Roma – Abbiamo avuto il piacere di intervistare in esclusiva per Notizie Cristiane il fratello in Cristo, nonché Senatore della Repubblica Lucio Malan.
Ma chi è Lucio Malan?
Sono nato 59 anni fa, da famiglia e antenati di padre e madre tutti valdesi, da almeno 500 anni, secondo la ricostruzione dell’albero genealogico. Tutti valdesi tranne tre donne di diverse provenienze protestanti europee, consorti di pastori valdesi. Sono al quinto mandato al Senato più uno alla Camera, sono il secondo senatore più anziano per carica, vice capo gruppo vicario di Forza Italia. Mi occupo di un po’ tutti gli argomenti trattati in Senato, avendo la responsabilità della conduzione del Gruppo di Forza Italia nei lavori dell’Aula. Benché i nostri sondaggi siano bassi, qui al Senato dove i nostri numeri sono basati sulle elezioni dello scorso anno, siamo il secondo gruppo più grande.
Nel mio impegno politico ho sempre cercato di promuovere la libertà religiosa, i principi cristiani per quanto riguarda la famiglia, l’amicizia con lo Stato d’Israele. Sono Presidente del Gruppo di Amicizia Interparlamentare Italia e Israele, di cui ho iniziato a far parte dal primo mandato parlamentare.
Ho avuto diverse esperienze lavorative, prima della politica benché sia diventato deputato a 33 anni. Ho insegnato per nove anni lettere, soprattutto greco e latino, sono stato giovanissimo vice preside del liceo, dove studiai e dove studiarono mio nonno, mia madre, mio fratello e in seguito i miei figli. Mi sono occupato di sport dall’età di 15 anni lavorando come istruttore di nuoto, allenatore, dirigente. Ho insegnato a nuotare a qualche migliaio di persone: bambini, adulti, anziani e disabili. Una delle soddisfazioni maggiori sono stati i bambini con difficoltà che grazie al lavoro fatto hanno migliorato le loro condizioni fisiche e la qualità della loro vita.
La cosa più importante per me è essere credente, è il centro della mia vita ma non pretendo che la mia azione politica sia una “missione pastorale”. Magari fosse possibile applicare semplicemente i principi biblici! Cerco di ispirarmi, di seguirli, ma le scelte politiche sono responsabilità personali di ciascuno. Io mi assumo le mie in quanto Lucio Malan cittadino, senatore, credente, peccatore. Non asserisco che opero le scelte perché lo dice l’Evangelo ma perché ogni volta cerco di fare ciò che è meglio o peggio. Mi ispiro a Max Weber e alla sua etica della responsabilità per la quale il politico deve tener conto della conseguenza delle sue azioni più che della loro purezza formale o apparente.
Ci sarà ancora la possibilità di aprire locali di culto senza ricorrere alla dicitura “Locali di cultura ecc… ?
Non dovremmo dover ricorrere a certi aggiramenti, perché l’articolo 19 della Costituzione Italiana stabilisce che nessuna confessione religiosa può essere soggetta a limitazioni in quanto tale. Aprire un locale di culto non dovrebbe risultare più difficoltoso che aprire un bar, un ristorante, un cinema. Piuttosto, andrebbe semplificata la burocrazia per tutti! Spesso risulta difficile ottemperare a tutte le normative, spesso eccessive, ma non un locale cui accedono cinquanta, cento o duecento persone deve avere certe caratteristiche, culto o no. Ma alcune regioni hanno approvato leggi, chiamandole “anti moschee”, ma, di fatto, hanno danneggiato soprattutto chiese evangeliche. Le norme comunali e regionali, anche se a volte approvate anche da componenti del mio partito, che impongono limiti particolari ai locali di culto sono anticostituzionali e, infatti, anche dietro mie richieste sono state richiamate dai governi e poi limitate dalla Corte Costituzionale. Non si può pensare di proibire a mussulmani di professare la loro fede, di aprire un loro locale di culto. Non possiamo certo pensare che se non possono aprire la moschea si convertiranno al cristianesimo o diventeranno liberi pensatori. Anzi, un divieto che risulti un’ingiustizia alla luce della Costituzione Italiana e visto come un sopruso, dà forza agli estremisti e ai seminatori di odio che ci sono, vanno tenuti sotto controllo. I vari imam, guerrafondai, fiancheggiatori dei terroristi, diffusori di antisemitismo che ci sono in Italia, possono dire: “Fratelli, ci proibiscono di rendere il nostro culto ad Allah!”