DAMASCO – Il pastore Edward confida a Porte Aperte (l’organizzazione internazionale evangelica a sostegno della Chiesa perseguitata) che nella capitale siriana circa il quaranta per cento dei membri della sua chiesa hanno lasciato il Paese da quando è iniziato il conflitto due anni e mezzo fa. Immaginiamo: quattro membri su dieci della nostra chiesa che vanno via in un periodo così breve. Ciò significherebbe una perdita importante per qualsiasi congregazione. Eppure questa è la situazione reale delle chiese in Siria, come in questo esempio riportato da Damasco. Le persone che hanno i mezzi finanziari e, soprattutto, che hanno contatti con l’estero lasciano il Paese.
Il pastore Edward sa che nella sua chiesa altri credenti sono in attesa dell’opportunità di lasciare la Siria. «Stanno ancora cercando di trovare un posto dove andare». Le persone che sono partite, non hanno lasciato però i servizi della chiesa scoperti. «No, vediamo nuove persone venire in chiesa. Molte delle famiglie che visitiamo e aiutiamo con una fornitura mensile di cibo partecipano ora ai nostri culti».
Anche se non ci sono combattimenti in corso nella zona centrale di Damasco, in diverse zone della periferia i combattimenti sono una realtà quotidiana e nessuno può sfuggire al suono lontano di esplosioni e sparatorie.
In ogni caso la vita va avanti per molte persone nella capitale. «Ma il loro reddito vale sempre meno, la sterlina siriana ha perso il settantacinque per cento del suo valore a causa dell’inflazione enorme. Dopo due anni e mezzo la maggior parte delle persone soffrono economicamente e sono emotivamente traumatizzate». Il pastore racconta anche “un lato più luminoso”, come lo definisce lui. «Le persone che frequentano la Chiesa sono più vicine al Signore e tra di loro».
L’attività di soccorso continua. «La distribuzione – dice Edward – dei generi alimentari attraverso la nostra chiesa è ancora in corso anche se è sempre più difficile a causa del rischio più elevato e dell’indisponibilità dei materiali. In alcuni casi ci vogliono anche un paio di settimane per ottenere alcuni degli articoli da inserire nei pacchetti di cibo, ma, grazie a Dio, ci sono persone impegnate che continuano a collaborare e il pacchetto di aiuti resta una delle poche cose buone che molte famiglie sfollate ricevono. Le squadre che fanno visite ai profughi stanno ancora facendo il loro lavoro meraviglioso e offrono supporto fisico ed emotivo».
Il pastore è grato per il sostegno che riceve il lavoro di soccorso che svolge la sua chiesa. «Grazie molte per le vostre preghiere e la vostra preoccupazione. Noi, come Chiesa in Siria, apprezziamo il vostro aiuto e sostegno».
Vuole restare in Siria il pastore Edward: «Mia moglie e io abbiamo un profondo senso di pace e siamo entrambi convinti che questa pace è il dono di Dio, in modo che possiamo rimanere nel Paese per incoraggiare il nostro popolo e alleviare, almeno in parte, le sofferenze. Vediamo la mano di Dio nella chiesa e desideriamo rimanere. Noi crediamo che Dio ci aiuterà a superare le sfide che incontriamo sulla nostra strada. Sentiamo un forte senso di responsabilità e consideriamo un privilegio soggiornare qui in questi tempi. Attraversiamo tempi difficili, ma abbiamo fiducia nella mano sovrana di Dio e nella sua bontà».
Fonte: Porte Aperte
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