La storia di Mohammed, un bimbo palestinese senza arti curato dagli israeliani, Solidarietà Sempre!

mohammed-palestinese-300x225Un bambino palestinese, nato con una rara malattia, ha subito l’amputazione delle braccia e dei piedi ed è stato abbandonato dai suoi genitori che si vergognavano della sua disabilità. Ora vive in un ospedale israeliano accudito da suo nonno. La storia del piccolo,  Mohammed al-Farra è quella di un bambino palestinese che oggi ha tre anni e mezzo e che è costretto a vivere con persone diverse dai suoi genitori. Perché i suoi genitori lo hanno abbandonato.
La storia del bambino palestinese, appresa da fanpage.it, e uno spaccato di vita, purtroppo come tanti  che si riscontra anche nei paesi occidentali. L’hanno lasciato in quanto si vergognavano della sua disabilità: Mohammed è nato a Gaza con una rara malattia genetica e ha subito l’amputazione delle braccia al livello del gomito e dei piedi. I medici ritengono che la sua malattia sia stata causata dalla reiterata pratica dei matrimoni tra consanguinei nella sua famiglia. Subito dopo la nascita il piccolo fu portato in ospedale per cure urgenti: “Durante le cure sua madre lo ha abbandonato perché il padre, provando vergogna per la disabilità, l’aveva minacciata di prendere una seconda moglie se non avesse lasciato il figlio e non fosse tornata a casa”. Parole, quest’ultime, pronunciate dal nonno del bambino che oggi si prende cura di lui in un ospedale israeliano.

Il bimbo vive in ospedale con suo nonno – “A Gaza non ci sono le possibilità di prendersi cura di lui, lì non c’è una casa dove può vivere”, così spiega il nonno del bambino che parla di un nipote privo di autonomia che non è in grado di compiere i gesti più comuni da solo. Non può mangiare da solo, non può vestirsi, “la sua vita sarebbe zero senza aiuti”, sostiene il nonno. Oggi il bambino trascorre le sue giornate imparando a usare le protesi costruite per lui e suo nonno lo segue nei suoi progressi. Non si sa per quanto tempo dovrà restare ancora in ospedale: Mohammed è palestinese e in quanto tale non ha diritto alla residenza permanente in Israele, ma alla solidarietà e all’amore di noi tutti sì!

Leggendo la notizia di Mohammed e del bel gesto di solidarietà, mi vienne di esternare Grazie Gesù! E di continuare perseguire gli insegnamenti del Maestro. A tal proposito invito tutti a seguire l’esempio del Maestro in tema di solidarietà. Nelle ultime ore della sua vita su questa terra, Gesù disse a Pietro: “Se non ti lavo, non hai parte alcuna con me“, (Gv 13: 8).

Il termine greco meros (parte) significa: parte del bottino, di una eredità. In altre parole, chi non partecipa al rito della lavanda non riceverà l’eredità della vita eterna e non potrà godere della mia presenza oggi. “Il bottino” dell’eredità non riguarda solo il futuro eterno, ma anche il presente: “Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”, (Matteo 18:20).

Aiutare chi ha bisogno, accudire un malato, regalare i propri affetti ma anche un sorriso agli ultimi, a chi sta peggio di noi, ci fa stare bene e ci fa sentire felici perchè ci accomuna a loro. Anche Gesù ha esternato gioia quando nelle ultime ore della sua vita  lavò i piedi ai suoi discepoli.  La lavanda dei piedi quindi è un rito che unisce, accomuna il discepolo al Maestro. Ciò significa che il destino del discepolo è lo stesso del Maestro. Più tardi lo stesso apostolo scriverà: ”Infatti, a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio, perché seguiate le sue orme“, (1 Pietro 2:21). Ciò che dà valore al nostro essere figli di Dio è la sequela di Gesù. I veri credenti “sono quelli che seguono l’Agnello dovunque vada” (Apocalisse 14:4-5).

La lavanda dei piedi oltre a unire il discepolo a Cristo, avvicina gli uni agli altri. Infatti, il Signore aggiunge: “Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io“, (Giovanni 14-15). Anche l’altro fa parte del “gruzzolo” che il Signore ha lasciato in eredità ai suoi seguaci: “chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna”, (Matteo 19:29).

Se il destino del discepolo è quello di seguire Gesù, questo destino accomuna i credenti a vivere Cristo nella comunione fraterna, nella condivisione della Parola e della vita in generale. La lavanda dei piedi unisce, solidarizza, crea legami d’umiltà e di reciproca disponibilità. Rievoca l’esperienza di Gesù con gli apostoli e della chiesa primitiva. Una comunità del pari consentimento, riconciliata, dei beni in comune e della condivisione di Cristo: Parola di Dio (Atti 1 e 4).

Dalla solidarietà unica di Cristo, il giusto sofferente, e dal suo essere “uno per tutti”, nasce la solidarietà del “tutti per uno” e del “tutti per tutti”: l’uomo cioè è solidale con lui e con tutti gli altri. Cristo, infatti, ci rappresenta tutti, ma non ci sostituisce: apre una nuova strada, che tutti noi dobbiamo percorrere: la solidarietà.

Pietro Proietto

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