CREDENTI DI GHIACCIO?

Credenti di ghiaccio? Ovviamente il titolo è provocatorio e vuole smuovere quell’iceberg che a volte si annida nel nostro cuore. Il credente deve avere un cuore caldo, appassionato, fervente, pieno di amore, come una casa che custodisce la gioia e la felicità, insieme al conforto di Dio; un cuore che accoglie e consola, che è dimora del Regno di Cristo. Niente a che fare con la regina di ghiaccio delle Cronache di Narnia, giusto per intenderci. E un cuore caldo e appassionato per il Signore è un cuore che prega per se e per gli altri. Guardiamo qualche breve considerazione su quanto l’apostolo Paolo afferma sulla preghiera.

Efesini 3:14-21 14 Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, 15 dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, 16 affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, 17 e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, 18 siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo 19 e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio 20 Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo, 21 a lui sia la gloria nella chiesa, e in Cristo Gesù, per tutte le età, nei secoli dei secoli. Amen”

Paolo comincia dicendo: “Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre”. Quale motivo? Innanzi tutto dobbiamo dire che qui Paolo riprende il discorso iniziato al vs 1 e poi interrotto per aprire una lunga parentesi che si conclude al vs 13. Per cui il motivo di questa preghiera deve essere ricercato alla fine del cap. 2, dove Paolo ha parlato e svelato il mistero di Cristo: la chiesa. E’ una preghiera così viva ancora oggi che deve essere per noi come un indicatore di temperatura della nostra vita spirituale, come uno specchio della nostra condotta cristiana, come un metro di misura della qualità della nostra vita di fede e di comunione con la chiesa, come una chiamata alla conoscenza di Cristo, per coloro che ancora non lo hanno conosciuto. Naturalmente Paolo non vuole presentare la sua postura esteriore come un qualcosa che rende le preghiere più o meno efficaci; non è sicuro che se uno si mette in ginocchio le sue preghiere saranno accolte al trono di Dio; Paolo vuole enfatizzare l’atteggiamento del suo cuore, perché è il suo cuore ad essere inginocchiato davanti al Re del cielo e della terra, davanti al suo Dio e Signore! E quando preghiamo deve essere questo il nostro atteggiamento, che descrive supplica, implorazione, riverenza! Certamente non trasmette che dobbiamo rivolgerci a Dio in modo irriverente e scherzoso.

Sebbene Egli sia nostro Padre, ricordiamoci sempre che è il Signore, l’Eterno, l’Io Sono, Colui che giudicherà i vivi e i morti! Vediamo i punti salienti di questa preghiera per noi.

  1. “CHE IL SIGNORE CI FORTIFICHI NELL’UOMO INTERIORE” Vs 16 “affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore”