. Possono passare alla clandestinità, e più sono in clandestinità e meno è facile controllarli. Peraltro, ritengo siano carenti i controlli nei locali di culto regolari. Anni fa emittenti televisive inviarono reporter in incognito che registrarono incitamento all’odio sistematico verso i non musulmani. Sono però cose che dovrebbe fare il Ministero dell’Interno, forse ci vorrebbero più agenti dei servizi d’informazione o di polizia, che parlano l’arabo. Comprendo anche il timore o il fastidio di chi si vede aprire una moschea nel caseggiato di fronte. Rischiano di ritrovarsi cinquecento persone in strada col loro tappetino per pregare, perché magari non hanno spazio nel loro locale. Ma la legge va fatta rispettare a tutti: cristiani, atei, musulmani, e non puoi bloccare una strada, neanche se sei vicino a una moschea. Occorre dunque un controllo del territorio, una politica seria per evitare scontri. E, certo, non va incoraggiata l’immigrazione in massa di musulmani. Ci sono fra loro tantissime persone per bene, ma le indagini di opinione ci dicono che in tutta Europa, un terzo di loro dice tranquillamente che l’Islam deve sottomettere l’Occidente.
Bibbiano una realtà vergognosa! A nostra insaputa ancora oggi accadono degli avvenimenti aberranti e ne veniamo a conoscenza solo quando i ragazzi raggiunta la maggiore età fuoriescono. Come risolvere il problema dei minori sottratti alle famiglie e affidati ad affidatari o a comunità Quali risorse e quali garanzie per la tutela dei minori?
In teoria, sarebbe semplice: basterebbe applicare la legge. Le leggi si possono perfezionare ma se solo si applicassero già quelle esistenti, questi episodi sarebbero limitati e quindi rimediabili. Esiste invece la tendenza a non rispettare la legge, anche perché – e ci risiamo – non ci sono controlli e quando ci sono e viene accertato che un minore è stato sottratto alla famiglia senza che ce ne siano i presupposti, nessuno viene punito e i bambini tornano in famiglia con enorme difficoltà. Spesso si tolgono i bambini quando ci sono ben altre soluzioni: dare supporto alla famiglia, dare consigli, assistenza quotidiana al fine di verificare l’ambiente e i comportamenti dei genitori in modo non aggressivo. Togliere un minore alla famiglia deve essere una misura presa laddove esiste un immediato o permanente pericolo per l’integrità o la salute. Pare che almeno il trenta per cento delle sottrazioni di minori avvenga per inadeguatezza economica. In questi casi sarebbe normale aiutare la famiglia versando, quindici euro al giorno sarebbero più che sufficienti. Le case famiglia hanno un costo per i comuni e lo Stato che parte da 50 euro al giorno e va facilmente a 100 e anche molto di più. Tremila euro al mese per un bambino! Queste cifre esagerate riconosciute alle case famiglia, sono un incentivo a moltiplicare il numero dei bambini da collocare. Ed è estremamente difficile conoscere queste cifre che vengono in ogni modo tenute nascoste. Molti sindaci non le conoscono neppure benché vengano dalle casse del comune. Ecco, quando un bambino tolto alla famiglia costa al Comune molto più del Sindaco c’è qualcosa che non va e c’è il rischio di dinamiche malate. Lo stato porta via i bambini a volte a ragion veduta, a volte no. E li consegna a istituti di cui si sa pochissimo o peggio ancora già si sa. Basta ricordare il caso del Forteto, in cui per anni a questi criminali i magistrati continuarono ad affidare minori anche quando le prove si moltiplicavano. Il Consiglio della Magistratura avrebbe dovuto convocare questi giudici e chiederne la ragione, ma ciò non è mai stato fatto. In effetti, in atto c’è una macchina mostruosa che coinvolge certi servizi sociali, i quali si sono trovati a gestire un potere sproporzionato che la legge non intendeva dare loro, con il solo obbligo di comunicare le loro decisioni alla magistratura. La magistratura