Era il 19 Novembre 1620, quando la nave Mayflowers (fiore di Maggio) approda in un nuovo continente che successivamente saranno gli Usa. Sulla suddetta nave ci sono i padri pellegrini, cioè quei religiosi che nel loro paese, l’Inghilterra erano perseguitati e che trovarono scampo nel nuovo continente, dando vita a delle comunità che nei secoli successivi diedero inizio al massiccio flusso migratorio che contribuì alla nascita ed allo sviluppo degli attuali Stati Uniti d’America.
Quelle nuove terre, però erano abitate da popolazioni indigene che erroneamente vennero chiamate indiani. All’inizio il neonato stato americano guidato da George Washington voleva convivere insieme alle tribù autoctone, anche perché era cosciente che quelle terre appartenevano a loro. I coloni, però, che si stavano spostando sempre più verso Ovest non la pensavano allo stesso modo, vedevano anzi le popolazioni dei nativi come un ostacolo al loro insediamento e volevano cacciarli dai loro territori. Gli indiani in questo modo vedevano ridursi i territori di caccia e quindi vedevano ridursi anche il loro principale sostentamento. Il consigliere del presidente Washington, Henry Knox, pensò allora di convertire gli indiani alla mentalità americana, che prevedeva l’adesione al cristianesimo, ma anche il cambiamento del loro modo di vivere, passando da una economia che prevedeva la caccia come fonte di sostentamento ad una economia che prevedeva invece l’agricoltura. Il progetto prevedeva che entro 50 anni la mentalità indiana si sarebbe trasformata in mentalità americana, e i suddetti sarebbero stati assimilati in essa, trasformandoli da una popolazione indigena e arretrata in una popolazione avanzata e progredita, con la stessa mentalità americana basata sulla proprietà privata, sulla competizione e sul progresso. All’inizio alcune tribù aderirono alla cosa, cedendo al governo federale molte delle terre, ma poi i bianchi divennero sempre più avidi, e gli indiani non volevano più che la loro cultura fosse inglobata da quella americana; gli indiani si rendevano sempre più conto dell’inganno a loro perpetrato, e cioè che l’integrazione avrebbe cancellato la loro cultura e che allo stesso tempo la maggior parte degli americani non li avrebbe mai accettati come concittadini dotati degli stessi diritti.
Al contempo, la vittoria sugli inglesi, aveva alimentato la convinzione che gli Stati Uniti fossero stati scelti da Dio per guidare il mondo intero e per questo motivo volevano occupare tutti i territori indiani rimasti. Gli indiani però si rifiutarono di cedere le terre e iniziarono così le guerre di sterminio sistematico. Durante gli anni che vanno dall’arrivo dei coloni al XX secolo, si calcola che sono stati sterminati circa 100 milioni di nativi indiani, insieme a loro morirono le loro tradizioni, la cultura e un habitat incontaminato.
Il cinema ha fatto molti film sulla questione delle guerre tra gli americani, i cosiddetti cowboy e gli indiani. Questi ultimi erano sempre dipinti come i cattivi e gli americani come i buoni; gli indiani come selvaggi, mentre i coloni come progrediti, i soldati erano le vittime e quindi quando vincevano, erano considerati degli eroi. La narrazione era a senso unico, ed era sempre vista nella prospettiva buoni e cattivi, dove i buoni erano sempre gli stessi ed i cattivi anche, dove i buoni erano gli Sati Uniti d’America, mentre i cattivi erano gli indiani. Peccato che la verità era molto diversa, e lo abbiamo visto. I cattivi o gli aggressori non erano gli indiani, ma erano gli americani; gli indiani erano quelli che si difendevano dall’aggressore, che non avevano altra scelta se non quella di combattere. Certo, quando si fa la guerra tutti sono cattivi o lo diventano, ma chi ha iniziato la contesa non erano gli indiani, ma erano gli americani, che erano avidi, che si sentivano i benedetti da Dio, quelli scelti da Dio per insegnare agli altri quale è il bene, quelli che portavano il progresso e il benessere. Gli indiani, essendo costretti a difendersi, hanno reagito al male con il male, hanno reagito alla guerra con la guerra.
Purtroppo gli Stati Uniti d’America, non hanno mai cambiato la loro politica, le loro convinzioni, hanno sempre continuato a credere di essere il popolo scelto da Dio per guidare il mondo, hanno sempre pensato di essere gli sceriffi del mondo, i portatori del bene, un bene da imporre a chiunque e comunque, ad ogni costo. La loro storia è costellata di imprese del genere, ma come al tempo degli indiani, il loro vero scopo non è quello di fare del bene agli altri, ma è quello di fare del bene a loro stessi. Al tempo degli indiani, il loro scopo era quello di togliere la terra ai nativi per impossessarsene, e ci sono riusciti, all’inizio con la coercizione mentale, con la volontà di portare e fare accettare la propria mentalità, le proprie ideologie, poi, con coloro che si rifiutavano di accettarle, con la forza e la violenza, guardandosi bene dall’iniziare una guerra, ma agendo sempre con sotterfugi, con astuzia e con provocazione, aspettando che l’altra parte reagisse in modo violento per giustificare a sua volta una risposta violenta.
Gli Stati Uniti d’America hanno sempre pensato di essere i benedetti da Dio, fin dall’inizio della loro presenza nel continente americano. Questa ideologia, ha poi preso corpo nella dottrina Monroe e nel concetto di Destino Manifesto intorno al 1845. Questo concetto sottolinea il ruolo che la provvidenza ha assegnato alla nazione americana di guidare il mondo verso un futuro nuovo e migliore, secondo il seguente assunto: ‘ la nazione alla quale era stato concesso di vedere la luce, destinata a mostrare il cammino ai paesi storicamente retrogradi, poiché aveva il compito di svilupparsi ed espandersi in tutta la sua potenzialità grazie al dono divino della più alta perfezione morale inimmaginabile ‘.
A distanza di molti anni le cose non sono cambiate, gli Usa sono sempre i buoni, gli altri i cattivi, la narrazione della presunta verità è sempre a senso unico, lo scopo è sempre lo stesso, i metodi con cui ottenere lo scopo sono sempre gli stessi, cercare di imporre la propria visione, la propria mentalità con la coercizione mentale, e poi con coloro che non la accettano, con la violenza, ma sempre mascherata da risposta come giusta causa.
Davide Dolce
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