Venuti alla luce molto prematuri nel settembre scorso, oggi i due piccoli sono perfettamente “vitali” nonostante le previsioni dei medici. Ecco un nuovo caso destinato a influire sul dibattito parlamentare intorno al limite dell’aborto legale.
Per la legge avrebbero potuto essere considerati “aborti tardivi”. Al massimo “feti” nel gergo medico. Ma per Nichola Baird e il suo compagno Colin, Kyle e Jake French, venuti al mondo dopo appena 23 settimane di gestazione, sono sempre stati, semplicemente, i loro bambini. È molto più di una questione semantica, soprattutto adesso che il Parlamento britannico ha riaperto il dibattito sulla proposta di riduzione dei termini legali dell’aborto, oggi consentito nel paese fino a 24 settimane di gravidanza. Ecco perché la coppia di Hebburn, 30 lei, 42 lui, ha deciso di raccontare la storia della nascita dei gemellini prematuri. Un caso concreto che può pesare sulla disputa più di mille pareri medici, come è stato per la piccola Lily Burrows.
PREPARATI AL PEGGIO. Erano felicissimi Nichola e Colin quando scoprirono al terzo mese gestazionale che si trattava di una gravidanza gemellare. Ma «la gioia si trasformò in paura solo tre settimane dopo l’ecografia alla ventesima settimana», ricorda Nichola riandando con la memoria al momento in cui le fu comunicato che i gemelli sarebbero nati di lì a poco. I medici avvertirono i genitori di prepararsi al peggio, ma il verdetto più duro arrivò appena prima del parto, avvenuto solo tre settimane dopo: «Ci dissero che prima della 24esima settimana erano classificati come non vitali e quindi di prepararci a ricevere brutte notizie».
LA NASCITA. Nonostante lo sconforto, Nichola continuò a sperare che i bambini sopravvivessero, anche se «sentivo che li stavano trattando come dei feti». Quando i piccoli nacquero, nel settembre scorso all’ospedale Queen Elisabeth di Gateshead, Newcastle, il primo ad essere partorito, Kyle, pesava 652 grammi, mentre il secondo, Jake, 623. Immediatamente dopo il parto Nichola fu trasferita insieme a Jake presso un’altra struttura ospedaliera, mentre Kyle fu portato all’ospedale James Cook a Middlesbrough, dove rimase due settimane prima di riuscire a vedere sua madre. «Non poter abbracciare i tuoi figli appena nati è stata la prova peggiore, non potevamo nemmeno toccarli all’inizio perché la loro pelle era molto fragile». Anche se poi, «quando li ho cullati insieme per la prima volta, è stato ancora più speciale perché avevo aspettato tanto per dar loro un abbraccio».
GIORNO PER GIORNO. Le condizioni dei gemellini, però, erano ancora precarie e ai genitori fu ripetuto più volte di aspettarsi il peggio. Entrambi i bambini dovevano essere sottoposti a un intervento chirurgico per chiudere le valvole cardiache: per Kyle i dottori stimavano una speranza di vita pari al 50 per cento, anche meno per Jake, che doveva subire un ulteriore intervento all’intestino, da sostituire, secondo i medici, con una sacca. Nonostante la buona riuscita delle operazioni le condizioni dei bambini restarono precarie: «Non sapere che cosa sarebbe successo – spiega Nichola – era terribile. Tutto quello che potevamo fare era pregare e aggrapparci ad ogni briciolo di speranza che avevamo. Vivemmo giorno per giorno».
Ma dopo 17 settimane in ospedale, finalmente i bambini sono potuti tornare a casa e nel tempo si sono rimettessi completamente. Oggi Jake e Kyle hanno raggiunto un peso normale e vivono senza bisogno di alcun sussidio medico. «Guardando indietro ora mi rendo conto di quanto siamo stati fortunati», dice Nichola commossa.
Benedetta Frigerio
Tratto da: http://www.tempi.it/
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