La triste conta dei morti nel Mediterraneo di queste ultime settimane è pesantissima. Si parla di più di 700 persone, 500 in due diversi incidenti sulle coste libiche, 200 in un altro incidente al largo delle stesse coste e diverse decine nel canale di Sicilia negli ultimi giorni. Più di 2000 da inizio dell’anno e 23mila in un decennio.
Sono cifre da guerra, una guerra dell’indifferenza, una guerra senza cannoni, dove si affida al destino il compito di premiare e punire persone e popoli che fuggono da conflitti e persecuzioni. L’Europa resta indifferente a tutto questo e invece di aprire corridoi umanitari persevera nella sciagurata scelta di affidare il controllo delle frontiere a Frontex.
In questi mesi, con Mediterranean Hope, siamo stati al molo di Lampedusa quando ci sono stati gli approdi, abbiamo visto da vicino le persone che scappano dai loro paesi, abbiamo sentito l’odore della miseria, visto lo sguardo della speranza e la voglia di libertà di queste donne, uomini e bambini. Abbiamo dato loro acqua e speranza, li abbiamo accolti con solidarietà, senza mascherine sul viso o guanti di lattice, perché il terreno della solidarietà cancella la paura.
Sappiamo chi sono gli scomparsi, sappiamo che tra queste 700 persone c’erano molti minorenni, molte donne e bambini. Il mare, di notte, mette paura, l’orizzonte inghiotte luci e preghiere, le onde che sbattono sulla nave fanno capire quanto l’essere umano sia vulnerabile davanti alla natura. La maggioranza di queste persone non sa nuotare, ma anche saper nuotare serve a poco quando si resta per ore, soli, in mezzo alle onde. Con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo in molti si erano illusi che le antiche tragedie della storia finissero. Che l’umanità avrebbe cancellato per sempre dal proprio cammino le persecuzioni, le tragedie indicibili che l’avevano sconvolta. In quella Carta, proprio per impedire che a seguito delle persecuzioni si riproducessero quei tristi eventi, fu introdotto il diritto a chiedere asilo per tutti gli esseri umani. Fu un salto in avanti enorme nella storia dell’umanità, veder riconosciuto per tutti il diritto a chiedere protezione come rifugiati e profughi.
In questo momento, l’ONU stima 50 milioni di profughi nel mondo per effetto delle guerre, a questi occorre aggiungere altri 100 milioni di persone che nei prossimi anni si sposteranno a causa dei cambiamenti climatici. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno che per dimensioni e vastità non si è mai prodotto nel corso della storia dell’umanità. Un fenomeno, questo, che porta la società moderna di fronte ad un bivio, davanti al quale si dovrà scegliere tra la strada dell’indifferenza e dell’egoismo o quella della solidarietà e dell’accoglienza. Sappiamo che questi morti, purtroppo, non saranno gli ultimi, evitiamo però di classificare questi drammi come frutto di una tragedia naturale, le persone non se lo meritano.
Questi esseri umani, questi fratelli e sorelle, sono morti per una precisa scelta politica di cui l’Europa e le sue decisioni sull’immigrazione sono responsabili, non meno di chi costringe queste persone a scappare dalla propria terra. In questo scenario, però, ognuno e ognuna di noi può avere un ruolo diverso, promuovendo una cultura dei diritti, dell’accoglienza e della solidarietà.
Tratto da: http://www.riforma.it/
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