Che cosa resta della“ Giornata Internazionale delle Donna”?

Se non accadessero più discriminazioni e femminicidi, potrebbe essere contemplata come giornata celebrativa, purtroppo per quanto se ne parli diffusamente, le condizioni di molte donne non riscontrano cambiamenti e anche quest’anno in migliaia trovano il proprio palcoscenico, dove far udire le loro voci nei cortei, negli interventi dei politici e dei professionisti sanitari, negli eventi delle associazioni, nei notiziari delle varie emittenti e sulla carta stampata. Diciamolo con franchezza: “NON BASTA” un solo giorno per ricordare le battaglie delle donne verso la libertà e verso un mondo migliore, le violenze subite, le tante discriminazioni che, ancora oggi rimangono piaghe profonde. Secondo i dati ISTAT 84,1% delle donne sono vittime di femminicidio.

La donna si potrebbe definire un universo inesplorato e sconosciuto per molti uomini. Questi ultimi consapevoli dei confini irraggiungibili della propria compagna, moglie, sorella o collega ,cercano di limitarne o di ostacolare il ruolo attivo per detenere il controllo, e ciò si verifica in quei paesi a basso reddito o, dove l’economia è in transizione. Il genere femminile è relegato e costretto a una vita di schiavitù, escluso dalla vita sociale, non ha alcun diritto ma solo doveri. Sottomessa all’autorità di un tutore matrimoniale, il quale può arbitrariamente decidere del matrimonio e di vietarlo nel caso non lo ritenesse “vantaggioso”.

In alcuni zone, le bambine, sono costrette a matrimoni combinati sin dall’età di 9 anni. Altre sono obbligate a coprire integralmente capo e corpo e neppure la condizione di vedovanza restituisce la propria libertà ma restano assoggettate all’autorità degli uomini, infatti, le mogli, nei casi di decessi dei mariti e in assenza di eredi, hanno “ diritto “ a sola metà dell’eredità etc. etc. In Italia i diritti alle donne sono pienamente garantiti e riconosciuti dal 1948, ma per quanto si cerchi di affermarne l’emancipazione, sono ancora vittime di pregiudizi da una parte del mondo maschile e quotidianamente i notiziari informano delle brutalità subite da esse.

L’ONU asserisce che i preconcetti, nei confronti delle donne, danneggiano tutti e non vi potranno essere sviluppi futuri senza le donne, perché i condizionamenti dei loro talenti non sono valorizzati.

L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, benché in modo graduale e parziale, resta molto inferiore e il divario da colmare tra i tassi di occupazione femminile e quelli maschili sono notevolmente più incisivi, ciononostante negli stati occidentali, la crescita dell’occupazione femminile, permise di definire la parità dei diritti; anche se le donne guadagnano meno degli uomini, pur essendo più occupate nel sociale e nel volontariato. Dal XX secolo, anche nel mondo dell’arte e della poesia le presenze femminili sono diventate sempre più determinanti e più colte per merito degli studi conseguiti. Sebbene i livelli d’istruzione femminile siano proficui, si trattano pur sempre di presenze ancora largamente minoritarie, soprattutto in quei paesi, dove gli accessi all’istruzione sono preclusi alle donne o addirittura ostacolati da famigliari o da circostanze economiche. In letteratura troviamo ragazze nate in famiglie povere, prive di mezzi, ma grazie solo alla loro forza caparbia sono riuscite a emergere fra mille difficoltà e ostacoli. Le stesse riferiscono di un mondo maschile assolutista e rischiano nel ribellarsi in prima persona contro l’ancestrale silenzio, sono incatenate da tradizioni ataviche condivise da madri, sorelle e nonne. In tutto il mondo, la discriminazione appartiene a una parte consistente dell’essere maschile. L’’uomo nasce da una donna ma la maternità è una condizione discriminante e ancora oggi prevale l’idea che i bambini siano “delle mamme” e la cura sia attività prettamente femminile. E’ logorante essere donne in un mondo dove gli uomini fingono modernità e compiacente accoglimento, perlopiù rimangono ambiguamente attaccati allo stereotipo “bella e senza cervello”, mentre i più brillanti, nell’osservare una donna intelligente, arguta, simpatica, la classificano “perfetta per ogni uomo”.

Sino agli anni 50 Una donna non maritata, tipicamente al di sopra dell’età consueta per contrarre matrimonio, veniva apostrofata come zitella. La barbara banalità non è più ricorrente ma chi ha sentenziato un’età stabilita per contrarre matrimonio? Le donne sono o non sono libere di decidere da sole se e quando vogliono sposarsi? Il punto è che la società è cambiata e se le donne tardano a indossare l’abito bianco e pronunciare il fatidico sì, sicuramente perché vogliono di più. Più istruzione, più opportunità lavorative, più sicurezza dall’uomo che scelgono di avere accanto e mentre il loro cammino indipendente continua, si rafforzano psicologicamente e la scelta di convolare a nozze si affievolisce sino a destabilizzare gli uomini.