È interiormente che deve cambiare qualcosa in noi. E non possiamo farlo noi. Anche questa è una dimostrazione della sovranità divina, poiché Lui ha deciso di dare a ciascuno di noi una determinata capacità spirituale e una determinata crescita spirituale. In un modo misterioso, la sovranità assoluta di Dio non è intaccata o modificata dalla nostra responsabilità, e questo non è legato solamente alla sua onniscienza. Noi sappiamo che c’è qualcosa che contrista lo Spirito Santo, e questo qualcosa è il nostro peccato. Lo Spirito Santo è una Persona, la Terza Persona della Trinità. Non è un’influenza divina che a momenti c’è e a momenti no. Non è nemmeno semplicemente la Sua forza che agisce in noi. Ma si tratta della Sua Persona in noi! Poiché noi siamo il tempio di Dio, possiamo avere comunione con Dio in questo tempio. La gloria di Dio deve risplendere nei nostri cuori, all’interno di questo tempio. Noi non abbiamo bisogno di costruire una immagine intorno a noi che non corrisponda a delle realtà spirituali che viviamo. Abbiamo bisogno di testimoniare delle realtà, di proclamare delle verità che noi stiamo vivendo, perchè Dio non ama i falsi testimoni! C’è un forte bisogno che l’uomo interiore goda di ottima salute e forza. Da quando abbiamo finito la casa la preoccupazione più grande mia e di mia moglie è che non venga la muffa sui muri. Mi hanno detto che per evitare la muffa, la casa deve essere soleggiata e arieggiata frequentemente. Esiste anche un detto: “dove non entra la luce, entra il medico”. Fratelli e sorelle: se la luce del Signore non penetra nel nostro cuore e se il vento dello Spirito Santo non soffia costantemente e potentemente nella nostra vita purificandoci dai germi spirituali del nostro peccato e rigenerandoci e trasformandoci nel continuo nell’immagine del nostro Signore Gesù Cristo, il nostro uomo interiore si ammala e si ammuffisce, e il Grande Medico nel grande amore che ha per i Suoi figli, provvederà una cura che non è mai piacevole per coloro che trascurano la propria salute spirituale! Se le nostre vite spirituali sono ammuffite, e se camminiamo come dei cristiani appesantiti dalla malattia del peccato, se i muri di questo tempio sono diventati ammuffiti, e se al nostro cuore, a causa del peccato che ostruisce le vene, la linfa vitale dello Spirito non arriva più … non diamo la colpa a nessuno, se non a noi stessi, che abbiamo chiuso le finestre per lungo tempo alla luce del Signore e alla comunione con Lui attraverso la Sua Parola e la preghiera, e ci siamo compiaciuti di camminare nelle tenebre anziché nella luce! Gesù è venuto per purificarci prima di tutto dentro! Abbiamo bisogno nella nostra vita di aprire, spalancare le finestre del cuore e lasciare entrare la luce della Parola di Dio! Perché c’è un lavoro che il Signore può operare in noi, e che vuole operare in noi, come una potente benedizione per la nostra vita: trasformarci nel continuo nell’immagine del Figlio Suo attraverso l’opera incessante dello Spirito Santo in noi (2Co 3:18). E l’unico modo in cui noi possiamo aprire le finestre dell’uomo interiore, del tempio del nostro cuore, è quello della pura e semplice confessione dei nostri peccati, affinché possiamo avere piena comunione con Lui! Spalanchiamo le finestre affinché la luce spazzi via le tenebre delle nostre mancanze! Solo il Signore fortifica dentro! Non potremmo farlo da noi stessi, ma solo il Signore può farlo, e questo è il senso della preghiera di Paolo! Perché al vs 17 lui dice: “… e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore …” Cristo abita in noi, e noi siamo la casa di Dio; non il cemento, ma i credenti!

Il termine “fortificare” non significa solamente “rendere forte”, ma significa anche “munire di fortificazioni”, e le fortificazioni sono delle strutture militari per la difesa contro i nemici. Qui abbiamo un altro aspetto che dobbiamo considerare su questo primo punto. Il Signore solamente può proteggerci dai nemici. E lo fa costruendo per noi una vera e propria fortificazione, quella che al capitolo 6 viene chiamata come “l’armatura del cristiano”. Ciò che mi preme sottolineare è che noi abbiamo sempre e costantemente bisogno, secondo questa preghiera, che il Signore ci renda forti e che allo stesso tempo ci protegga. In realtà sono come le due facce della stessa medaglia. Essere resi forti per combattere e vincere equivale ad essere protetti. Infatti l’errore che spesso si fa è quello di considerare la protezione del Signore come un fortino nel quale stare rannicchiati a sentire i rumori delle spade di quella battaglia che infuria intorno a noi, della quale noi possiamo, per una comoda concezione della vita di fede, solamente essere spettatori e non partecipanti. Dovremmo leggere un po’ meglio l’AT per poter comprendere che la protezione del Signore non consisteva per i suoi figli nello starsene con le mani in tasca. Guardate come inizia il libro dei Giudici, ad esempio: 1:1-2 “Dopo la morte di Giosuè, i figli d’Israele consultarono il SIGNORE, e dissero: «Chi di noi salirà per primo a combattere contro i Cananei?» Il

