DIO AMA PERDONARE. TESTIMONIANZA DI NINO.

Pace del Signore. Mi chiamo Nino, sono nato nella provincia di Salerno più di 50 anni fa; la mia famiglia era composta dai miei genitori, da un fratello e una sorella oltre a me.

Fin da piccolo, me la sono sempre cavata da solo avendo una fervida immaginazione, che con la crescita mi fece sviluppare la scaltrezza. Non ho mai avuto divieti soprattutto di orari, potevo rientrare anche dopo la mezzanotte, ciò non costituiva un problema per i miei genitori, soprattutto per mia madre che  mi considerava un fastidio e più stavo fuori di casa e più lei era felice. Il suo amore lo riversava unicamente su mio fratello, il cocco di mamma.  Mio padre era un uomo mite, onesto, lavoratore e amava i suoi figli e riteneva inutile percuoterci o urlarci dietro. Il  suo metodo era parlarci, farci comprendere gli errori e indicarci i giusti comportamenti. Mio padre non approvava i modi ed era infastidito dai comportamenti di mamma ma non riusciva a imporsi e ripetutamente mia madre lo dominava  umiliandolo e lo ammutoliva con ogni mezzo.

Soffrivo per l’atmosfera avvelenata di casa mia e nel contempo, le tante ferite mi laceravano dentro al  cuore alimentando frustrazione e ribellione.  Non capivo perché mia madre non  amava mio padre e non provava amore verso di me, anzi  il suo comportamento  astioso nei miei confronti rivelava  una propria e vera repulsione. Fin dai primi anni di vita fui spettatore del disinteresse.  Il  rifiuto materno, mi portò a vivere senza regole crescendo allo stato brado, convinto di poter  fare tutto ciò che volevo  senza preoccuparmi delle conseguenze. Commisi un sacco di bravate,  dallo star fuori notti intere, la prima volta a   4 anni, dal gettarmi da un balcone senza ringhiera per tuffarmi nella sabbia o  precipitare  in un pozzo da cui mi trasse  in salvo  mio fratello.

Cercavo in ogni modo di richiamare la sua attenzione  ma non ebbi mai successo e ancora oggi posso affermare che non ricevetti  né un abbraccio, né un bacio o una parola “gentile” da lei.

Avevo 10 anni quando mia madre abbandonò marito e figli e si trasferì a Milano con la scusa di cercare lavoro.  Anni dopo anche noi ci trasferimmo nell’Hinterland di Milano e insieme a mio padre lavoravo  rivestendo di asfalto le strade della metropoli; sei mesi dopo mio padre si ammalò e dopo poche settimane  morì.

                                                                                                                                                                La nostra famiglia si sfasciò, o meglio ciò che ne rimaneva.  Mia sorella andò ad abitare da mia madre ed io e mio fratello restammo nella casa di papà. E benché dividevamo lo stesso tetto, lui non si preoccupava di me, ma le sue attenzioni erano rivolte alla sua ragazza. Sapevo che una volta sposato, Lui avrebbe preso possesso della casa ed io avrei dovuto andarmene.  Ero ancora solo, abbandonato a me stesso, privato dell’unico vero amore che mi aveva accompagnato fino a pochi giorni prima.  Piombai nella più totale disperazione, la depressione prese il sopravvento, non mi lavavo più, non mangiavo ed ero disinteressato a tutto quello che mi circondava. Non accusavo dolori, ne suoni,  l’unico tono udibile alle mie orecchie  era la bradicardia, la lenta frequenza del ritmo cardiaco. Tutto era informe e oscuro, ero entrato in un vortice che mi trascinava negli abissi più profondi  e che mi avrebbe trascinato lontano da qualsiasi forma di salvataggio. Inaspettatamente la ciambella mi arrivò da una ragazza che avevo conosciuto prima della malattia di mio padre e che dopo una breve frequentazione mi lasciò prima della dipartita paterna. La incontrai una sera e ci fidanzammo. Nel giro di pochi mesi, mi risollevai, mi sentivo forte  e felice anche perché economicamente stavo bene, mi ero unito a una banda che rubava auto di grossa cilindrata. Ogni sera eseguivamo i nostri furti e i soldi “guadagnati” mi davano un senso di prestigio perché potevo  permettermi di spendere e di far star bene la mia ragazza, ma le opere  malvagie hanno le proprie nefaste conseguenze,  infatti, fui arrestato dopo un lungo inseguimento con l’Arma dei carabinieri. La mia vita da quel momento in poi divenne un’escalation criminale, interrotta dalle varie detenzioni, dalle evasioni e dalle latitanze.  Durante una carcerazione, usufruii  di un beneficio di  legge  rivolto ai detenuti la cui condotta era considerata buona, mi fu concessa  per sposare la mia ragazza divenuta madre di nostro figlio. A malincuore rientrai dopo i cinque giorni di permesso  ma il pensiero di sapere che doveva provvedere da sola alla crescita del nostro bambino, benché abitasse con i genitori, mi assillava e m’indusse  a fuggire da una colonia agricola dove lavoravo,   Dopo un anno e mezzo di latitanza fui arrestato e condannato e tradotto in una casa di pena punitiva.  Lo stare lontano dalla mia famiglia mi procurava un dolore sordo, soffocato   e la reclusione  mi pesava  insopportabilmente specie per gli abusi da parte di chi esercitava  potere. Mi ritrovai spesso a riflettere sulla mia condizione criminale, il tempo non mi mancava e nella mia memoria elencavo le condanne, i reati e tutte le denunce in attesa di processo. Per molto tempo fui convinto che quella fosse la mia vita e qualsiasi strada avessi  intrapreso, mi avrebbe portato a vivere di azioni delinquere. Finalmente nel 1985 terminai di scontare il debito con la giustizia e insieme con uno dei miei figli iniziai a lavorare. M’impegnai  al massimo, volevo riscattare la mia dignità di marito, di padre e di uomo ma spesso chi commissionava il lavoro non mi pagava o mi truffava e certamente non potevo chiedere aiuto alle forze dell’ordine  che non consideravano il mio cambiamento, anzi non perdevano occasione per umiliarmi ovunque fossi e  più volte a qualsiasi ora del giorno, si presentavano per perquisire la mia casa. Le loro vessazioni mi procuravano il voltastomaco ma  non mi arrendevo alla cattiveria umana di questa gente. Non lo sapevo ancora ma una forza dentro di me mi suggeriva di rialzarmi e di ritentare ancora. Anni dopo compresi che la forte determinazione proveniva dal Signore.

 “Ma tu sei un Dio pronto a perdonare, misericordioso, pieno di compassione, lento all’ira e di grande benignità.”  Nehemia 9:17

Ricominciavo da zero trovando lavoro e conducendo una vita come tante altre brave persone ma benché fui apprezzato per il lavoro vi era sempre un fattore dirompente che  frantumava le buone intenzioni e il corso regolare  di una nuova vita.  Nel mio cammino fui costretto ad accettare numerosi compromessi e a subire ingiustizie e abusi e  più mi affaticavo per   risalire la china, più le avversità si abbattevano su di me e sulla mia famiglia  Lottavo per stare a galla,  ero stanco e afflitto e col passare degli anni mi resi conto che i veri ladri stavano fuori dalle mura carcerarie e alcuni di coloro eletti a tutelare e difendere le leggi, si rivelarono  più disonesti degli stessi  individui delinquenziali . Un giorno  un’auto in retromarcia m’investì fracassandomi il ginocchio, l’autista disse che non mi vide. Mi affidai a un legale, ma in seguito per risparmiare ne nominai altri cinque dopo sei rinvii, l’ultimo difensore si rivelò un truffatore e per non essere perseguito penalmente per associazioni per delinquere, fui costretto ad accettare la proposta dell’assicurazione che mi liquidò con poche migliaia di lire. Oltre al danno la beffa! La mia famiglia ed io conoscemmo il deserto e  le difficoltà economiche divennero  una condizione  che ci misero in ginocchio. Mia moglie lavorava estenuamente e a motivo della stanchezza era sempre nervosa, i miei figli furono perseguitati sul lavoro ed io non potevo intervenire nell’aiutarli,  essendo invalido. Mi sentii storpio e inutile più di quanto fossi e  le stampelle che mi sorreggevano,  per gli abitanti del paese furono  un appiglio per umiliarmi, insultarmi, e beffeggiarmi. Spesso la rabbia e il desiderio di vendetta mi coglievano, sapevo che avrei potuto interrompere i loro atteggiamenti da bulli, ma il pensiero dei miei figli mi fermava e i brutti pensieri svanivano velocemente quando invocavo il Signore che era già all’opera,  preparando una  via che mi avrebbe portato a incontrarlo.