Perché le donne forti scelgono di non legarsi? Sono troppo esigenti? Oppure gli uomini sono competitivi e preferiscono donne meno “impegnative”? La risposta esatta, come sempre, sta nel mezzo. Il punto è che ancora oggi viviamo in una società in cui regnano datate matrici come “angelo del focolare”, dedita alla casa e alla famiglia. Se una donna sceglie la carriera, automaticamente sta rinunciando alla sua natura di madre.

Oltre alle questioni antropologiche e sociali, gli studi derivanti da esperienze empiriche dimostrano che l’uomo “intelligente” preferisce frequentare una donna meno ingegnosa, modesta, mite, affinché lui (Uomo Beta), possa privilegiare di supremazia. Donne colte, smart, sono essenze troppo ingombranti, per il cuore di un uomo immaturo e la loro probabile conseguenza è lo scaturire del senso mancante di virilità da parte dell’uomo, talvolta la scelta di questi uomini, viene rivolta nella ricerca di donne insicure, che abbiano bisogno di protezione e guida maschile. Da alcune statistiche, donne meno ambiziose, prediligono un uomo di successo, con stabilità economica e spesso si dedicano a lui completamente. Diversamente donne intelligenti e brillanti, forti e determinate, hanno più difficoltà a trovare un partner, perché troppo geniali e spesso non sono disposte a rinunciare alla propria indipendenza e carriera professionale per l’amore di un uomo. Ma queste donne se decidono di unirsi, si legano a un “Uomo Alfa”. Purtroppo accade anche alle donne impegnative e ingombranti, di essere ferite e il loro cuore spezzato difficilmente si ricompone, la differenza sta nel non palesare la sofferenza. Spesso la donna si colpevolizza quando viene abbandonata, in lei compaiono diversi interrogativi in relazione ai propri comportamenti, mettendo in discussione la libertà personale nell’ aver osato troppo nel discutere e di non aver evitato di comunicare la propria opinione, di aver limitato lo spazio di movimento e di scelta. Ma la verità è che probabilmente lui non era all’altezza per quella donna valutata “troppo”.

Il vecchio detto “meglio sola che male accompagnata”, benché possa apparire superato, è ancora autenticamente valido per donne di tutte le età. Soprattutto l’ultima generazione è consapevolmente attenta alla scelta di un compagno e ha la pazienza di trovare la persona giusta, anche se ciò costasse loro anni di “singletudine”. Un rapporto sterile privo di curve non è contemplato nella propria aspirazione; un uomo qualsiasi non è sufficiente: bensì il desiderio verte su un partner innamorato, sincero, intelligente, determinato e la disponibilità all’attesa pur di trovare il proprio principe, è un valore aggiunto di maturità.

LA CHIESA E LA DONNA

Il dilemma esiste e preme nel chiedersi quale sia la collocazione della donna nella Chiesa. Inevitabile l’emancipazione della donna nella società civile si ripercuote nell’area religiosa. Giuridicamente sancita l’uguaglianza dei sessi, ottenutone i diritti costituzionali e sociali, le abilità femminili ignorate nei secoli precedenti, suscitano nel mondo religioso l’ imponente domanda se tali attitudini siano state sufficientemente apprezzate e utilizzate nella Chiesa e se si debba rivedere tutta l’organizzazione ecclesiastica della donna. L’accesso all’ apostolato provoca maggior interesse nell’opinione pubblica e appare più sensibile alle reazioni. Molte chiese protestanti, hanno preso la decisione di ammettere delle donne come pastori. Mentre in alcune donne cattoliche, si sta diffondendo una corrente di protesta, contro le distinzioni impari della condizione femminile relative al principio di uguaglianza dei due generi nella dottrina e nella Chiesa.

Ciò non rispecchia le intenzioni originali di Dio e il libro della Genesi rivela la distinzione tra maschi e femmine, in modo che i due sessi si completassero e svolgessero delle funzioni diverse nella società. L’invalidazione nella collettività, delle funzioni maschili e femminili, determinano esiti devastanti, tanto da soverchiare il progetto stabilito da Dio per un equilibrio vitale.

L’ultima frase del versetto della Genesi 3:16… “i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te” sono stati mal interpretati dai conoscitori delle Sacre Scritture e l’uomo sfruttando il suo statuto, approfitterà della situazione per soddisfare il proprio desiderio nei confronti della donna per dominarla.

La precisione della dichiarazione di Dio, dopo la caduta dell’uomo nel peccato, è un decreto annunciato logicamente, in considerazione dei frutti del peccato e delle relazioni di coppia globalmente fallite nella storia. La sopraffazione dell’uomo è la conseguenza del decadimento dell’armonia creata fra l’uomo e la donna.

Nel Nuovo Testamento, Gesù mostra amorevole attenzione verso le donne. Interviene per quelle discriminate, perdute e impure: la samaritana, la donna colta in adulterio, l’emorroissa, Maria Maddalena. Inoltre Gesù e i suoi dodici erano assistiti da donne facoltose e le sue amicizie con donne erano note: Marta e Maria, a quest’ultima consentì di stare vicina a lui per ascoltare la Sua parola, nessun rabbino del suo tempo lo avrebbe permesso. Le donne menzionate fra i discepoli s’intrattenevano a pregare per ricevere lo Spirito Santo e sempre le donne rimasero vicino alla Croce sino alla fine; le ultime ma le prime a testimoniare.

