Le beatitudini. La ricchezza come forma di divinizzazione

Le beatitudini iniziano con il chiamare beati i “poveri“…. Certamente questa parola fa paura. In una situazione economica come quella attuale, la povertà spaventa, perché implica mancanza di potere e di acquisto, perdita di autonomia e di benessere. E i poveri, veramente poveri lo sanno bene. Chi è cresciuto nell’immediato dopoguerra sa cosa significhi povertà. L’uomo lotta perché acquisti e assicuri alla sua progenie una condizione economica e uno status sociale dignitosi.

Ma Gesù non sta esaltando la povertà materiale, né tantomeno l’abbandono volontario delle ricchezze come valore assoluto per essere più vicini a Dio, sebbene Gesù consideri la ricchezza una forma di oggetto divinizzato a cui l’uomo offre la sua completa dedizione (cfr.Mt19:16-26). Allora, perché Gesù considera beati i poveri? Chi sono i “poveri” del Regno? Se analizziamo l’intera frase, vediamo che Gesù parla di un tipo di povertà, quella spirituale:

i “Poveri” del Regno sono coloro che, al pari del povero che manca di beni materiali e necessariamente dipende da chi può aiutarlo a sollevarsi, confessano al Signore la loro miseria spirituale, dipendendo soltanto da Lui, dalla sua premurosa cura di sollevarli dalla condizione di uomini, privi di capacità di realizzare il grande valore universale dell’amore-agape, che è il carattere di Cristo. I “Poveri del Regno”  quindi, non sono i poveri esternamente, perché essi possono essere tali e allo stesso tempo superbi, ma coloro che sono umili, consapevoli di non potersi arricchire da sé di una autentica umanità, ma da Dio che la dona in Cristo. Essi quotidianamente combattono contro il loro orgoglio, la presunzione di potercela fare da soli, di sganciarsi da Dio, magari estrometterlo, anche se assumono e conservano una esteriore pietà religiosa. Questa povertà è richiesta da Gesù a tutti i suoi seguaci, sia che siano gente semplice, magari veramente povera, non istruita,che anche siano gente benestante e ricca, socialmente e culturalmente elevata, religiosamente influente. Mordenti sono le parole di Bonhoeffer: ” …I discepoli subiscono privazioni in tutti i campi. Sono semplicemente dei “poveri”. Non hanno sicurezza, non beni da chiamare propri, non un pezzo di terra da chiamare patria, nessuna comunità terrena a cui appartiene completamente. Ma non hanno neppure una propria forza spirituale, una propria esperienza,una propria sapienza alla quale richiamarvisi, con la quale consolarsi. Hanno perso tutto questo per amore di Gesù. Quando si incamminarono dietro a lui, persero pure se stessi e così tutto ciò che avrebbe potuto arricchirli. Ora sono poveri, così inesperti, così stolti, da non avere più nulla in cui sperare tranne colui che li ha chiamati.

Gesù conosce anche quegli altri, i rappresentanti e i predicatori della religione di popolo, questi potenti, rispettati, che stanno ben fondati in terra, radicati nel carattere nazionale, nello spirito del tempo, nella religiosità popolare. Non sono, però, questi, ma solo i suoi discepoli che Gesù chiama “beati, perché di loro è il regno dei Cieli”. Il Regno dei Cieli viene per quelli che, per amore di Gesù, vivono semplicemente “in privazioni e rinunce”.

In mezzo alla loro povertà essi sono gli eredi del regno celeste. Essi hanno il loro tesoro profondamente nascosto, lo hanno sulla croce. Il regno dei cieli è loro promesso in gloria visibile, ed è già donato a loro nella perfetta povertà della croce ….” (1)

(1) Dietrich Bonhoeffer- Sequela, Queriniana, Brescia., pagg.87- 88

Paolo Brancè | Notiziecristiane.com

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