“Se diciamo di avere comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità;  ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, abbiamo comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi.” 1 Giovanni 1:6-8

Un pomeriggio portai mia nipote a vedere le tartarughe  al parco del paese, mentre la piccola correva lungo i viali, vidi dalla panchina dove ero seduto alcune persone in gruppo che parlavano. M’incuriosii e volli avvicinarmi, captai poche parole mentre una donna si avvicinò e mi parlò di Cristo Gesù,  il marito e  un altro uomo sopraggiunsero poco dopo. Li ascoltai con vivo interesse  perché attendevo una risposta dal Signore, pregarono per me ed io mi unii alla loro intercessione. M’invitarono al culto domenicale  cui partecipai . Rammento ancora oggi l’emozione di quella domenica, venni folgorato dai cantici, dalle musiche, dalle lodi e dalla adorazione. Sentivo  la  Presenza Divina, ne gustavo  il Suo intenso profumo.  Gesù era fra le sedie, era nell’assemblea, era così vicino da respirare  intensamente la Sua potenza.  Cominciai a piangere e le lacrime uscivano senza vergogna, il mio cuore si  frantumava in tanti pezzettini,  esattamente come si frantumò  il cuore del Padre, durante tutti gli anni in cui avevo disonorato e respinto  la Sua esistenza. Tornai e frequentai assiduamente e ogni volta fiumi di lacrime di gioia invasero il mio viso,  liberandomi  da quei pesi che mi schiacciavano. Con l’andare del tempo desiderai  intensificare la conoscenza di quel Padre meraviglioso che non mi aveva mai perso di vista ma che più volte aveva bussato al mio cuore, ma essendo troppo preso dalle mie faccende, non notavo la Sua immeritata benevolenza. Chiesi perdono dei miei peccati e  una sera mentre ero in stretta relazione con Lui, compresi che dovevo dare un segno efficace, prendendo  le distanze  da un’esistenza spesa nel malaffare, Buttai l’arma che  aveva procurato tanta sofferenza alla mia famiglia e a me. Il Signore stava lavorando in me, nella Sua infinità bontà mi stava cambiando lentamente  senza forzature, ed io mi lasciavo forgiare secondo la Sua volontà. Alcuni giorni  dopo testimoniai dinanzi a tutta la fratellanza  di come il Salvatore delle anime si era preso cura di me permettendo un cambiamento radicale tanto da sorprendere chi conosceva il vecchio uomo. LA MIA VECCHIA NATURA APPARTIENE AL PASSATO  e a volte mi capita di immaginare quale sarebbe stata la mia fine se non avessi incontrato Dio. Dopo poco tempo anche mia moglie si arrese a Gesù e  insieme scendemmo nelle acque battesimali e insieme serviamo il Signore.

“Ecco, la mano dell’Eterno non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo duro per udire. Ma le vostre iniquità hanno prodotto una separazione fra voi e il vostro DIO e i vostri peccati hanno fatto nascondere la sua faccia da voi, per non darvi ascolto”. Isaia 59:1-2

 

Lella Francese

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook