L’Alta Corte conferma il divieto imposto dalle migliori scuole londinesi di praticare rituali di preghiera

La decisione dell’Alta Corte del Regno Unito di mantenere il divieto di preghiera in una delle scuole statali più celebri d’Inghilterra è stata accolta con favore dal premier Rishi Sunak e dalla ministra per le Pari Opportunità Kemi Badenoch, che l’hanno descritta come una «vittoria contro gli attivisti che cercano di sovvertire le nostre istituzioni pubbliche».

Il caso contro la Michaela Community School di Brent, nel nord-ovest di Londra, famosa per il suo rigido codice disciplinare, era stato intentato da un’alunna musulmana che ha affermato che il divieto era discriminatorio e violava il suo diritto alla libertà religiosa.

In una sentenza scritta emessa martedì 16 aprile, il giudice ha respinto le argomentazioni dell’alunna contro il divieto di preghiera.

Commentando in un post su X, Badenoch ha affermato: «Nessun alunno ha il diritto di imporre le proprie opinioni a un’intera comunità scolastica in questo modo. L’Equality Act è uno scudo, non una spada e gli insegnanti non devono essere minacciati di sottomissione».

I suoi commenti sono stati successivamente criticati da un importante leader musulmano che l’ha accusata di sensazionalizzare il caso, mentre il Runnymede Trust, un think tank indipendente sull’uguaglianza razziale, ha avvertito che la sentenza costituisce un pericoloso precedente: «Nessun bambino dovrebbe essere sorvegliato per la pratica pacifica della propria fede».

La sentenza ha fatto seguito a un’udienza di due giorni a gennaio presso l’Alta Corte di Londra, in cui si è appreso che il divieto di preghiera era stato introdotto nel marzo dello scorso anno dalla fondatrice della scuola Katharine Birbalsingh, scelta che ha portato l’istituto nel mirino di minacce per il suo approccio all’osservanza religiosa.

Birbalsingh  ha difeso questa politica, sostenendo che è vitale per «mantenere un ambiente di apprendimento efficace in cui i bambini di tutte le razze e religioni possano prosperare».

Tuttavia, la studentessa ha affermato che il divieto di preghiera aveva cambiato radicalmente il modo in cui si sentiva riguardo all’essere musulmana nel Regno Unito. Ha inoltre sostenuto che il divieto ha colpito «in modo univoco» la sua fede a causa della sua natura ritualizzata, e che la politica dell’istituto sulla preghiera era «il tipo di discriminazione che fa sentire le minoranze religiose alienate dalla società».

Il giudice ha stabilito che il divieto di preghiera non interferiva con la libertà religiosa degli alunni poiché avrebbero potuto trasferirsi in un’altra scuola che consentiva la preghiera all’ora di pranzo e ha affermato che ciò era giustificato, data l’etica secolare della scuola in questione: «Lo svantaggio per gli alunni musulmani nella scuola causato dalla politica del rituale di preghiera è, a mio avviso, controbilanciato dagli obiettivi che cerca di promuovere nell’interesse della comunità scolastica nel suo insieme, compresi gli alunni musulmani».

Il portavoce del primo ministro ha dichiarato: «Il Primo Ministro accoglie con favore la sentenza. La Michaela Community School è una scuola eccezionale con una storia di eccellenti risultati per gli alunni. Il governo è sempre stato chiaro sul fatto che i leader sono nella posizione migliore per prendere decisioni su ciò che è consentito nelle nostre scuole. E questa sentenza lo conferma».

Il dottor Abdul-Azim Ahmed, segretario generale del Consiglio musulmano del Galles, ha detto all’agenzia di stampa AP di essere deluso dal fatto che la corte non sia riuscita a difendere un «principio britannico molto ben consolidato della libertà di religione».

Il caso potrebbe avere implicazioni per altre scuole statali in Inghilterra nel contesto della rinnovata discussione sull’opportunità che la fede e la religione debbano avere un ruolo nel sistema educativo.

Nelle scuole inglesi può essere impartito un insegnamento religioso genericamente cristiano ed è permesso non avvalersene. La politica sulle uniformi scolastiche, e anche sul velo, è determinata da ogni singola scuola. Una discriminazione potrebbe essere considerata illegale ma non esistono divieti generalizzati. Gli alunni possono contestare le restrizioni caso per caso.

4https://riforma.it/2024/04/22/lalta-corte-conferma-il-divieto-imposto-dalle-migliori-scuole-londinesi-di-praticare-rituali-di-preghiera/

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