La Bibbia: uno strumento efficace per combattere il disturbo post-traumatico da stress

00Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è un disturbo caratterizzato da depressione o attacchi di panico ricorrenti. Si verifica a seguito dell’esposizione diretta a morte, minaccia di morte, o a un evento traumatico importante, o a seguito della sua esposizione indiretta. La persona che soffre di PTSD rivive in modo persistente l’evento traumatico mediante ricordi, incubi, flashback, vivendo un malessere emotivo e fisico. Questo porta la persona a evitare tutti gli stimoli che possono evocare il trauma. Inoltre, il PTSD si associa a pensieri negativi su se stessi, sul mondo circostante, isolamento, ma anche irritabilità e comportamento aggressivo. Tipicamente, il PTSD colpisce specifiche categorie, come i veterani o i carcerati. In quest’ultimo caso, si stima che l’incidenza del PTSD sia compresa tra il 4 e il 20% (quindi fino a un caso su 4!).

Combattere il PTSD, specie nell’ambiente carcerario, è importante per ridurre il tasso di suicidi in carcere e per favorire un clima e un’attitudine positiva finalizzati alla reintroduzione del detenuto in comunità. Alcuni lavori scientifici supportano l’influenza positiva che la lettura della Bibbia ha nel curare questo disturbo. Secondo Jan Grimell [1] la Bibbia racconta di numerosi uomini e donne che hanno vissuto una situazione traumatica (guerre, lutti, carestie, ecc.) che sono riusciti ad affrontare per mezzo dell’intervento di Dio. La lettura di questi episodi, di fatto, aiuta a iniziare un percorso di ricostruzione della propria identità, percorso che è alla base della guarigione. Questo approccio dovrebbe essere tenuto in considerazione dagli psicologi e da tutti coloro che, in qualche misura, si occupano del supporto e della salute dei carcerati.

Uno studio condotto negli Stati Uniti su 349 detenuti (di cui 210 trattati e 139 controlli non trattati) ha valutato attraverso un approccio metodologico di tipo scientifico se effettivamente la lettura della Bibbia e la fede in Gesù Cristo siano in grado di migliorare il profilo psicologico dei detenuti affetti da PTSD. I parametri, valutati mediante delle scale psicometriche, comprendevano misure “negative”, come dolore complicato, ansia, rabbia, ideazione suicidaria e aggressività interpersonale, e misure “positive”, come perdono, compassione, resilienza, gratitudine. Il trattamento consisteva nell’osservazione di un programma di cinque sessioni condotto da leader cristiani, finalizzato all’elaborazione del dolore e al recupero della speranza attraverso la meditazione della Scrittura. Al termine del programma, il gruppo trattato presentava un punteggio significativamente migliore dei parametri psicometrici rispetto al gruppo non trattato, dimostrando pertanto l’efficacia di questo approccio terapeutico, assolutamente a costo zero.

Sarebbe interessante poter condurre studi del genere anche nelle carceri italiane, in maniera da validare e introdurre questo approccio terapeutico. Ciò porterebbe a un miglioramento dello stato di salute fisico e mentale dei detenuti affetti da PTSD, facilitandone la reintroduzione in società.

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