Foto di classe scattata al termine dell’anno scolastico e Miles, un bambino disabile di sette anni, in disparte rispetto ai suoi compagni. In disparte rispetto agli altri proprio perché disabile. O almeno è questo che la madre di Miles ha pensato quando ha visto la foto. Una circostanza che l’ha indignata e che l’ha spinta a denunciare quanto accaduto. Miles è un bambino malato di distrofia muscolare spinale da quando aveva appena 13 mesi, la sua storia e è stata raccontata dalla madre al quotidiano britannico Daily Mail.
Ciascuno di noi può di certo ricordarsi momenti particolari di grande gioia di una vita scolastica passata, soprattutto, quando poi si è grandi è ci troviamo a guardare una vecchia foto con i compagni di scuola. La gioia è veramente importante! È forse uno degli impulsi più importanti per la nostra vita; ed è importante che questa gioia la riceva pure il piccolo Miles.
È straordinario quante cose la gioia può mettere in moto, ma nel caso di quel bambino quando si rivedrà, nella foto, lontano dai suoi compagni ma non lontano dalla sua carrozzina e dall’immobilità, allora i suoi occhi non saranno pieni di gioia, bensì di dolore che si trasformerà in solitudine.
Mentre, l’insegnante incurante della gioia del bambino sta a distanza c’è lì c’è Uno, invece, che è vicino a Lui e che duemila anni fa disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, e non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro. Quando si è ripieni di gioia, allora si è anche pronti ad affrontare difficoltà; allora si riesce a compiere tutto più facilmente, anche le faccende giornaliere che sono spesso noiose. Se invece si agisce senza gioia, allora ogni cosa è incredibilmente faticosa e stancante. Ciò che vale per la vita giornaliera, ma vale similmente per la vita di fede, per la vita da cristiano.
Impariamo ad accogliere i bimbi come Miles nelle nostre foto e nella nostra vita affinchè possano trovare gioia insieme a noi; in Marco 9:37 troviamo scritto: «Chiunque riceve uno di questi bambini nel nome mio, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato».
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