L’apostolo Paolo, spesso accusato ingiustamente da persone biblicamente ignoranti e maschiliste, dimostra un’ampia delicatezza e un profondo rispetto nei confronti delle donne. Nella Bibbia, nella lettera ai Galati 3:28 scrive: «Non vi è più né uomo né donna, perché non siete che una sola persona in Cristo Gesù».

Ciononostante riguardo alla citazione sopra citata, “non c’è … né maschio né femmina” molti interpreti di tendenza femminista, esercitano uno sconsiderato sopruso, nell’attribuire dichiarazioni epistolari a Paolo, certamente mai pensate e proferite: vale a dire, che nella chiesa non ci debba essere più alcuna distinzione di ruoli tra l’uomo e la donna. Tutte le affermazioni della Scrittura, vanno meditate nella complessità del contesto riconoscendo il pregio e non defraudandolo. L’argomentazione non si riferisce ai ruoli nella chiesa, bensì evoca la tematica della salvezza in Cristo. Egli afferma che le persone salvate, sono tutti uguali, siano essi pagane, Ebree, bianche, nere, schiave o libere, uomini o donne.

E neppure in Galati 3:28 Paolo cita i ruoli dei mariti e delle mogli all’interno delle loro famiglie, “il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa”. Quest’affermazione non è in contraddizione con quello che dice ai Galati. E non viene insegnata l’eguaglianza fra i sessi, in realtà il concetto di uguaglianza è secolare e non biblico, poiché quando questo concetto viene esasperato da chi vuol trarre profitto, il pensiero biblico dell’autorità-sottomissione viene interpretato come una vera e propria ingiustizia. Biologicamente, uomo e donna sono da considerare non come ineguali, ma come differenti e complementari.

Certe donne avendo sofferto dell’inferiorità femminile, precludono ogni possibilità di equilibrio nell’essere donne finché non costatano processi paritetici. Ciò le spinge a vivere la propria condizione femminile sul modello maschile . Beninteso, non è la differenza biologica contestata, ma la differenza psicologica di mentalità e di personalità. Nondimeno questo non è il cammino autentico per l’emancipazione della donna. Nella società civile, certe donne hanno mal compreso il loro destino femminile, ed hanno voluto imitare troppo servilmente gli uomini. Nella nostra epoca l’emancipazione femminile istantaneamente veloce, si è perfettamente plasmata alla tipologia di elaborazione mascolina, ciò obbligherà le donne del futuro a ricercare il proprio inserimento, nelle attività più consone alla personalità femminile. A voler copiare l’uomo, la donna rischia di diventare un uomo mancato. L’esistenza della donna si colloca perfettamente nel sistema vitale, non come una replica dell’uomo, ma come un perfezionamento necessario, un capitale inestimabile di ciò che l’uomo non è e non possiede. La vera emancipazione femminile, è l’armonia profonda e soddisfacente della propria natura, colma di personalità che le permette di arricchire più ampiamente la comunità umana, in sintesi è un’ emancipazione nella differenza e nella complementarità

IL PIANO DI DIO

Dopo un’attenta meditazione delle Sacre Scritture Dio mostra chiaramente la Sua neutralità. Non dimentichiamo che Lui è il Creatore e come tale conosce illimitatamente le Sue Opere. Dio nella Sua Autorità, ha stabilito di destinare alcune mansioni nella chiesa, soltanto agli uomini e comunque non a tutti. Gesù, nonostante l’attenzione “insolita” per quel tempo manifestata verso le donne, scelse i dodici unicamente tra i discepoli maschi. I dipartimenti disponibili al “ministerio” per entrambi i sessi sono diversi, mentre sono invece pochissimi quelli che secondo la Scrittura, sono negati alle donne. Nel campo di Dio tutti sono servitori e ministri, ma i ruoli e gli incarichi affidati dal Signore sono determinati da principi teologici che non sono variabili con il tempo e le epoche.

Tutti i cristiani hanno dunque una chiamata al ministerio, siano essi uomini, donne e persino bambini. Paolo insegna all’uomo la gestione nell’ambito famigliare, similmente ammaestra la direzione degli uomini nella chiesa locale, ossia la famiglia di Cristo, costituita da membri legati dalla Grazia di Dio.

Gli uomini e le donne sono dunque chiamati a professare il proprio servizio nella chiesa secondo i principi disposti da Dio e riportati chiaramente nella Bibbia.

La donna riveste un ruolo fondamentale nell’attuale società multiculturale e nella chiesa e ha la capacità di diverse attività nelle distinte identità di una contemporanea società decadente, reiteratamente distante dalle origini della creazione. Non sono le leggi divine a dover essere modificate o ritagliate a misura conciliante per l’uomo, ma alla luce della Parola di Dio, è lo stesso essere umano che prendendo coscienza della distruzione reazionaria del sistema attuale, intuirà l’affiorare delle esigenze collettive e trovandosi a un bivio dovrà operare una scelta.

Lella Francese

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