L’Isis ha diffuso il filmato dell’omicidio di James Foley, giornalista di Boston che era stato rapito nel 2012 in Siria. Il titolo era “Un messaggio all’America”. Non si avevano più sue notizie dal novembre 2012, quando era stato rapito in Siria. James Foley, giornalista originario di Boston, è stato ucciso dai miliziani dell’Isis, in un modo atroce, esposto come simbolo della resistenza agli attacchi degli Stati Uniti. Il gruppo terrorista ha diffuso un filmato (poi subito rimosso dallo stesso Youtube, sito sul quale era stato caricato) nel quale il giornalista viene brutalmente decapitato.
BARBARA UCCISIONE. Il video, intitolato “messaggio all’America”, riprende un jihadista completamente coperto di nero e armato di un coltello a fianco di James, che indossa una tuta arancione come quelle utilizzate nel carcere di Guantanamo. James è piegato sulle ginocchia, con le braccia legate, impossibilitato a muoversi. Il terrorista spiega che è loro intenzione mandare un messaggio all’America, perché l’Isis non cederà ai bombardamenti. La scena seguente mostra il cadavere del giornalista con in grembo la propria testa insanguinata. I terroristi mostrano poi un secondo uomo, Steven Joel Sotloff, corrispondente di Time, disperso dall’agosto del 2013 in Libia, che viene presentato come la prossima vittima: «Dipende dalle prossime decisioni di Obama». Il filmato è ora al vaglio delle autorità statunitensi per verificarne l’autenticità.
LA MADRE. Diane Foley, la mamma di James, ha lasciato una dichiarazione, diffusa tramite la pagina Facebook “Free Foley”, creata nel 2012: «Non siamo mai stati così orgogliosi di nostro figlio. Ha dato la sua vita cercando di rivelare al mondo la sofferenza del popolo siriano. Supplichiamo i rapitori di risparmiare la vita degli altri ostaggi. Sono innocenti, come lo era Jim. Non hanno controllo della politica del governo americano in Iraq, Siria o in altri parti del mondo. Ringraziamo Jim per tutta la gioia che ci ha dato. È stato uno straordinario figlio, fratello, giornalista e persona. Per favore, rispettate la nostra privacy nei prossimi giorni, mentre piangiamo per Jim». Qui trovate la lettera che lo stesso Foley scrisse sul giornale universitario quando nel 2011 rimase per 45 prigioniero in Libia.
Fonte: http://www.tempi.it/
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