India, voleva sposare un dalit 17enne impiccata dai fratelli

imagesL’India è una grande potenza economica ma da quello che quotidianamente vediamo che accade a donne e bambini, si è rivelata una potenza dai piedi d’argilla, celebrata retoricamente come la “piu’ grande democrazia del mondo”, ma solo per il numero degli elettori, perchè nella realtà,vige ancora in molte aree un rigido sistema castale discriminatorio e razzista, dove i diritti umani sono un optional, soprattutto per i cristiani perseguitati.Questa volta a farne le spese è stata una ragazza indiana di 17 anni,  Gomathi, che  è stata impiccata dai fratelli in casa nell’albero del loro giardino a Seevalaperi, villaggio dello Stato meridionale di Tamil Nadu, per essersi rifiutata di abbandonare l’idea di sposare un giovane dalit, appartenente cioè alla casta più bassa della scala sociale. Lo riferisce The Times of India. “L’omicidio a sangue freddo – scrive il giornale – è stato compiuto ieri da Murugan e Sodalaimuthu, i due fratelli di Gomathi, che hanno agito con la benedizione del padre Mayandi, di professione agricoltore”.

La ragazza, si è appreso, apparteneva ad una casta intermedia e lavorava in una fabbrica ittica di Tuticorin dove aveva conosciuto un coetaneo, Murugan, di cui si era innamorata.Quando la famiglia ha saputo che Gomathi voleva sposare Murugan, appartenente ai dalit (o paria) indiani, ha cercato di dissuaderla organizzandole un altro matrimonio. Ma per tutta risposta lei ha abbandonato tutto ed è fuggita con il suo amato. A questo punto i famigliari l’hanno rintracciata e convinta a tornare a casa promettendole di assecondare i suoi desideri. Ma una volta rientrata Gomathi è stata picchiata e impiccata con una corda nella sua stanza dai fratelli che hanno cercato di simulare un suicidio. La polizia, avvisata dagli abitanti del villaggio, è intervenuta ricostruendo la vicenda e arrestando i due fratelli assassini di 24 e 20 anni, che hanno prima negato, poi confessato il delitto.

Purtroppo in India, l’ideologia radicale induista si è sempre opposta all’uguaglianza sociale; se si sostengono le caste non si può parlare di cambiamento”. Il sistema delle caste e la discriminazione sono il vero volto delle forze ultranazionaliste indù.

Il sistema castale indiano, infatti, e’ diviso in 4 grandi categorie: in un rigido ordine di importanza su tutti prevalgono i kshatriya (re e guerrieri), seguiti dai brahmini (sacerdoti), i vaishya (agricoltori – come la famiglia della vittima – e mercanti) e gli shudra (i servi). A queste, anche grazie alla distibuzione urbana e demografica della popolazione e agli sviluppi della scolarizzazione scientifica, se ne sono aggiunte altre. In fondo, restano comunque e sempre i ‘dalit’, cui erano riservati compiti umilianti come la pulizia delle latrine, e che Gandhi ribattezzo’, ‘harijan’ (figli di Dio).

Se si sono sempre opposti all’uguaglianza sociale: come possono parlare di cambiamento, se la loro dottrina promuove una sola ideologia? Come possono parlare di cambiamento se sono i primi sostenitori delle caste, per colpa delle quali milioni di dalit vivono in condizioni patetiche?! Fino a quando esisterà la discriminazione, non potrà esserci reale sviluppo della società.

Quel che è ancora peggio, è la giustizia mascherata di cui sono vittime i dalit cristiani, per colpa della quale subiscono una doppia discriminazione. Nel 1950 il parlamento approvò l’art. 3 della Costituzione sulle Scheduled Caste: in base al quale la legge riconosceva diritti e facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale solo ai fuori casta indù. In seguito, nel 1956 e nel 1990, lo status venne esteso anche a buddisti e sikh, escludendo cristiani e musulmani.

In India, le condizioni di vita dei dalit cristiani non sono diverse rispetto a quelle degli altri fuori casta. È uno scherzo che la sola pratica di un’altra religione li escluda da tutti i pochi benefici di cui godono i fuori casta in un Paese laico e democratico come l’India.

 Pietro Proietto

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