spesso non controlla e tutto va avanti senza tutele. Anche in caso di conclamata sottrazione indebita, di maltrattamenti operati dalle strutture, vi è enorme resistenza nel riconsegnare immediatamente i bambini alle famiglie, perché ciò rappresenterebbe un’implicita ammissione di colpa e la famiglia potrebbe denunciare o richiedere un risarcimento danni. Così, quando è accertato che non vi erano i presupposti per sottrarre i minori, inizia un lungo e faticoso reinserimento con psicologi, assistenti sociali e visite. Altra cosa scandalosa sono le visite brevissime concesse ai genitori dei bambini. Ha senso una visita breve se ci sono gravi situazioni di abuso, ma in tutti gli altri casi non ci dovrebbero essere limiti stretti. E poi raccontano che se improvvisamente tornano a casa c’è un trauma, come se un bambino rapito prima di poter tornare in famiglia, dovesse cominciare stare con la famiglia dieci minuti al giorno… non ha senso! Se un bambino è stato sottratto indebitamente alla famiglia, il modo migliore per fargli riassorbire il trauma è stare in famiglia e con i suoi affetti, da dove è stato strappato in modo criminale. Ho il sospetto che Bibbiano sia stata una trovata per tirare fuori il problema e poi insabbiarlo per dire che non c’è. Il sospetto ha preso forma maggiormente quando ai responsabili sono stati contestati e addebitati reati amministrativi ma non quello vero: sequestro di persona. Quando porti via ingiustamente un bambino, con un fucile o con un foglio dei servizi sociali, è sempre rapimento.
Prima della crisi di governo, era stata votata dal Senato una commissione d’inchiesta, ampiamente insufficiente nell’ambito di azione, ma comunque la proposta giace ancora alla Camera. La promessa era che alla ripresa dei lavori a settembre ci si sarebbe occupati anche di rivedere la legge, ma tutto fermo anche su questo. Il disegno di legge per la commissione è comunque insufficiente perché parla solo di case famiglia, ma vi sono altri tipi di strutture, centri, istituti di vario tipo. Inoltre non consente di indagare sulle motivazioni per cui il minore viene sottratto alla famiglia. In pratica la commissione potrebbe solo controllare se i bambini sono trattati bene e solo in alcune realtà. Insisto nel dire che se un bambino viene rapito, e sottolineo rapito, anche se è messo in una struttura dove tutto è carino, dove il vitto è ottimo e non maltrattano i bambini, è sempre sequestro di persona. Bisogna che ci sia attenzione su questo problema altrimenti viene tutto messo a tacere. Ho presentato un progetto di legge specifico, per istituire una sanzione penale, per le violazioni. Oggi la legge impone forti limiti alla sottrazione di un bambino alla famiglia e richiede procedure precise una volta sottratto. Una legge in vigore da anni, prevede obbligatoriamente un piano di reinserimento nella famiglia, se questo è possibile, altrimenti si deve provvedere all’affidamento a una nuova famiglia. Queste norme vengono spessissimo disattese. Ci sono bambini che restano in istituto per la maggior parte della loro minore età. Ma il responsabile della violazione va in tribunale, se ci va, e asserisce che è stata operata questa scelta per il bene del bambino. Così non viene condannato e continuerà a comportarsi così. Con poche eccezioni, vi è un’estrema ritrosia degli organi d’informazione a parlare seriamente di queste cose perché rischiano querele. Ogni provvedimento sui minori viene comunicato a un magistrato. Dunque, se critichi il provvedimento, rischi una querela per diffamazione da quel magistrato. E il giudice del tribunale dovrà giudicare se ha ragione il suo collega o colui che da questi è stato querelato. Abbiamo visto trasmissioni televisive che hanno suscitato il problema per poi abbandonarlo completamente. Purtroppo è una lotta estremamente difficile. Ci preoccupiamo di bagatelle quando i fatti di Bibbiano. E come Bibbiano, dovrebbero riempire le pagine dei giornali. In nome del Popolo Italiano, a spese di ciascuno di noi, i bambini vengono rapiti alle famiglie: è una cosa pazzesca!
