La Bregaglia protestante e il suo pastore italiano

La Val Bregaglia è riformata, la confinante Italia cattolica. Tuttavia la valle del sud dei Grigioni recluta la maggior parte dei suoi pastori in Italia.

(Luzi Bernet) Non è Piazza Navona, ma è comunque un crocevia del mondo. Proprio dietro l’angolo, da Varlin, sono entrati e usciti per farsi ritrarre: Max Frisch, Friedrich Dürrenmatt, Hugo Loetscher. Per alcuni anni l’atelier di Varlin fu un punto di riferimento della scena intellettuale svizzera.
Siamo a Bondo, un bel villaggio all’ombra del Pizzo Badile tanto amato dagli alpinisti. È un pomeriggio tranquillo, rondini volteggiano per le vie, il villaggio è quasi deserto. Stefano D’Archino apre la porta della sua casa parrocchiale sulla piazza principale e ci invita a entrare. D’Archino è originario di Roma e dal 2012 è pastore in Bregaglia. No, non si sente fuori posto, i bregagliotti lo hanno ben accolto. I numerosi colleghi tedeschi nelle altre comunità ecclesiastiche dei Grigioni hanno avuto ben più difficoltà di lui ad ambientarsi.

La Riforma venuta dal sud
Ciò ha soltanto in parte a che fare con la lingua. Per un romano il “bargaiot”, il dialetto dei bregagliotti, rappresenta una sfida analoga al dialetto svizzero tedesco per un amburghese. No, ciò che agevola l’integrazione dei pastori italiani qui è la storia. Perché qui la Riforma non è arrivata dal nord, bensì dal sud. Esagerando un po’, l’odierna Chiesa Evangelica Riformata di Bregaglia è un’invenzione italiana, importata da profughi per motivi di fede nel 16. secolo.
Il pastore D’Archino può quindi riallacciarsi a una lunga tradizione quando nei paesi della valle predica, battezza, officia funerali e svolge le sue altre incombenze pastorali. Sono circa 1.100 i membri di chiesa riformati di cui si occupa. Da quando c’è stata la fusione delle comunità il 1. gennaio 2011, la domenica predica da due a tre volte nelle chiese tra Maloggia in Alta Engadina e Castasegna, proprio sul confine con l’Italia.
D’Archino ha studiato teologia presso la Facoltà valdese di Roma, il più antico istituto italiano in cui è possibile seguire studi universitari di teologia evangelica. In Italia i comuni ancora a maggioranza valdese si trovano nel Piemonte occidentale, mentre il resto dei valdesi italiani vive nella diaspora. I pastori devono spesso percorrere grandi distanze per occuparsi dei membri di chiesa sparsi sul territorio. D’Archino lo sa per esperienza personale. Prima di giungere in Bregaglia era pastore negli Abruzzi.

Spiccatamente protestante
Protestante in Italia? È paragonabile all’esperienza di un italiano che vive in una regione riformata svizzera di confine? D’Archino sorride. Sì, forse possiamo dire così. Ciò che unisce le due tappe della sua biografia è la dichiarata coscienza riformata. Fa parte di una identità e trova espressione in modo più distinto che altrove nello stile di vita, nella maniera in cui la responsabilità personale prevale sull’agire collettivo.
Nei fatti, la Bregaglia si presenta ai visitatori interessati come spiccatamente protestante. Le sue numerose chiese sono in gran parte disadorne e fanno affidamento soltanto sull’architettura e sull’atmosfera degli spazi. Soltanto a San Pietro, una chiesa nei pressi di Coltura, si trova un prezioso dipinto in stile floreale di Augusto Giacometti, lo zio dell’artista bregagliotto di fama mondiale Alberto Giacometti. Doveva assumere il valore di pietra miliare nel ritorno delle immagini nelle chiese riformate.
Tuttavia è poi finita lì. Con rammarico degli storici dell’arte, i bregagliotti hanno persino difficoltà ad accettare di riportare alla luce gli affreschi coperti. Un’eccezione è costituita dalla Chiesa di Bondo, al cui interno sono conservati affreschi protorinascimentali di recente restauro e che è posta sotto tutela come monumento storico. Si tratta di affreschi che dopo la Riforma, con la copertura a volta della navata e una nuova disposizione delle finestre e delle porte vennero, non del tutto casualmente, coperti e che furono riportati alla luce soltanto dopo il 1960.

Avviene l’opposto nella parte italiana della valle. Infatti il confine di Stato a Castasegna è anche un confine confessionale. E come poco più a monte si manifesta la fierezza riformata, così al di là del confine trova spazio la sua corrispondente espressione cattolica. “Là non conoscono i riformati”, dice D’Archino. Perché è così? Raggiungiamo in auto Chiavenna e andiamo a trovare il professore Guido Scaramellini, il presidente del Centro di studi storici valchiavennaschi. Ci riceve nel sontuoso Palazzo Pestalozzi, proprio al centro della cittadina. Fuori, al sole, gli abitanti del luogo si ritrovano per il caffè del mattino. Cicloamatori, bambini, cani, donne con buste della spesa piene animano la scena.

La Riforma, spiega il professore, arrivò ai tempi anche a Chiavenna, ma, a differenza della parte svizzera della valle, non trovò spazio e profondità sufficienti per attecchire. La Riforma rimase prerogativa di alcune famiglie patrizie, come per esempio i Pestalozzi, attive nel commercio e che disponevano della necessaria coscienza e forza per opporsi a imposte e tributi ecclesiastici. A quei tempi gli equilibri del potere politico a Chiavenna e nelle zone circostanti (Valtellina, Bormio) erano delicati in quanto queste regioni erano territori soggetti alle Tre Leghe. Nel 1620, nei territori soggetti di lingua italiana, si arrivò al cosiddetto Sacro Macello, la strage in cui gran parte della minoranza riformata lì residente fu sterminata o cacciata dai cattolici.

Torbidi grigionesi
Come conseguenza di tali eventi la regione divenne nel periodo dei Torbidi grigionesi teatro di guerra nel conflitto tra Francia e Spagna. Nel capitolato di Milano (1639) fu infine stabilito che Chiavenna restava paese soggetto dei Grigioni, ma con il divieto per tutti i non cattolici di soggiornarvi. Si separarono così le strade confessionali della Bregaglia e della cittadina di Chiavenna. Nel giro di due anni nella località di confine di Castasegna venne edificata una grande chiesa che offriva ai protestanti di Chiavenna e dintorni un luogo di appartenenza. Per i cattolici provenienti dall’Italia era invece tabù. Intanto le tracce della Riforma a Chiavenna andarono scomparendo. Un tempo c’erano due chiese, dice Scaramellini, riservate prima del Sacro Macello ai protestanti. Una di esse, Santa Maria, si può in effetti visitare ancora oggi. Tuttavia dopo la capitolazione di Milano venne rifatta con un barocco per così dire esuberante, con lo scopo di porre in questo luogo un chiaro segno.

Si spiega così il paradosso per cui la Bregaglia fu in realtà riformata dall’Italia, ma allo stesso tempo un netto confine confessionale continuò a separare la regione. L’anno scorso, ci dice Stefano D’Archino, si è però almeno celebrata per la prima volta una cerimonia ecumenica transfrontaliera a Piuro, una località vicina al confine svizzero. Insieme, cattolici e protestanti hanno commemorato la rovinosa frana del 1618, nella quale persero la vita centinaia di persone. (fonte NZZ; trad. it. G. M. Schmitt/voceevangelica.ch)

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