FATICA VANA?

Il Signore, parlando a Giobbe dello struzzo quale uccello senza perizia e discernimento, gli disse: “La sua fatica sarà vana, ma cio non lo turba” (Gb 39,16). E anche Salomone, facendo un bilancio della vita in genere, affermò che la fatica dell’uomo sulla faccia della terra, sebbene possa gratificare e appagare li per li, provoca spesso invidia negli altri ha come risultato la nullità, poiché la morte vanifica ogni cosa e si dovrà lasciare tutto ad altri, che di sovente non sapranno neppure apprezzare i suoi sacrifici e che, anzi, spesso disperderanno ogni cosa (Ec 1,3: 2,10s.19ss: 4,4: 9.9).

Anche il futuro Messia si poneva la questione di un ministero, che poteva essere invano: “E io dicevo: Invano ho faticato, inutilmente, per nulla ho consumato la mia forza ma poi trovò la risposta nell’Eterno: “E certo, il mio diritto è presso l’Eterno, e la mia ricompensa è presso al Dio mio (Is 49,4); E Dio gli confermo la buona riuscita (vv. 5ss). Similmente Paolo, dopo aver ricordato il passaggio da persecutore ad apostolo, disse: “Ora per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana: anzi, ho faticato più di loro tutti non già io, però, ma la grazia di Dio che è con me (1 Cor 15,10).

Similmente poté incoraggiare i credenti fedeli a essere fedeli persistenti e irremovibili nell’opera del Signore, sapendo che “la vostra fatica non è nulla nel Signore” v. 58). Egli era sicuro che, causa del comportamento coerente dei credenti, a cui aveva predicato Cristo, quando sarebbe comparso dinanzi al tribunale di Cristo, avrebbe avuto di che gloriarsi per non aver corso invano, né faticato invano (Fil 2,16). Ciò lo motivava con la sua squadra missionaria a sopportare fatiche e pene nell’opera del Signore (1 Ts 2.9).

ll timore restava che i credenti lontani da loro venissero tentati dal tentatore e ciò rendesse vana la loro fatica (1 Ts 3,5).

Nicola Martella

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