Se oggi il mio cuore è per i poveri, emarginati, disagiati, coloro che sono dimenticati dal mondo e non valgono nulla lo devo molto alla mia personale esperienza di vita.
Ho scelto di essere la voce di chi non ha voce
Quanti conoscono le favelas del Brasile? Baraccopoli costruite generalmente alla periferia delle maggiori città dove il degrado, la criminalità e l’inadeguata igiene pubblica, causata dalla mancanza di sistemi di fognatura e acqua potabile, rappresentano un problema comune di questi quartieri.
E’ qui che sono nato, il secondo di quattro figli. Sembrava non ci mancasse nulla, nonostante vivessimo in condizioni di povertà estrema, grazie ai sacrifici d’amore di nostra madre pronta a privarsi di qualunque cosa per darlo a noi figli. Sempre pronta a difenderci, ci amava tanto.
Si dimostrava una donna forte. Nonostante soffrisse tanto a causa di nostro padre, che ubriaco la picchiava ogni giorno, non versava mai una lacrima in nostra presenza. Sopportava i suoi continui tradimenti soltanto per amore nostro. Quando si è bambini si percepiscono facilmente certe situazioni, ma né io né mio fratello maggiore eravamo più bambini. Forse all’anagrafe registravamo rispettivamente quattro e sei anni di età ma nel mondo reale no. Come fossimo adulti, ci occupavano di nostro fratello e sorella ancora in fasce. Nostro padre era un uomo violento.
Un giorno ricordo i miei genitori litigare e mia madre piangere. Insieme con mio fratello maggiore andammo per vedere cosa stesse accadendo. Mio padre teneva una falce alla gola di mia madre. Immediatamente corremmo a frapporci tra i due e nulla accadde. Ricordi vividi che non vanno più via. Pochi giorni dopo nostra madre andò via. Noi quattro restammo con nostro padre e la sua nuova compagna.
Un giorno mio padre mi disse: “Presto farete un lungo viaggio” e di li a poco fummo trasferiti presso una famiglia in affidamento in attesa di essere adottati. Questa famiglia non provava affetto di alcun genere per noi. Dormivamo a terra in un angolo della casa come fossimo stracci di nessuna importanza.
Trascorrevo l’intera giornata per strada ritirandomi a casa con qualcosa che avevo rubato ai piccoli negozi per dar da mangiare i miei fratelli più piccoli. In casa c’era un terrazzo con mattoni e tutto ciò che mi restava da mangiare erano mattoni schiacciati. Quando fui scoperto avevo la lingua rossa del colore dei mattoni e fui portato in ospedale. Capitava vedessi bambini andare a scuola e desideravo poterci andare ma mi fu risposto seccamente che non meritavamo di andarci. Nonostante tutto, una donna, amica di questa famiglia, ci amava davvero. Con la sua dolcezza ci dava spontaneamente da mangiare. Questo mi permise di rendermi conto che non tutti sono uguali.
Quando i miei fratelli minori furono adottati fu un duro colpo. Credevo non avrei potuto più vederli e nel mio cuore sentii un grande vuoto. Mi mancava la mia famiglia. Poco tempo dopo fummo adottati anch’io e mio fratello maggiore. Non immaginavo dove stessi andando ma potetti ben presto constatare le belle persone davanti ai quali mi trovavo. La mia seconda famiglia che nel mio cuore divenne la prima.
Quando quella sofferenza sembrava stesse giungendo al termine dichiarai per la mia vita che un giorno avrei aiutato tutti quei bambini che vivono in condizioni di povertà estrema.
Il lungo viaggio mi condusse in Italia.
Arrivato in Italia ero molto malato, la pancia piena di vermi e dovetti sottopormi a delle cure.
Quando cominciai a vivere con la mia famiglia non ero più un bambino dentro eppure cominciai ad essere considerato come tale. C’erano volte in cui mi infastidivano gli atteggiamenti troppo premurosi di mia madre. Pian piano imparai a fidarmi di loro lasciandomi alle spalle il mio passato.
Mia madre seppe darmi tutto l’amore del mondo ed oggi ringrazio Dio per la mia famiglia. I genitori che abbiamo sono quelli che Dio ha scelto per noi, progettati su misura secondo il progetto di Dio per la nostra vita.
All’età di otto anni ho fatto tesoro del mio passato imparando a caricarmi di amore per la gente povera. Se disprezzassi chi non ha niente disprezzerei anche me stesso che una volta non avevo nulla. Ho imparato che i poveri bussano alla porta del nostro cuore e facendo entrare loro facciamo entrare Dio.