SIGNORE rispose: «Salirà Giuda; ecco, io ho dato il paese nelle sue mani»”. Ci sono tantissimi vss che insegnano la stessa cosa. In cosa consiste la protezione del Signore? Nel fatto che ha dato il paese nelle mani del Suo popolo. Questo significa che ha reso il suo popolo più forte del nemico. Cosa deve fare il popolo di Dio? Semplicemente ubbidire a Dio e scendere in campo per la battaglia! Ecco perché viene usato un termine specifico in questa preghiera di Paolo: essere “fortificati” è un termine militare e fa riferimento a una battaglia o una guerra che bisogna compiere. L’armatura del cristiano non avrebbe alcun senso se non ci fosse una battaglia da affrontare! Dobbiamo stare in guardia e avere sempre la sentinella all’erta perché noi siamo come un forte al fronte dove la battaglia impazza, e non come dei soldati in congedo! Non è forse Paolo che scrive “… in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati”? E allora se siamo già vincitori significa che non ci sono più battaglie? Ma non è forse Paolo che dice:

“Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.” Ma non è forse sempre lo stesso apostolo Paolo che scrive alla fine della sua vita: Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede.”? E non è sempre Paolo che esorta il fedele Timoteo dicendogli “Non aver dunque vergogna della testimonianza del nostro Signore, né di me, suo carcerato; ma soffri anche tu per il vangelo, sorretto dalla potenza di Dio.”? E’ una continua lotta contro noi stessi, contro il mondo e contro il diavolo, ma non siamo lasciati a noi stessi, perché se quelle finestre della confessione e della comunione con Dio attraverso la preghiera e la Parola sono aperte, noi saremmo fortificati nell’uomo interiore e sorretti dalla potenza infinita del Dio onnipotente. Ecco perché Paolo finisce questa preghiera dicendo: “Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo, magnificando ed esaltando proprio l’onnipotenza di Dio!

2- “CHE CRISTO ABITI NEI NOSTRI CUORI PER MEZZO DELLA FEDE”

Abbiamo tre scopi per cui questo deve avvenire:

1). PER ESSERE RADICATI E FONDATI NELL’AMORE.

