I pericoli e rischi della chemioterapia

11066550_868146103258116_7853215853377579052_nUna grande ricerca scientifica, inserita nel più grande database medico ufficiale al mondo (www.pubmed.gov). E’ quella a firma di Grame Morgan (professore associato di radiologia al Royal North Shore Hospital di Sidney), Robyn Ward (professore oncologo all’University of New South Wales), Michael Barton (radiologo e membro del Collaboration for Cancer Outcome Research and Evaluation del Liverpool Health Service di Sidney).

Il professore Ward fa anche parte del comitato che stila le raccomandazioni sull’efficacia dei farmaci per il Governo australiano (Therapeutic Goods Authority of the Australian Federal Department of Health and Aging).
Tale ricerca (“The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5-year survival in adult malignancies”, Il contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a 5 anni dei tumori in adulti) è stata pubblicata su una delle più prestigiose riviste di oncologia del mondo: la Clinical Oncology nel dicembre 2004.
Il loro meticoloso studio si è basato sulle analisi di tutti gli studi clinici randomizzati (RTC) condotti in Australia e negli Stati Uniti, nel periodo da gennaio 1990 a gennaio 2004. Analisi che ha interessato 225.000 persone malate nei 22 tipi di tumori più diffusi, e “curate” solo con chemioterapia.

Quando i dati erano incerti, gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della chemioterapia. Nonostante questo, lo studio ha concluso che la chemioterapia non contribuisce più del 2% alla sopravvivenza!

Australia       > sopravvivenza del 2,3%

Stati Uniti     > sopravvivenza del 2,1%

«Molti medici continuano a pensare ottimisticamente che la chemioterapia citotossica possa aumentare significativamente la sopravvivenza dal cancro», scrivono nell’introduzione gli autori.
«In realtà – continua il professor Grame Morgan – malgrado l’uso di nuove e costosissime combinazioni di cocktails chimici… non c’è stato alcun beneficio nell’uso di nuovi protocolli».

Gli autori hanno messo in evidenza che, per ragioni spiegate nello studio, i risultati raggiunti (circa il 2%) dovrebbero essere visti come il limite massimo di efficacia!
Questi sono i dati che purtroppo si avvicinano di più alla triste realtà dei malati oncologici che seguono i protocolli ufficiali. D’altronde non è così strano se ci pensiamo attentamente: utilizzando sostanze altamente tossiche e pericolose per la vita (sostanze alchilanti, mostarde azotate, cisplatino, carboplatino, ecc.) come pretendiamo di avere dei risultati positivi?

Un’altra importante ricerca è quella del dottor Ulrich Abel un epidemiologo tedesco della Heidelberg/Mannheim Tumor Clinic.
Questo ricercatore chiese a circa 350 centri medici sparsi nel mondo, l’invio di tutti gli studi ed esperimenti clinici sulla chemioterapia.
L’analisi, come si può immaginare, durò parecchi anni, alla fine quello che risultò è la non disponibilità di riscontri scientifici in grado di dimostrare che la pratica della chemioterapia prolunghi la vita in modo apprezzabile.

LA CHEMIO SOSTIENE LA CRESCITA TUMORALE
La rivista Nature ha pubblicato il 5 agosto 2012 uno studio intitolato: “Treatment-induced damage to the tumor microenvironment promotes prostate cancer therapy resistance through WNT16B” .
Questo studio spiega che la chemioterapia usata per combattere il cancro in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune’ il tumore a ulteriori trattamenti.

Analizzando gli effetti di un tipo di chemioterapia su tessuti raccolti da pazienti affetti da tumore alla prostata, sono state scoperte “evidenti danni nel Dna” nelle cellule sane intorno all’area colpita dal cancro.
Queste ultime producevano quantità maggiori della proteina WNT16B che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La scoperta che “l’aumento della WNT16B…interagisce con le vicine cellule tumorali facendole crescere, propagare e, più importante di tutto, resistere ai successivi trattamenti anti-tumorali…era del tutto inattesa”, ha spiegato il co-autore della ricerca Peter Nelson del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle nello stato di Washington.

“I nostri risultati – hanno spiegato i ricercatori – indicano che il danno nelle cellule benigne può direttamente contribuire a rafforzare la crescita ‘cinetica’ del cancro”, e questo ha trovato conferma anche nei tumori al seno e alle ovaie.
Detto in parole povere: la chemioterapia può “rafforzare la crescita del cancro”

GLI ONCOLOGI SI FAREBBERO LA CHEMIO?
Dopo quanto detto, sorge spontanea una domanda: i medici oncologi, quelli che usano ogni giorno i farmaci su altre persone, se avessero un tumore si farebbero la chemio?
La risposta arriva nel marzo 2005 dal Senato australiano quando è stata presentata una “Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro”, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St. Leonards di Sydney.
Secondo tale inchiesta, alcuni scienziati del McGill Cancer Center di Montreal in Canada, inviarono a 118 medici, esperti di cancro ai polmoni, un questionario per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro applicate, nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia.

Risposero 79 medici, e 64 di loro NON avrebbero acconsentito a sottoporsi ad un trattamento che contenesse Cisplatino (un chemioterapico molto utilizzato).
Non solo, ma 58 dei 79, reputavano che tutte le terapie sperimentali in questione fossero inaccettabili a causa dell’inefficacia e dell’elevato grado di tossicità!

Un risultato eclatante: l’81% degli oncologi intervistati, in caso di tumore, non si farebbero somministrare un chemioterapico, mentre il 73% di loro reputano addirittura le “terapie sperimentali inaccettabili per l’elevato grado di tossicità”.

Oggettivamente il numero dei medici intervistati non è molto elevato, ma rimane interessante sapere che gli oncologi che usano ogni giorno la chemio su altre persone, non la userebbero per sé stessi…
Questa percentuale è però sovrapponibile a quella che riguarda i medici che si ammalano di cancro: tre su quattro rifiutano la chemio.

Ecco alcune loro dichiarazioni.
“La maggioranza dei pazienti oncologici in questo paese (USA, ndA) muoiono a cause della chemioterapia, che non cura il cancro al seno, al colon o al polmone. Ciò è documentato da 10 anni, e tuttavia la medicina ancora adotta la chemio per combattere questi tumori”. (Allen Levin, medico dell’Università della California).
“Se un giorno contrarrò il cancro, non mi sottoporrò mai a certi protocolli standard per la terapia di questo male. I pazienti tumorali che stanno alla larga da questi centri hanno qualche probabilità di cavarsela”. (Prof. George Mathe, Medicine Nouvelles)
“I noti pericolosi effetti collaterali di questi farmaci (chemio, ndA) sono diventati la quarta causa di morte, dopo l’infarto, il cancro e il colpo apoplettico” (Journal of the American Medical Association, 15 aprile 1998).

Infine c’è l’emblematico caso del dottor Sidney Winaver, oncologo direttore del laboratorio di ricerca per il cancro al Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, uno dei centri di ricerca più prestigiosi al mondo. Dopo aver praticato per decenni la chemioterapia, un giorno il cancro viene diagnosticato a sua moglie. Come scriverà più tardi nel libro “Dolce è la tua voce”, edito da Positive Press, deciderà di non sottoporla a chemio o radioterapia, affidandosi alla somatostatina (la terapia del prof. Luigi Di Bella).
La moglie guarirà…

Marcello Pamio – tratto dal libro “Cancro spa”

da: disinformazione.it/

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