Secondo un antichissimo mito, raccontato da Platone, il pudore sarebbe uno dei due pilastri su cui si basa la civiltà. Quando fu creato il mondo – dice quel mito – gli esseri umani non erano capaci di vivere insieme. Per permettere agli esseri umani di vivere insieme, gli dèi decisero di dare all’umanità due virtù: la giustizia e appunto il pudore.
Con il termine “pudore” noi intendiamo l’attenzione per l’altro, il rispetto dell’intimità del prossimo. Il pudore è anche una forma di protezione dell’essere umano, è il segno che c’è un segreto nell’essere umano che non può essere ridotto allo sguardo che noi posiamo su di esso. E questo concerne in modo particolare l’inizio e la fine della vita, la sessualità e la morte.
Nell’insegnamento sulla preghiera, nel sermone sulla montagna, Gesù comincia dicendo: “Quando vuoi pregare, entra in camera tua e chiudi la porta. Poi, prega Dio, presente anche in quel luogo nascosto”. La preghiera è qualcosa di personale, di intimo. All’estremo opposto del raccoglimento e della segretezza della preghiera c’è la violenza del torturatore che denuda le sue vittime per umiliarle, ci sono i video delle esecuzioni, c’è Cristo che muore nudo sulla croce.
Nella Bibbia, la nudità che evoca la trasparenza delle relazioni è assimilata al regno di Dio. La troviamo nel giardino dell’Eden, nel quale “l’uomo e la donna erano nudi, ma non avevano vergogna”.
Nell’evangelo secondo Tommaso, un evangelo apocrifo che ha molti punti in comune con gli evangeli canonici, i discepoli interrogano Gesù per sapere quando saranno nella beatitudine. E ottengono questa risposta: “Quando vi spoglierete senza vergogna, quando deporrete i vostri abiti e li metterete sotto i vostri piedi, come fanno i bambini, e li calpesterete, allora vedrete il Figlio del vivente, senza alcun timore”.
Se la nudità è il tratto caratteristico del regno di Dio, il pudore è ciò che contraddistingue il tempo in cui viviamo. In nome del regno, noi possiamo alle volte deporre il nostro pudore e condividere la nostra intimità: gli amanti si spogliano e si mostrano nudi l’uno all’altro, ma con precauzione e nel quadro di una fiducia reciproca. La fiducia reciproca non è il contrario del pudore, ma la sua conseguenza.
C’è fiducia solo perché c’è qualcosa di nascosto. Viceversa, quando tutto è svelato, quando tutto è messo a nudo, quando l’intimità è mostrata in pubblico, non è detto che ci sia più libertà. Forse c’è solo il vuoto.
(questo testo è stato diffuso nell’ambito del programma Tempo dello Spirito, in onda ogni domenica, su RSI Rete Due, alle 8.05 ca.; vai al http://www4.rsi.ch/ del programma)
(Paolo Tognina)
Fonte: http://voceevangelica.ch/
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