Da Guru indù a seguace di Cristo

vecchio-guru-festa-dio-shiva500Nella mia famiglia eravamo molto orgogliosi della nostra eredità indù. Fin da bambino mi è stato impartito che noi eravamo in una posizione speciale, perché mio padre era un Guru, vale a dire un sacerdote indù.
Mio fratello maggiore continuò questo ruolo, e dopo di lui anch’io ricevetti questo ruolo.
Consideravamo i missionari cristiani come nostri nemici, perché da diverse generazioni contrastavano la nostra tradizione religiosa, provando anche a farci cambiare religione.

Nella tradizione induista esistono migliaia di idoli fatti artigianalmente dagli uomini.
Nella nostra tradizione il maschio è ritenuto quasi come un idolo e deve essere rispettato da tutti; una donna ben educata non può andare fuori senza essere accompagnata da un uomo; questi sta sempre al centro dell’attenzione e va sempre rispettato.
Il capofamiglia va rispettato sopra ogni altra cosa, e la madre spende la maggior parte del suo tempo in cucina.
Il popolo Indù crede che l’anima non muore mai, ma che viaggia da una persona all’altra.
L’immoralità non è mai tollerata, e per una famiglia indù è una profonda vergogna.

Io, per cinque anni, ho svolto il compito di Guru.
Quando mio fratello si trasferì in Africa per affari, e dopo che mio padre morì, la responsabilità del Guru venne tutta sulle mie spalle, e questo fu veramente pesante.
Anche quando ero studente ho dovuto mettere al primo posto le tradizioni indù.
Avevo anche una grande comunità della quale dovevo prendere cura: visitare le famiglie e consigliarli in vari problemi, essere presente alle nozze, etc..

Diverse persone, che facevano parte della comunità, abitavano distanti molte ore di treno, ma la presenza del Guru è importante.
Ero rispettato da tutti: il Guru era il modello e tutti cercavano di imitare il suo stile di vita.
In India, il Guru è la persona più importante del luogo.
Dopo l’università dovevo continuare gli studi all’estero, scelsi per l’Inghilterra, perché negli anno ’60 era un Paese noto per l’ottima civiltà.

In quel tempo era molto difficile trovare un tempio indù in Inghilterra, così il mio culto era limitato all’adorazione dell’unica fotografia dell’idolo che avevo portato con me.
Quella foto era sempre posta bene in vista e durante la preghiera mattutina mi inchinavo davanti a lei.
Ero un Guru e la mia religione doveva essere conservata per le mie future generazioni: i miei figli, dopo che si sarebbero sposati, potevano ricevere automaticamente il titolo di Guru.

Comunque io non dovevo preoccuparmi del mio matrimonio, perché è usanza indù che i genitori scelgono la sposa per il figlio, il quale però non può vederla fin quando si sposano.
In questi casi i genitori si rivelano molto intelligenti e fanno quasi sempre la scelta giusta.
In quel nuovo Paese ho incontrato molta gente e feci molte amicizie, ho conosciuto Sointu, una donna cristiana finlandese e diventammo presto molto amici.
La nostra fu più che un’amicizia che mi portò alla decisione di non seguire più le tradizioni induiste e iniziai anche a frequentare la sua chiesa.

Tutto era cosi diverso da come era in India…
Ci sposammo, e il Signore ci donò tre bambini.
Sointu insegnò loro fin da piccoli che Gesù era anche il loro Salvatore, ogni sera pregava con loro e impararono presto a leggere la Bibbia per bambini e a cantare i cantici spirituali.
I miei figli avevano tutti una bella voce e appena fu possibile iniziarono ad andare alle lezioni di musica.
Le chitarre e i violini erano i loro strumenti preferiti, cantavano e suonavano nelle feste della scuola e in chiesa, e presto diventarono molto indipendenti.

Come era mia abitudine, cercavo di essere molto gentile con loro, e frequentavo sempre la chiesa per essere di esempio per i miei bambini.
Mia moglie passava molto tempo alle varie riunioni della chiesa e i bambini erano sempre con lei.
In quegli anni l’India era diventata sempre più distante dalla mia mente e dalle mie tradizioni indù; solo quando i miei parenti venivano a farci la visita, andavo con loro al tempio indù, ma nessuno lì aveva notato che non vi andavo più regolarmente.
Gli anni passavano e i figli diventarono adolescenti.

Mia moglie si avvicinò di più nelle vie del Signore e voleva che andassi sempre con lei in chiesa; voleva che tutta la famiglia frequentasse le riunioni.
Una mattina, siamo andati per la prima volta in una chiesa pentecostale.
Il pastore disse che alla sera ci sarebbe stato come ospite una missionaria, una giovane donna filippina.
Io non ero interessato a questo tipo di riunioni, ma andai lo stesso insieme con la mia famiglia.
Quella giovane donna ci raccontò come Gesù era entrato nella sua vita in un modo molto speciale.
Non avevo mai sentito prima simile cose.

“Perché proprio Gesù? Nel mondo ci sono tante religioni, e tutte hanno lo stesso scopo! Ma perché tutti debbono credere che solo Gesù può aprire la porta del Cielo?”; questa era la mia riflessione.
Ma quella sera lo Spirito Santo mi toccò cosi potentemente che iniziai a pensare e a ragionare in modo diverso: “Ma se poi Gesù è davvero il Salvatore, cosa mi potrebbe succedere nel giorno del giudizio? Se noi tutti dobbiamo essere giudicati alla fine, le nostre buone opere non possono salvarci!”.
Per me il peccato era una cosa totalmente sconosciuta, l’Induismo non concepisse il peccato, ma lì dovetti ammettere che ero un peccatore come tutti gli altri, anche se questo mi veniva difficile da accettare, perché pensavo di essere una brava persona.

Dopo quelle esperienze volevo avere la certezza che quelle verità fossero veramente da Dio, per cui incominciai ad andare in chiesa più frequentemente, e man mano che facevo delle ricerche capivo sempre più che dovevo invocare Gesù per la salvezza della mia anima.
Ma ancora non mi volevo arrendere ad accettare che gli idoli che avevo adorato erano una falsità: “Sono veramente solo delle statue?”; era il mio pensiero continuo.
Pregai e chiesi a Dio una risposta.

Una mattina, al risveglio, sentii chiaramente una potente voce dal cielo che diceva: “IO SONO IL SIGNORE DIO, SOLO IO, GLI ALTRI NON ESISTONO!”.
Allora capii che quella era la vera fede.
Un giorno in chiesa ho avuto la visione dal Signore: ho visto chiaramente Gesù sanguinante sulla croce, capivo che soffriva tremendamente, il sangue grondava fino a terra.
Gesù mi guardò, poi, rivolto al Padre, chiese il perdono per i miei peccati.
Ero sconvolto, mi sentivo un grande peccatore; ero colpevole per la crocifissione di Gesù, eppure Egli mi amò cosi tanto che venne nel mondo e prese il mio posto sulla croce.

Chiesi a Gesù di diventare il Signore della mia vita, Egli mi rese la grazia e prese su di sé il fardello dei miei peccati.
Allora iniziai una nuova vita in Gesù e potei staccarmi dai ricordi del mio passato.
Dopo aver ricevuto il battesimo dello Spirito Santo, decisi di fare il  battesimo in acqua, come comanda la Bibbia, dopo la conversione.
In una profezia, che ho ricevuta, ho avuto la conferma che Gesù sarebbe stato sempre con me.
Anche oggi lui mi guida; da parte mia, devo raccontare quello che ho trovato in Lui.

Da allora ho viaggiato molto, in molte nazioni del mondo, specialmente in India, nella mia patria, dove ho predicato a migliaia di induisti della salvezza di Gesù.
Sono stato anche più volte in Finlandia con mia moglie a predicare la Buona Novella.
Al momento predico regolarmente nella chiesa pentecostale in Manchester.
Mio fratello più grande morì qualche anno fa e nel letto di morte volle anche lui accettare Gesù come suo personale Salvatore.
Ringrazio il Signore che ora, come seguace di Gesù, posso raccontare agli altri il grande messaggio dell’amore di Dio.

da: Incontraregesu.it/

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