L’articolo 403 Codice Civile, scritto in epoca fascista, consente alla “pubblica autorità” di togliere il bambino alla famiglia in casi gravi. In pratica, all’epoca significava che dovevano essere tutti concordi: il sindaco, il prete, l’insegnante, i carabinieri, gli embrioni dei servizi sociali dell’epoca. Adesso invece basta un assistente sociale, magari supplente, per privare un bambino dei suoi genitori e gettare nella disperazione questi ultimi, perché non solo privati della loro creatura, ma anche pubblicamente accusati di essere indegni. Una cosa spaventosa.
Ritiene che due persone dello stesso sesso possano adottare e quindi formare una famiglia? Secondo le Sacre Scritture la famiglia fondata da Dio è composta da uomo, donna e figli.
Decisamente no, per una serie di motivi. Ma ci sono attacchi concentrici che vanno nella direzione opposta. La questione è molto seria, in sé e per le sue conseguenze. In sé tocca quei pochi casi in cui questo avverrebbe, ma le conseguenze sono peggiori. Non è giusto in se perché le adozioni devono essere fatte per dare a un bambino ciò che i casi della vita gli hanno tolto: la mancanza di un genitore, la morte di uno di essi o di entrambi. Dal momento che le coppie che chiedono di adottare sono molto più numerose dei bambini adottabili, l’alternativa alle “adozioni gay” non è metterli in mezzo ad una strada ma affidarli a coppie selezionate di uomo e donna. Nonostante le ideologie demenziali che circolano, i bambini nascono da un uomo e da una donna. Non da due uomini o due donne. La conseguenza di adozioni omosessuali riguarda tutti i bambini. Ci sono, infatti, tribunali che, in violazione aperta della legge sull’adozione, hanno affidato bambini a coppie di uomini o donne. La conseguenza voluta è che non si potrà più dire “il vostro papà o la vostra mamma”, perché per un’applicazione illegale della legge, ci sono bambini che risultano avere due papà o due mamme. Gli omosessualisti dicono che bisogna dire a tutti i bambini attraverso l’indottrinamento nelle scuole, che non si nasce da un padre o da una madre, ma da chiunque decida di mettersi insieme. Un tempo si raccontava per pudicizia, che i bambini li portava la cicogna o nascevano sotto i cavoli, ma poi si cresceva e si apprendeva la verità. Ora i bambini sanno ben resto la verità, poi a scuola o in tribunale degli adulti cercano di convincerli che qualunque coppia “genera bambini”. Di qui la cancellazione di “mamma e papà” in favore di “genitore uno” e “genitore due”.
Premesso che è inconfutabile che il Signore è l’antico dei giorni, il modernismo pian piano è entrato nelle chiese; sempre più spesso udiamo di matrimoni fra persone dello stesso sesso, ma noi confidiamo in quel verso biblico che recita: “Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne”? Quale altra forma userebbe per dissuadere rilevando che la loro unione è contro natura e quindi contro Dio
L’argomento cristiano è che non c’è ombra di dubbio che l’Antico e il Nuovo Testamento, dicono che quelle unioni sono contro il volere di Dio e non dovrebbero esserci discussioni. Ma il “metodo storico critico” non lo accetta. Tale metodo parte con un’esigenza giusta: studiare anche la Bibbia come si studiano altri testi per comprenderla meglio e risolvere dubbi. Ma poi è diventato un paravento per il totale rovesciamento di ogni logica e del significato dei testi biblici. Questi “teologi” dicono che la Bibbia risente del tempo in cui è stata scritta e dunque per comprenderla oggi, bisogna “adattarla” alla mentalità di oggi. In pratica, cancellano tutto ciò che nella Bibbia contrasta con le loro personali inclinazioni. Ad esempio: se sono omosessuali o simpatizzanti dell’omosessualità dicono che la Bibbia non è attendibile quando condanna l’omosessualità. In pratica sostituiscono la “Parola di Dio” con la “Parola di IO”. L’apparenza è quella dei fini intellettuali, ma la sostanza è un brutale attacco alla Bibbia, non diverso da quei “Tedeschi Cristiani” nazisti che volevano “de giudaizzare” la Bibbia, rendendola cioè conforme alla loro scellerata ideologia. Sarebbe molto molto più onesto definirsi atei. In tutte le confessioni di fede delle chiese, la Bibbia è la Parola di Dio. Se non lo fosse, non si capirebbe il senso di essere cristiani. Che cosa sappiamo di Gesù al di fuori della Bibbia? Nulla!