L’amore di Dio è la dottrina chiave che apre tutte le stanze della vita di fede. Spesso sottolineo il fatto che non possiamo comprendere l’amore di Dio senza il contesto del giudizio; ma posso anche affermare il passo successivo: non possiamo conoscere Dio se per fede non abbiamo sperimentato che Dio è amore. Questo perché proprio la nostra fede deve essere radicata e fondata nell’amore di Dio mostrato per noi alla croce. Abbiamo due termini molto importanti. “Radicata” fa riferimento a una pianta che ha messo radici le quali hanno la funzione di assorbire le sostanze nutritive per la vita della pianta. Cristo è il nostro nutrimento, secondo questo vs. E considerando Cristo come il terreno nutritivo sul quale siamo radicati, noi dovremmo crescere così in alto ed essere così rigogliosi che chi ci osserva dovrebbe essere meravigliato a tal punto di essere tentato a togliersi i calzari dai piedi perché comprende che il luogo dove siamo radicati è “suolo sacro”. Dovremmo essere come Giovanni Battista, la lampada ardente e splendente che era testimonianza della luce che stava venendo nel mondo! Ma quanto siamo lontani da tutto questo? Perché spesso invece sembra che l’albero della nostra fede non è radicato in Cristo? Perché invece sentiamo spesso degli alberi credenti che cadono e quando cadono fanno un sacco di rumore? Ci meravigliamo che le cadute degli alberi credenti facciano tanto rumore? Siete mai entrati in un bosco e siete rimasti in silenzio ad ascoltare? C’è pace e tranquillità! Ma se dovesse cadere un solo albero a grande distanza da dove sei tu, ne sentiresti il rumore; questo perché un solo albero che cade fa molto più rumore di tutti gli altri alberi della foresta che crescono! E un albero quando cade? Quando le sue radici sono marce, poiché marcisce tutta la pianta. La nostra garanzia di vita eterna, cari fratelli e sorelle, è perché siamo radicati in Cristo, il quale è per noi sorgente di vita eterna! Ma la metafora dell’essere radicati in Cristo è valida non solo per la nostra salvezza, ma anche per il nostro pellegrinaggio come cristiani, per la nostra santificazione e crescita. Se le nostre radici non sono attaccate a Lui, la nostra vita spirituale marcisce e non porteremo frutto né più né meno di come i tralci che non sono attaccati alla vite. Come stiamo, spiritualmente parlando? Siamo radicati in Cristo oppure no? Se la risposta è no ciò significa o che sto camminando nella disubbidienza, o che, nel peggior caso, non mi sono mai convertito; ma se la risposta è si, allora sarò un albero che porterà il frutto. “Li riconoscerete dai loro frutti”, disse Gesù. Il termine “fondati” significa essere muniti di fondamento. Il fondamento delle nostre case è quella struttura sotterranea sulla quale è edificata l’intera casa. Questa struttura sotterranea qui è l’amore di Cristo. In questo vs specifico non sta parlando della comunione, ma sta parlando di un aspetto personale, del nostro rapporto personale con Cristo. Spesso i credenti si lamentano: “Non c’è comunione nella chiesa! Non c’è amore!”, ma quando ci lamentiamo chiediamoci: com’è il mio rapporto col Signore? Sono fondato sull’amore di Cristo mostrato per me? E quando ci lamentiamo del servizio, domandiamoci: Cosa ha dato inizio alla mia vita col Signore? Perché servo Dio? perché proclamo la Sua bontà e misericordia a un mondo che non lo conosce? Cosa mi spinge? Cosa mi costringe? L’amore di Dio in Cristo Gesù è la risposta! Forse qualcuno di noi non lo ha ancora conosciuto questo amore speciale e unico: Gesù Cristo ha dato la sua stessa vita per ognuno di noi! Lo ha fatto perché Lui vuole che veniamo salvati! Il Signore avrebbe potuto giudicarci tutti in modo definitivo, ma ha dato Suo Figlio alla croce affinché chiunque crede in Lui non perisca ma abbia vita eterna. Questo è l’amore su cui deve essere fondata la nostra fede: la grazia di Dio. Ma non può esistere essere graziati senza fede, perché è scritto che “senza fede è impossibile piacergli”. Cosa ti spinge ad andare avanti nel Signore? La fede in Lui! E a combattere per il Suo nome e la Sua gloria? La fede in Lui! Cosa ci spinge ad avere speranza e certezza? La fede in Lui! Cosa ci rende certi del Suo ritorno? La fede in Lui! E su cosa è fondata questa fede? Sul suo amore! E dunque cosa rende la fede “certezza di cose che si sperano e dimostrazione di realtà che non si vedono”? La Sua grazia in Cristo! E se consideri attentamente che la fede stessa è Suo dono, il pensiero della gloria eterna di cui siamo stati fatti partecipi ci umilia e ci fa inginocchiare alla Sua presenza con un cuore caldo e pieno di amore riconoscente verso il nostro Salvatore e Signore! La fede è compresa nel concetto di salvezza per grazia: ovvero quel dono che nessun uomo si merita, perché altrimenti non sarebbe una grazia, e proprio il fatto che è una grazia è garanzia di certezza, perché non me la posso meritare! Fede e amore sono due termini che camminano di pari passo, come due fidanzati mano nella mano.

Ora, questa fede radicata e fondata nell’amore è scritto che ci “rende capaci”, e andiamo al secondo sotto punto.