Sono orgoglioso della mia infanzia che per me si è trasformata in stella durante tutti questi anni.
Dopo circa un anno ritrovai i miei fratelli tutti adottati da famiglie italiane di Napoli. Il mio cuore era colmo di gioia ma ben presto dovetti confrontarmi con le dure discriminazioni razziali.
Durante la mia adolescenza trovai difficile relazionarmi con chi seppe farmi prendere coscienza della diversità della mia pelle nel modo del tutto sbagliato. Furono gli anni in cui Michael Jackson cambiò il colore della sua pelle e desideravo sottopormi alla stessa operazione.
Mi resi conto che infondo era solo per gli altri che avrei voluto cambiare il colore della pelle. Imparai col tempo a comprendere che Dio aveva deciso ogni singolo dettaglio del mio corpo.
Dio sceglie intenzionalmente il colore della nostra pelle, dei nostri capelli ed ogni nostra singola caratteristica. Dio crea ognuno in modo unico come Lui vuole. Decide quali talenti naturali possedere e l’unicità della personalità poiché Dio crea ognuno con uno scopo. Dio non fa nulla per caso e non compie errori. Crea tutti per un motivo: dimostrare amore.
Per me Dio non era uno sconosciuto ed all’età di diciassette anni credetti fermamente di diventare sacerdote. Un desiderio che si dissolse nei desideri giovanili ma che restò pur sempre accantonato nel mio cuore in attesa di ritornare alla luce.
Fu in quegli stessi anni che frequentando la scuola di teatro nacque in me il desiderio completamente opposto di vivere in ricchezza. Per quasi due anni sognai per me un futuro fatto di soldi e di successo. Un mondo che non seppe far tacere nel mio cuore il desiderio di aiutare coloro che vivono in povertà.
Quando conobbi le Missionarie della carità mi recavo ogni giorno alla mensa dei poveri come volontario. Fui come bendato dalla spiritualità che mi sembrava respirare tra le suore. Nel mio cuore riaffiorò il desiderio di servire Dio e mi convinsi che Dio mi chiamasse a consacrarmi al sacerdozio nella congregazione dei missionari della carità.
A quel tempo mia madre era una credente nata di nuovo. Lei non condivideva il mio desiderio di consacrarmi sacerdote. Quante volte cercava di parlarmi di Gesù sotto un aspetto nuovo che io non conoscevo trovando in me un cuore duro, troppo convinto nei miei schemi mentali.
Nonostante tutto la mia coscienza non taceva nel mio cuore quando coloro che “vedevano Gesù nei poveri” non avevano “tempo” né di ascoltarli, né dedicargli un minimo di attenzione. Quegli uomini e quelle donne avevano di che mangiare perchè loro offerto ma oltre ciò non restava loro più nulla. Restavano persone senza dignità, senza obiettivi nella vita.
Era semplice sentirsi coscienziosamente a posto donando un pasto caldo in pieno inverno ad un senzatetto, ma non c’era amore, soltanto appagamento personale del proprio ego.
Dentro di me vivevo un forte combattimento. Sapevo che ciò di cui avevano bisogno i senzatetto era un po’ d’amore che li avrebbe fatti sentire ancora amati, ancora vivi, ancora uomini, ancora donne.
Tuttavia le suore cominciavano a chiamarmi “padre” ed io ero fermamente convinto di andare fino in fondo alla mia scelta.
Un giorno mia madre cominciò a manifestare i suoi primi sintomi di una grave malattia ed in poco tempo si aggravò terribilmente.
Le suore mi pressavano di entrare in seminario, io decisi di rimandare la mia partenza.
Durante il tempo della sua malattia mia madre seppe testimoniarmi una grande fiducia in Dio. Non si può incontrare Gesù e restare gli stessi e lei cambiò molto in rivelazione del vangelo. Nel suo carattere calmo e tranquillo non riconoscevo quella parte di lei spesso apprensiva di una volta.
