Niente Toscana per Michelle Martin

Paul_SchaferSchafer_pastoreCristolaRispFIRENZE – Per giornali, tv, radio, siti internet e, soprattutto, per l’opinione pubblica è “l’ex moglie del mostro di Marcinelle”, ma per la comunità evangelica “Cristo è la risposta”, Michelle Martin (condannata nel 2004 insieme al marito Marc Dutroux perché nella loro abitazione di Marcinelle, in Belgio furono ritrovati i resti di bambini e adolescenti) «è una donna che può essere redenta», come spiega il pastore canadese Paul Schafer che guida la comunità letteralmente “attendata” a Bagno a Ripoli, alle porte di Firenze. Così, spiega Schafer, «il rifiuto di accogliere Michelle Martin non è un rifiuto della persona, ma nasce dall’impossibilità di offrirle un luogo sicuro e tranquillo dove poter pregare. Saremmo stati assediati da giornalisti e da estremisti decisi a fare giustizia in modo violento».

Un assedio, però, la comunità “Cristo è la risposta” (un’ottantina di persone provenienti da dodici Paesi diversi) lo sta subendo da giorni, a causa di un pasticcio che non dipende dalla missione internazionale. «Ad agosto – racconta Schafer – fummo contattati da un gruppo di credenti evengelici del Belgio e ci fu chiesta la disponibilità a ospitare per una settimana di preghiera e raccoglimento una donna proveniente da un convento di clausura dove sconta una pena carceraria in una sorta di arresti domiciliari». La comunità si mostrò possibilista, in attesa di ulteriori sviluppi (ovviamente serviva il permesso del magistrato di sorveglianza in Belgio), ma per mesi non ci furono novità.

«Ormai pensavamo che la cosa fosse tramontata, poi il 10 dicembre ci hanno ricontattati – racconta Schafer – e quando ci hanno detto l’identità di questa donna e i crimini per i quali era stata condannata abbiamo subito capito che non avremmo potuto offrirle un luogo tranquillo e protetto. Per questo abbiamo detto no e per noi la cosa era chiusa». Invece, quando arriva il permesso del magistrato, c’è proprio l’indicazione della comunità “Cristo è la risposta” che vive in varie roulotte attorno alla tenda (un forte simbolo biblico) dove prega e canta lodi ogni giorno in serate aperte al pubblico.

«Sono venuti due giornalisti, uno belga e una italiana, il 2 gennaio – racconta Schafer – e ci hanno chiesto di questa ospitalità. Noi siamo rimasti sorpresi perché avevamo già detto di no e poi siamo stati travolti da tutto questo clamore. Oltretutto, la nostra iniziale disponibilità avrebbe dovuto restare riservata, invece sono convinto che la notizia sia stata fatta uscire in Belgio per fare pressione sul magistrato affinché non concedesse questa settimana di permesso».

Tra l’altro, Michelle Martin (che ha scontato sedici dei trent’anni ai quali è stata condannata) sta cercando un’alternativa al ritorno in carcere perché le suore del convento di Malonne, presso le quali risiede, l’anno prossimo si dovranno trasferire.

Così, la comunità “Cristo è la risposta” è rimasta in mezzo a tutto un grande caos mediatico. Nata negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni ’60 all’interno del movimento di rinnovamento evangelico “Jesus People”, questa missione internazionale è arrivata in Italia nel 1974. «Tutti ci scoraggiavano – ricorda Schafer – invece abbiamo trovato un Paese maturo per l’annuncio dell’Evangelo». Si tratta di una comunità di esperienza pentecostale («Ma non vogliamo rinchiuderci in una denominazione») che ha come scopo principale quello di evangelizzare. La loro organizzazione logistica (roulotte e un tendone per pregare) unita a una buona dose di pregiudizi, ha portato a qualche imbarazzante gaffe di qualche pubblica amministrazione. È il caso del Comune di Prato che, nel maggio 2012, negò loro il permesso di una riunione di alcuni giorni per paura dell’invasione di centinaia di nomadi sinti.

di: davide.papini@lanazione.net
da: LaNazione.it

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