2) CAPACI DI AVERE COMUNIONE FRATERNA

Il punto è questo: è impossibile avere una sana comunione fraterna senza i presupposti di fede radicata nella grazia che ho appena esposto. Ciò che Paolo ci sta insegnando è che prima di avere una comunione fraterna di qualità, devo avere un ottimo rapporto con Dio, essendo io per primo radicato e fondato nel suo amore. Altrimenti non posso né avere né pretendere una comunione fraterna sana. “siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo”, vs 18. Vedete? Dobbiamo esser resi capaci perchè da noi stessi non lo siamo! Se abbiamo confidato nella grazia del Signore nella nostra vita, se abbiamo contemplato la gloria del Figlio, se abbiamo compreso che Colui che è stato crocifisso ha rinunciato a ogni cosa per l’amore che ha nutrito per noi dall’eternità, e che è andato su quella croce per versare il Suo sangue tra le sofferenze di quel supplizio indicibile per amore nostro … allora, se queste verità sono nel nostro cuore per mezzo della fede e su di esse la fede è radicata e fondata, allora, e solamente allora, possiamo avere comunione l’uno con l’altro e abbracciare tutti insieme l’infinito amore di Dio che sorpassa ogni conoscenza. Davanti alla croce non vi possono essere divisioni né altre cose che le determinano, ma vi deve essere comunione di spirito, di intenti, di volontà, vi deve essere “unità”. Tutti siamo stati salvati per lo stesso scopo: servire Dio e glorificarlo nella nostra vita. Questa è la realtà della vita di chiesa. E noi possiamo abbracciare ciò che è per natura non abbracciabile visto che Paolo ci dice in forma poetica che questo amore è infinito e non misurabile. C’è bisogno che ogni fratello e ogni sorella abbracci insieme a tutti l’amore di Dio, le sue consolazioni infinite, la sua pazienza infinita, la sua provvidenza infinita … tutti partecipi per glorificare il Signore Dio per mezzo del Figlio! L’immagine che ho nella mia mente è quella di tanti bambini che corrono, giocano e abbracciano il loro papà. Hanno la gioia di farlo insieme e non si stancano mai di stare vicino a Lui. Così come tutti quei bambini che correvano da Gesù, perché amavano la Sua Persona così come noi dobbiamo o dovremmo amarla, nella semplicità della fede basata su una vera conoscenza. La mia infanzia è per me una maestra di vita. Mi ricordo che quando ero piccolo correvo insieme a mio fratello ad abbracciare mio padre quando tornava dal lavoro la sera, perché aveva quasi sempre qualcosa per noi, a volte una caramella, altre volte un cioccolatino, ma ero felice di poterlo vedere e abbracciare perché era mio padre. E quanto sono felice di abbracciare insieme alla chiesa il Padre Celeste, di condividere insieme i canti, le preghiere, l’adorazione e la Parola. Forse se a volte succede che non siamo gioiosi è proprio perché dovremmo tornare come quei bambini che correvano da Gesù, o forse perché dovremmo riconsiderare quanto amore ci è stato mostrato nel Figlio Suo. Dovremmo credere di più e lasciare che questa fede produca il frutto dato dal nutrimento che le radici, radicate nell’amore di Dio, danno a tutta la pianta!

3). PER ESSERE RICOLMI DELLA PIENEZZA DI DIO, vs 19

Dio è infinito. Possiamo essere ricolmi in un corpo finito di qualcosa che è infinito? Ovviamente no. Ma è una immagine paradossale, un modo di scrivere che Paolo usa molto spesso. Lo ha usato anche nel vs precedente, poiché non è possibile abbracciare ciò che è infinito e non misurabile. Dunque cosa intende per l’essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio? significa che tutta la nostra persona, anima spirito e corpo, deve essere come “permeata interamente”, o “sommersa” dunque “battezzata” come userà all’inizio del capitolo 4, della Persona di Cristo. Il termine “ricolmi” fa riferimento a una pienezza incontenibile di Dio. Quando la gloria di Dio riempiva il tempio di Salomone nessuno poteva stare dentro il tempio, allo stesso modo il nostro tempio deve essere colmo e ricolmo della gloria di Dio in Cristo Gesù. E tutto ciò che ci rende ricolmi di questa pienezza lo abbiamo visto in questa meditazione, forse un pò confusa nell’esposizione, ma per me stesso ricca di spunti di riflessione.

Dio ci benedica.

Stefano Carta

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