La Bibbia era stata firmata dal Premio Nobel tedesco e dalla moglie Elsa nel 1932, prima che la regalassero a un’amica americana di nome Harriet Hamilton. La casa d’aste ha dichiarato che Einstein aveva scritto sulla copia «La Bibbia è una grande fonte di saggezza e consolazione e dovrebbe essere letta frequentemente».
Il teologo Thomas Torrance, come riporta “Il Tempo”, è stato probabilmente il massimo esponente dello studio del pensiero religioso di Einstein ed è arrivato alla conclusione che il celebre fisico «coglieva la rivelazione di Dio nell’armonia e nella bellezza razionale dell’universo che suscitano un’intuitiva risposta non concettuale nella meraviglia, rispetto e umiltà associati alla scienza e all’arte». Max Jammer, rettore emerito della Bar Lan University di Gerusalemme ed ex-collega di Albert Einstein a Princeton, ha affermato invece che la concezione di Einstein della fisica e della fede erano profondamente legate, dato che, nella sua opinione, la natura esibiva tracce di Dio, un po’ come un “cristianesimo naturale”, «in pratica, con l’aiuto della scienza naturale, si può cogliere il pensiero di Dio». Lo scrittore Friedrich Duerrenmatt disse invece: «Einstein parlava così spesso di Dio che quasi lo consideravo un cristiano in incognita. Non credo che questi riferimenti a Dio possano essere considerati semplicemente dei modi di dire, perché Dio aveva per Einstein un profondo significato, piuttosto elusivo, di non scarsa importanza per la sua vita e la sua attività scientifica. Ciò era segno di uno stile profondo di vita e di pensiero: “Dio” non era un modo di pensare teologico ma piuttosto l’espressione di una “fede vissuta”». Il premio Nobel Salam ha invece commentato: «Einstein è nato in una fede abramitica, dal suo punto di vista era profondamente religioso. Ora, questo senso di meraviglia conduce molti scienziati all’Essere superiore -”der Alte” (“il Vecchio”), come Einstein affettuosamente chiamava la Divinità – un’intelligenza superiore, il Signore di tutta la creazione e della legge naturale».
Che cosa non c’è stato in Albert Einstein? E’ mancato l’incontro cristiano, cioè il momento in cui -grazie ad un avvenimento preciso, per aiuto dello Spirito e per libertà personale, dice la Chiesa- l’uomo prende in seria considerazione il fatto che quel Dio così evidente, ma così lontano, si sia voluto rivelare agli uomini. Il più importante esponente dell’ateismo scientifico degli ultimi anni, Antony Flew, si è convertito nel 2004 arrivando ad intuire questo: «Certamente la figura carismatica di Gesù è così speciale che è sensato prendere in seria considerazione l’annuncio che lo riguarda. Se Dio si è davvero rivelato è plausibile che lo abbia fatto con quel volto». Einstein, per le circostanze della sua vita, non è invece arrivato fino a qui, ma tuttavia in una intervista del 1929 ha commentato: «Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita».