Dipendenza da Internet, dai social o dall’essere tagliati fuori? Nomofobia

Sempre più spesso emergono nuove e significative problematiche legate alle dipendenze comportamentali. E nel parlare di dipendenze comportamentali non possiamo non fare riferimento al manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM 5) che nel 2013 ha proposto di includere, in esso, la Dipendenza da Internet, che a tutt’ora non è stata riconosciuta come un vero e proprio disturbo, mentre la Dipendenza da Giochi online è stata inserita nell’Appendice al DSM 5 come disturbo da approfondire e studiare (Weinstein, A., et al., 2014). Ad un occhio attento potrebbe apparire una contraddizione poiché il gioco online è fattibile attraverso piattaforme che utilizzano internet (rete di comunicazione). Ad essere incriminato allora è internet che diventa il contenitore di informazioni e disinformazione, di notizie vere e fake news, di social quali Facebook, Instagram, Tik Tok, Clubhouse, Whatsapp, ecc…? Si deve parlare di dipendenza dai social o da internet? Il dato non è ancora stato sviluppato in letteratura, pur tuttavia gli studiosi si concentrano di volta in volta su segmenti di piattaforme che, ognuna, a modo proprio stimola la dipendenza nei suoi più svariati aspetti psicofisiologici.  Dal desiderio di apparire al desiderio di riscatto, attraverso la rete. Internet diventa una vera e propria finestra virtuale mentre siamo affacciati come  spettatori passivi. Da un lato osserviamo il mondo, dall’altro ricerchiamo una conferma a noi stessi (Riccardi. P., Psicoterapia del cuore e Beatitudini, Ed Cittadella 2018). Di base, secondo una considerazione di più profonda lettura psicoanalitica si maschera un inconscio desiderio di far parte, di appartenere, che se da un lato rientra nella genetica dei comportamenti umani, vedi gli studi sul legame di attaccamento nelle specie; dall’altro sviluppa dipendenza. Ogni forma di dipendenza porta in sé la paura; quella di non dipendere, di non farcela da soli; di non essere capace di riuscire ad esistere senza l’oggetto del desiderio. La dipendenza dai social, che ripeto, si sviluppa attraverso la rete, non può essere affrontata se non si comprende quello che gli studiosi dei comportamenti sociali hanno definito con l’acronimo FOMO (Fear of missing out) che tradotto è la “paura di essere tagliato fuori”. Comunemente definita anche ‘Nomofobia’ o ‘NO Mobile Phone PhoBIA’ per descrivere una condizione psicologica che può svilupparsi nella paura di non essere collegati in rete.

Oramai, quotidianamente e per un numero cospicuo di ore passiamo il tempo a vedere chi ha letto il nostro post, chi ha risposto alla nostra chat, chi ha messo il like ai nostri video o immagine postata ecc…. In linea di massima ognuno cerca di sapere da chi e da quanti è stato cercato. È possibile dipendere da questo aspetto? Purtroppo i social, così come internet, è entrato nel nostro ritmo di vita, per lavoro o per piacere è diventato il tramite di contatti con gli altri. La rete consente, attraverso un social, uno strumento indispensabile per chi si vuole sponsorizzare per un lavoro a chi cerca l’anima gemella. È utile al narcisista che cerca una conferma al suo grandioso Io come al dipendente che cerca di sentire di appartenere a qualcosa o qualcuno. Secondo le statistiche del Global Digital Report del 2019, si passano in media 2 ore e 16 minuti al giorno con un numero maggiore nelle giovani popolazioni.

 Il dato preoccupante è che l’accessibilità ad internet, e di conseguenza ai social, è di una facilità strabiliante basta accedere alla rete anche attraverso il proprio smartphone e in qualunque circostanza. Ce lo portiamo a letto, dentro al bagno, dentro i luoghi di silenzio interiore e tal proposito possiamo dire che la nostra mente, i nostri pensieri non riposano mai. Questa facile accessibilità diventa quello che in psicologia viene studiato “automatismo” ossia certi atti compiuti meccanicamente, senza partecipazione della coscienza, né della volontà (Dizionario Treccani). Senza avere un controllo sui propri gesti, sul proprio pensare mettiamo in atto strategie di collegamento alla rete; una dipendenza inconscia che annulla la volontà umana, questa grande virtù definita dall’antropologia cristiana cattolica “discernimento” (Piccardi. P., La dimensione amorosa tra intimità e spiritualità, Ed D’Ettoris 2021). Senza discernimento siamo intrappolati nella dipendenza che alimenta un uso e abuso smoderato, della rete e dei conseguenti social.

Abituati a vivere di rete vivere fuori da essa, significa vivere anche al di fuori della “rete socializzante”. L’uomo di per sé è un essere sociale quindi deve far parte ed ognuno sente la paura di non far parte, di non essere preso in considerazione, di non esistere. Segni e criteri questi del disturbo dipendente.

L’aspetto psicologico per affrontare questo disturbo è il discernere la fantasia del virtuale dal reale, il comprendere il bisogno di sicurezza dalla fantasia di apparire a tutti i costi per sentirsi accettati (Riccari P., Ogni vita è una vocazione Per un ritrovato Ben-essere Ed. Cittadella 2014).

Emerge ed urge una politica educativa all’uso e utilizzo di internet, alla gestione del tempo libero, ad una politica psicologica che aiuti la persona a scoprirsi che una sana personalità non ha bisogno del giudizio.

Pasquale Riccardi

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