Far udire la voce protestante

Minoritario, discreto, privo di un’unica voce, il protestantesimo è poco udibile nella società ipermediatizzata. Ma quando viene ascoltato, la sue parole sono giudicate autorevoli e credibili. Le cifre sono eloquenti. Secondo l’istituto di ricerca svizzero Media Tenor il 90% delle informazioni religiose riprese dai telegiornali europei e americani negli ultimi due anni concerne la sola Chiesa cattolica romana. Soltanto il 9% riguarda il protestantesimo. “La nostra indagine mostra chiaramente che le chiese protestanti non giocano alcun ruolo per i media”, constata Christian Colmer, responsabile degli studi di Media Tenor. “Nemmeno nei paesi a maggioranza protestante come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna”.

La situazione in Francia
In Francia il protestantesimo visto sul piccolo schermo (eccezion fatta per le trasmissioni dedicate) sfiora lo 0%! Constatazione analoga per la stampa scritta da parte di Blandine Chelini-Pont, professore di storia contemporanea presso l’università di Aix-Marsiglia: “Il protestantesimo in Francia resta il parente povero della stampa scritta, nazionale e regionale. Suscita appena qualche articolo in più del buddismo”. Aude Millet-Lopez, responsabile della comunicazione della Federazione protestante di Francia, ribadisce che i protestanti “comunicano regolarmente con la stampa – e non soltanto con quella religiosa – inviando prese di posizione e comunicati ai quotidiani nazionali. Ma senza grande successo, è vero”.

Un discorso razionale
Perché la stampa non li riprende? Caporedattore incaricato di religioni al Figaro, Jean-Marie Guesnois spiega: “Il discorso protestante è sempre troppo razionale, sfumato, istituzionale. Raramente c’è una parola forte, decisa, netta, drastica su un fatto sociale. Dunque una parola udibile”. Un handicap in un mondo in cui ciò che è importante è definito dai media a partire da immagini e frasi d’impatto.
Come spiegare questa mancanza di udibilità? “Tra i protestanti c’è un fondo di discrezione che in qualche modo li dissuade dal comunicare”, constata Blandine Chelini-Pont. Nella società laica e secolarizzata, al contempo ignorante del fenomeno religioso e diffidente nei suoi confronti, il protestantesimo francese, religione minoritaria, avrebbe adottato, per riprendere l’espressione di Jean-Paul Willaime, “una strategia dell’interramento poco visibile”.
“C’è una ragione che mi sembra più fondamentale della discrezione per spiegare la mancanza di udibilità del protestantesimo”, aggiunge tuttavia Alain Gross, direttore generale dell’agenzia di comunicazione Aggelos. Secondo Gross, e difficile “rilasciare un messaggio chiaro e univoco in nome di una Chiesa o di una federazione di Chiese riconoscendo allo stesso tempo che tutti i membri di queste istituzioni non la pensano allo stesso modo!”

I media sociali
Martin Lutero e i riformatori del 16. secolo avevano compreso che l’utilizzo dei nuovi media della loro epoca – brevi pamphlet, volantini e persino ballate – permetteva loro di veicolare le idee della Riforma. Usando la lingua locale e non più il latino dotto, i riformatori erano capaci di rivolgersi all’opinione pubblica. Perché i protestanti odierni non fanno altrettanto, utilizzando i nuovi media?
“I media sociali sono soltanto uno strumento”, osserva criticamente Alain Gross. “Finché non avremo risolto la problematica di fondo del posizionamento non cambierà nulla. Anche lì è necessaria una strategia di comunicazione”.
Che strategia? “Quando si dice qualcosa nello spazio pubblico si pensa molto a parole di ordine etico, a prese di posizione su ciò che è bene e ciò che è male”, risponde Michel Bertrand. “Non dovremmo piuttosto dire, annunciare ciò che ci è peculiare, ciò che nessuno può annunciare al posto nostro, cioè il Vangelo? Forse invece di precipitarci verso i media per delle prese di posizione morali o sociali dovremmo riflettere su ciò che il Vangelo dice oggi senza temere di essere sfasati rispetto a certe ideologie dominanti. È questo scarto dalla norma che suscita interesse”.
Un’opinione che sembra essere condivisa dal giornalista Jean-Marie Guesnois: “La parola protestante ha una altissima credibilità, quando viene espressa. Si sa che è qualcosa di serio. Se la parola protestante non è facilmente udibile, essa è comunque, anche se rara, molto credibile”.

da: Voceevangelica.ch

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook