<…> Bussano alla porta e il sangue si gela. Daeho piega velocemente il foglio di carta velina che stava leggendo fino a ridurlo alla dimensione di un francobollo e corre a nasconderlo in una fessura del pavimento, sotto il letto; nel frattempo grida «arrivo» e poi va ad aprire.
Entrano in cinque, sbraitando e imprecando contro la sua lentezza. Sono il commissario di quartiere, con la fascia al braccio, e quattro vicini dalle facce minacciose. Il funzionario, con una manata, lo spinge in malo modo contro una parete e gli intima di non muoversi mentre gli altri si rovesciano nelle sue povere stanze a scuotere e rivoltare ogni cosa. Daeho rimane immobile con il capo chino davanti al commissario che lo accusa, con il dito puntato, di detenzione illegale di materiale religioso. Lui risponde, a voce sommessa, di essere fedele al Caro Leader Kim Jong-un, di venerare con passione sincera il Presid ente Eterno e di aver fatto, l’anno prima, il pellegrinaggio a Mangyongdae, villaggio natale di Kim Il Sung.
Le sue parole e la sua mitezza non fanno breccia in Cholsu che lo apostrofa con durezza: «Non mentire, spia del Sud! Ora il tuo tradimento sarà smascherato». E, così dicendo, si unisce alla perquisizione rinvigorendo la lena degli altri. Daeho non osa muoversi da dove il commissario lo ha spinto; nella sua testa si srotola il film del destino prossimo, fatto di lager e torture, e cerca di interromperlo domandando in continuazione la misericordia divina. Le pulsazioni del cuore sono fuori controllo e il sudore si condensa sulla fronte; aspetta, da un momento all’altro, il grido di trionfo di chi ha ritrovato il foglietto dove ha ricopiato a mano alcuni passi del Vangelo di Marco.
I quattro vicini di casa, incitati da Cholsu, continuano a frugare senza pietà tra i conforti della sua vita, spostano mobili, schiodano assi, sventrano cuscini, frantumano stoviglie con furore sempre crescente e impotente. Dopo un’ora, però, gli inquisitori devono arrendersi all’evidenza che, in quella casa, non c’è traccia di pubblicazioni religiose; se ne vanno allora, per ultimo il commissario, che si sofferma sull’uscio a pronunciare la minaccia finale: «Per questa volta l’hai scampata, ma bada che ti teniamo d’occhio. Sappiamo che razza di uomo sei».
Una volta usciti tutti, Daeho rimane immobile per qualche minuto, nella stessa posizione contro il muro, temendo un ritorno improvviso e maligno della squadraccia; poi, ritrovata calma e sicurezza, si precipita a controllare il nascondiglio tra le assi: la fessura è vuota, il foglietto sparito. La terribile scoperta svela l’unico scenario possibile: uno dei vicini ha trovato il foglio e da quel momento in poi lo userà per ricattarlo con richieste sempre più esigenti. Si lascia cadere, seduto, a terra, si raggomitola con la testa tra le ginocchia e inizia a piangere.
Daeho permane nella contemplazione, priva di pensieri, del disfacimento della propria vita per un tempo indefinito, immobile. Il sole disegna ombre sempre più lunghe sullo scempio fatto delle sue poche cose fino a quando, fattosi buio, un nuovo bussare, questa volta più discreto, lo scuote dall’apatia.
Alla porta c’è Jung, il più rabbioso dei quattro vicini che hanno perquisito la sua casa; entra con un sorriso largo dicendo: «Dunque anche tu sei cristiano?». Daeho indietreggia di un passo, si irrigidisce temendo la trappola di una confessione estorta con l’inganno e rinnega. L’altro però insiste: «Non avere paura, lo sono anch’io, in segreto» e gli tende, per restituirlo, il foglietto ripiegato. Ma lui non ha il coraggio di prenderlo e di tradirsi; rimane muto e interdetto, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, incapace di avere fiducia in chi, fino a qualche ora prima, voleva la sua morte.
Il vicino di casa comprende il suo stato d’animo, rimette nella propria tasca il biglietto spiegazzato e fa la mossa di uscire. «Ti capisco», dice, varcando la soglia. «Non è facile fidarsi ma non temere, non ti tradirò. Siamo in tanti che coltiviamo la fede di nascosto. Ci aiutiamo sempre l’un l’altro. Lo capirai da questo, col tempo».
2013 – L’associazione evangelica Open Doors pubblica ogni anno un rapporto chiamato World Watch List (Wwl) dedicato all’analisi del livello di persecuzione, secondo diversi parametri, che i cristiani devono subire in tutte le nazioni del mondo. Anche per il 2013 al primo posto c’è la Corea del Nord.
Nel video, realizzato dall’associazione evangelica Porte Aperte, alcuni cristiani nordcoreani raccontano storie molto simili a quella di Daeho.
Fonte: http://www.tempi.it/
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