Come tagliare la testa al toro!

Ogni mattina, alle otto e venticinque in punto, facevo scendere dall’auto la mia figlioletta impaurita e riluttante e l’accompagnavo all’asilo. Ogni giorno ci attendevano la solita routine e gli stessi gesti rassicuranti: un grosso abbraccio, un bel sorriso e una forte stretta di mano. Il tutto per convincere la mia paurosa figlioletta che “la mamma ritornerà”.
Non ero l’unica a compiere questo rituale. All’inizio c’erano molte gambe tremanti davanti alla scuola e bambini di cinque anni con gli occhi pieni di lacrime all’idea di dover affrontare quelle tre ore terribili. Poi, ad uno ad uno, divennero più coraggiosi e presto rimasero solo due bambini: la mia Anna e Marco, un ragazzino dai capelli ispidi. Marco era accompagnato in classe ogni mattina da suo padre, il classico tipo sportivo che faceva palestra e vestiva di lusso: mascella quadrata, abiti firmati e un sorriso perfetto in grado di penetrare in lampo nel cuore di chiunque

Poi il padre di Marco ed io ci ritrovammo, per caso, a tornare insieme verso l’auto un giorno dopo l’altro. Mi accorsi sin dall’inizio del suo atteggiamento cordiale verso Anna e della sua premura nei miei confronti. Dapprima scambiavamo poche parole, che presto si trasformarono in una conversazione vera e propria. Era simpatico? Sì. Bello? Certo.
Mi faceva la corte? Eccome! Ammetto che cominciai a sentirmi inquieta. Ma, come accade abitualmente, mi convinsi che non stavamo facendo niente di male, e ogni volta che parlavamo i miei sensi di colpa diminuivano. Mi piaceva la sua amicizia, le sue attenzioni di cui mi circondava, i sentimenti che provavo segretamente, e continuavo a ripetermi: “E’ solo un’amicizia; non c’è altro”. Poi, una mattina, il mio cuore fu illuminato.
Mi resi conto dove stavo andando. Avevo deciso di alzarmi prima in modo da potermi pettinare e truccare più accuratamente. Volevo apparire più bella possibile solo per … un amico? Alle sette e trenta di mattina? Sapevo che mi piaceva vederlo. Ero troppo felice delle sue gentilezze, e la situazione stava diventando pericolosa. Mi comportai da vigliacca (ma in questi casi è meglio comportarsi da vigliacchi, che cadere nel peccato dell’adulterio, che può essere distruttivo per molti) e decisi di scomparire, semplicemente.
Cambiai l’orario in cui accompagnavo Anna a scuola e giunsi perfino in ritardo per qualche giorno, proprio per essere certa di non incontrarlo. Volevo comportarmi da persona responsabile, perciò raccontai tutta la storia a mio marito. Infine chiesi perdono al Signore e lo ringraziai per avermi aperto gli occhi in tempo.

Pamala Kennedy

Ferrentino Francesco La Manna

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