Essere comunità. Una scelta di giustizia

Roma (NEV), 2 gennaio 2023  – “In questo tempo dove l’acquisto veloce ed economico ha spazzato via il rapporto tra commercianti e clienti, che arricchiva una rete umana, sociale, così importante per il quartiere, rifletto su quanto tutto questo ci sia di aiuto o se forse ci stia rendendo maggiormente soli e impoveriti”. Questo è uno stralcio della lettera che la signora Cristina ha affisso sulla saracinesca di quello che è stato per trent’anni il suo negozio di ferramenta in una via della periferia nord di Milano. Da oggi il suo negozio non c’è più, come quelli di tanti esercenti, che negli ultimi anni hanno dovuto chiudere, lasciando i propri locali, in affitto in case popolari, perché altri sono i programmi: in particolare i locali vengono venduti ad uso di abitazioni private.
Lungo la strada dove si trovava la ferramenta si vedono solo saracinesche chiuse, da una parte, e palazzi fatiscenti dall’altra, simboli di un’edilizia popolare che non è mai stata oggetto di manutenzione. Proprio come non lo è stato il tessuto sociale del quartiere, lo stare insieme delle persone, il loro benessere. La povertà non piace a chi ha il potere di governare, che lascia insinuarsi, cinico, il pensiero sul merito, sulla competizione giusta, sul fatto che “a Milano, la casa, il lavoro, bisogna meritarseli”. E non solo a Milano. Si chiede alle famiglie povere, quelle che abitano nelle case popolari, di andar via, si progettano vendite di immobili a privati, questo è il bilancio che si vuole chiudere in pareggio.
Ma i conti non tornano.
La domanda che preme oggi è: che visione vogliamo avere del nostro stare insieme? “La questione della povertà riguarda l’idea di Paese che vogliamo essere” afferma la prof. Enrica Morlicchio, sociologa economica, intervistata su Radio3. Il problema è anche culturale. Non ci interroghiamo abbastanza su qual è il livello di ingiustizia sociale che siamo disposti ad accettare. Fino a quando?
Nel viaggio all’interno delle Scritture bibliche, ogni volta che il potere non tiene conto dei piccoli e delle marginali, ogni volta che lo straniero, l’orfano e la vedova sono esclusi dalla centralità delle politiche, accade qualcosa di destabilizzante proprio a partire da chi il potere non considera: all’inizio del libro dell’Esodo, le levatrici ebree fanno nascere i bambini nonostante l’ordine di faraone di ucciderli, proprio una straniera come Rut ricorda la fede e la comune umanità al popolo che vuole vietare per legge matrimoni con donne straniere. Quando il potere si fa mortifero, poi, in mezzo proprio alle contraddizioni e alla violenza, nasce un bambino, Dio stesso si fa solidale fino in fondo all’umanità. I poveri lo riconoscono, i pastori, e non ne hanno paura, cantano per lui Gloria! Il mio augurio per l’apertura di un nuovo anno, sta in una conversione dello sguardo, il pensiero e l’azione rivolta al bene comune di ciascuna e ciascuno di noi, il bene della comunità di cui tutti e tutte facciamo parte, anche i politici, anche chi amministra, assieme alle più piccole e ai più piccoli. Per fare tornare i conti, a vantaggio delle vite, tutte.
Nella foto, le saracinesche della nostra comunità, situata nella stessa via della ferramenta.
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