Una sera ero di ritorno a casa quando “qualcosa” (ora so fosse lo Spirito Santo) mi spinse a salire su un treno che non mi avrebbe condotto nel mio quartiere. Poche fermate dopo decisi di scendere. Era molto tardi e chiesi ad un giovane ragazzo se ci fossero ancora treni che tornassero indietro. Allora portavo al collo una grande croce regalatami da un missionario comboniano a cui ero molto legato affettivamente. Veneravo quella croce che custodivo gelosamente, ma proprio quel ragazzo mi chiese perchè portassi quella croce al collo. Stentai un po’ a rispondere. Poi mi chiese se avessi mai letto il Salmo 115 della Bibbia. Risposi immediatamente di si sebbene non avessi mai letto quel salmo. Il ragazzo mi disse: ti consiglio di rileggerlo quando starai a casa!
Non diedi peso a quell’esortazione e quando tornai a casa non lessi quel Salmo eppure quelle parole risuonarono nella mia mente nei giorni successivi. Spinto dalla curiosità un giorno mi fermai a leggere quel Salmo e qualcosa fremette dentro di me. Rinchiusi la Bibbia che avevo in un cassetto ma lo Spirito Santo mi stava convincendo di peccato in quanto non credevo in Gesù. Non credevo infatti che mediante il sangue di Gesù ricevevo vita eterna cercando di acquistarmi i favori di Dio per mezzo di opere.
Un mattino presto fui svegliato dallo Spirito che mi spinse a pregare nel mio intimo. Mancava una settimana alla mia entrata in seminario ed in quel momento intimo chiesi a Dio col cuore in mano quale fosse la via della verità. Provai nel mio cuore una grande benedizione.
Dissi a mia madre di aver accettato Gesù come mio unico Signore e Salvatore e subito mi recai nuovamente in camera mia per ripulirla dalle tante immagini che ricoprivano le pareti.
La gioia di mia madre fu indescrivibile quella mattina ed ancor più festa fu fatta in cielo perchè un altro figlio perduto era stato ritrovato.
Pochi mesi dopo la mia conversione mia madre si aggravò in maniera definitiva fino a morire e con lei morì una parte di me. L’intero mondo mi crollò addosso in un istante. Non riuscivo a provare più emozioni o sentimenti. Nel delirio più forte rinnegai l’esistenza di Dio. Il mio cuore fu pieno di rabbia nei confronti di Dio che non aveva guarito mia madre. Il diavolo mi ossessionò con il ricordo continuo di tutta la sofferenza della sua malattia per allontanarmi dall’amore di Dio, dalla speranza della resurrezione. Nel momento in cui fui attaccato da tali pensieri mi resi conto che “il combattimento non è contro carne e sangue ma contro spiriti e potestà”.
Allora ero tirocinante in ospedale come operatore socio sanitario ed un sabato sera rientravo a casa quando in piazza, una comunità di recupero di tossici dipendenti testimoniava le opere di Dio nella vita di uomini usciti dalla droga. Ascoltare quelle storie destò il mio spirito. Compresi che avere fede in Dio non comportava essere alieni dal male ma poter essere liberi di scegliere come reagire davanti a problemi e difficoltà.
Fu così che prendendo forza in Dio affrontai la crisi economica che si abbatté sulla mia casa a seguito della morte di mia madre. C’erano giorni in cui non avevamo di che mangiare e ci fu dato lo sfratto.
Non realizzammo il marmo funebre a mia madre ed avevo una grande amarezza nel cuore per questo. Amavo mia madre e soffrivo di averla abbandonata in tal modo.
A volte la sofferenza è forte da farti credere che Dio sia lontano ma in quel difficile periodo ho imparato a vivere per fede senza più rinnegare Dio. Apprendevo la potenza della preghiera con la quale vincevo ogni battaglia spirituale. Facevo mio il verso in cui la Bibbia dice “posso ogni cosa in Colui che mi fortifica”.
Il responsabile del cimitero pensò di costruire un bellissimo marmo a mia madre e dopo circa un anno da questi eventi riuscii a comprare una casa mia. Quando vivi in Cristo la benedizione arriva sulla tua vita e nessuno può impedirla. Siamo noi stessi certe volte ad impedire a Dio di benedirci scegliendo di reagire nelle circostanze piangendoci addosso.
Non possiamo scegliere le circostanze in cui vivere ma possiamo scegliere il modo come viverle, e viverle con Dio aiuta a togliere ogni autorità ai problemi. Un rilascio di grande benedizione mi fu dato quando perdonai nel mio cuore mio padre in Brasile.
Non riuscivo a perdonare tutto il male che ci aveva fatto ma quando Gesù entra nella vita di una persona entra l’amore e con l’amore entra la forza del perdono.
Julio Faucio
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