“Io sono la via, la verità e la vita”.

La meravigliosa testimonianza di Fahit in Pakistan.
Fahit è nato in una famiglia musulmana, suo padre e suo fratello maggiore erano sacerdoti musulmani e naturalmente Fahit ha seguito i loro passi. Quando gli fu assegnata la prima moschea, il suo odio e la sua intolleranza verso i cristiani iniziarono a venir fuori. Ecco il suo racconto.
“Radunai tutti i giovani della mia moschea, pensavo che tutti i cristiani fossero infedeli; dicevo di picchiarli con bastoni e spranghe di ferro ovunque e senza alcuna pietà. Fino a quel giorno eravamo soliti raccogliere le Bibbie, strapparne tutte le pagine e bruciarle, come mi avevano suggerito di fare. In precedenti occasioni ne avevamo bruciate tante, però questa volta decisi di portarmene una a casa.
A casa iniziai a leggere la Bibbia cercando contraddizioni nella fede cristiana. Mentre leggevo, improvvisamente una grande luce apparve nella mia stanza e udii una voce chiamare il mio nome. La luce era così forte che riempì tutta la stanza e la voce disse: “Fahit perché mi perseguiti?”. Fui preso da grande paura e non sapevo cosa fare. Pensai fosse un sogno, così chiesi chi fosse a parlare e, a quel punto, sentii: “Io sono la via, la verità e la vita”. Per le successive tre notti la luce e la voce ritornarono e la quarta notte mi arresi e accettai Gesù Cristo come Salvatore”.
Dopo la sua conversione, Fahit ritornò dalla sua famiglia e dagli altri nella moschea per condividere gli eventi che gli erano accaduti durante quelle ultime notti. Secondo gli insegnamenti islamici, Fahit adesso era considerato un apostata e venne portato presso le autorità. Lui stesso ci racconta l’accaduto.
“Restai in prigione per due anni durante i quali una guardia continuava a torturarmi. In un’occasione mi legarono i capelli ad una corda e mi lasciarono appeso; mi tiravano anche le dita sperando di farmi abiurare la fede in Cristo. Sebbene abbia sofferto così tanto durante la mia cattura, non sentivo nessuna amarezza verso di loro, perché pochi anni prima io ero come loro. Mi processarono e durante il processo mi accusarono di blasfemia, e secondo la legge della sharia dovevo essere condannato a morte per impiccagione. Cercarono di forzarmi a rinunciare alla mia fede in Gesù Cristo assicurandomi che, se avessi collaborato non mi avrebbero più picchiato, umiliato e sarei potuto tornare libero. Non potevo rinnegare Gesù, Maometto non mi ha mai dato la pace che mi ha dato Gesù, sapevo che Gesù era la verità. Pregai che anche le guardie potessero conoscere Gesù Cristo”.
Fahit non aveva paura della morte, lui cercava di condividere la fede in Gesù Cristo con i suoi persecutori, quello in cui lui credeva, lo avrebbe dichiarato fino all’ultimo attimo della sua vita. Anche se loro non accettavano la fede cristiana, Dio aveva un altro piano. Un momento prima di impiccarlo, mentre già era con il cappio intorno al collo, arrivò un ordine proveniente dalla corte che decretava di liberare Fahit perché non c’era nessuna prova contro di lui. Fino ad ora, nessuno è riuscito a capire come sia potuta succedere una cosa del genere. Adesso racconta alle persone che Gesù lo ha visitato due volte “la prima volta quando perseguitavo i Suoi figli e la seconda volta quando stavo per essere impiccato”.
Fahit ha subito cambiato il suo nome in Lazzaro, testimoniando di essere scampato alla morte. All’inizio alcuni cristiani non l’avevano accolto, ma adesso lo hanno ricevuto nella loro famiglia, assistendolo nei viaggi in tutto il paese.
“Vivo in una nazione governata dal falso insegnamento dell’Islam. Il mio popolo è cieco e io sono stato scelto da Dio per essere la Sua voce. Le sofferenze sono nulla in confronto alla gloria finale e al conoscere Gesù che è “la via, la verità e la vita!”.
Francesco La Manna
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