò al giovane la lettura della sua stessa storia, il quadro che emerse era quello di un giovane guidato da una forte ambizione, che aveva preso le forme di un dominio sugli altri, della ricerca di un prestigio personale e di un uso della religione a servizio del proprio io. Di fronte a questa re-interpretazione dei dati il giovane riconobbe che questa era l’esatta ricostruzione del quadro che descriveva le sue tensioni  interiori. E ciò gli offrì lo spunto per continuare a lavorare sull’acquisizione di una nuova e più corretta immagine di sé. La consapevolezza ottenuta per mezzo di quegli incontri d’aiuto portò il giovane a cessare la sua lotta per un falso prestigio e ad abbandonare la propria ambizione egoistica.  Questo gli permise di effettuare un cambiamento che lo portò ad adottare uno stile di vita più sereno, obiettivo e costruttivo. La riorganizzazione delle proprie tensioni interne  favorì nel giovane un adattamento alla realtà improntato ad una maggiore armonia funzionale in ogni area ed aspetto della propria vita. Ciò ebbe per effetto delle ricadute positive sia in termini di chiarificazione del proprio ruolo esistenziale (il giovane riconobbe che servire Dio non significa cercare di vedere difetti negli altri, ma realizzare la misericordia con cui Egli vuol liberarci dai nostri) sia in termini di relazioni interpersonali (il giovane comprese che la vocazione a cui Dio lo chiamava non era quella di cercare di primeggiare sugli altri ma di saperli servire).

Questo caso riassume bene (credo) quanto prima cercavamo di dire riguardo al rapporto che esiste tra il benessere (fisico, morale e spirituale) , lo stile di vita di una persona (determinato dai suoi valori e dai suoi orientamenti) ed i suoi atteggiamenti  (ovvero le sue disposizioni interiori rispetto alla vita ed alle relazioni con gli altri). Il raggiungimento dell’armonia tra queste dimensioni è la chiave di quella promozione del benessere, che rappresenta l’obiettivo del counseling, ovvero della relazione … d’aiuto!

Enzo Maniaci – notiziecristiane.com

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