Dal punto di vista civile, ognuno ha la libertà di scegliere se essere cristiano o ateo o altro. Lo Stato non tutela gli affetti, l’amore, il sesso, ma tutela i cittadini, tutela la procreazione, da cui nascono i bambini. Per tutelare i bambini devono tutelare i vincoli sia matrimoniali sia quelli tra genitori e figli. Se due uomini o due donne vogliono stare insieme, è affari loro, e possono ricevere alcune agevolazioni che tutelino la loro situazione. Ma se si parla di adozioni, il problema è quello che ho detto: i figli non hanno più un padre e una madre, e segue l’indottrinamento nelle scuole, senza informare i genitori.
Il suo parere in merito al piano per l’educazione socio affettivo di genere comunque definito gender
E’ gravissimo. Perché impone una demenziale teoria parascientifica e lo impone come regola assoluta. La storia per cui il sesso sarebbe un’opinione è totalmente infondata e abbiamo visto all’estero quali scompensi genera. L’associazione delle levatrici britanniche non può usare il termine mamme, rivolgendosi alle partorienti perché potrebbero sentirsi uomini o chissà quale altro dei cinquantotto “generi” presenti su Facebook. Ciò porta a sconvolgere le vite delle persone. Già esiste abbastanza disorientamento, maggiormente fra bambini e ragazzi. Ora si vuole inculcare loro che possono essere 58 cose diverse. E mentre loro ci pensano, gli togli la famiglia, gli affetti, i valori e la libertà. Si sta devastando persino sport femminile, dove ci sono omaccioni che “si sentono donne”, giocano nel rugby femminile e fanno strage di avversarie. Ma guai a parlarne perché vieni tacciato come omofobo. Quando si parla di odio, una cosa è incitare, andare a picchiare o bruciare, altra cosa è asserire che le bambine sono femmine e i bambini sono maschi. L’Associazione “Generazione Famiglia” che aveva elaborato un autobus con le scritte “Le bambine sono femmine, i bambini sono i maschi”, è stata definita omofoba e in base a certe proposte di legge sarebbe considerata come il partito nazista. L’autobus. in possesso dei permessi rilasciati dal Comune, sarebbe dovuto arrivare a Torino ma, scoperte le intenzioni, il Comune ha poi negato l’autorizzazione violando la Costituzione perché l’ha fatto non sulla base di esigenze di ordine pubblico, ma sulla base delle opinioni.
La Maternità Surrogata o Utero in Affitto, sfruttamento del corpo femminile, abbiamo appreso che la Corte di Cassazione non permette di riconoscere neonati, nati all’estero con questa pratica e in Italia non vi è la possibilità di avviare la medesima pratica.
Sono decisamente contrario alla barbarie dell’utero in affitto o, per meglio dire, della madre in affitto. Si parla tanto di donne sfruttate, ridotte in schiavitù per lo sfruttamento della prostituzione: questa è una prostituzione riproduttiva. L’atto sessuale è certamente meno importante della procreazione. E’ degradante portare avanti una gravidanza con tutte le questioni psicologiche e di salute che essa comporta, per poi vendere il bambino in base a un contratto come se fosse un oggetto. È una mercificazione delle donne e dei bambini. È curioso che certe femministe siano pronte a scandalizzarsi per pubblicità di donne poco vestite, che pure vendono solo la propria immagine, ma non dicono nulla quando veramente vendono se stesse per nove mesi a fare da incubatrice. Forse nel primo caso c’è invidia, mentre nell’altro complicità, quanto meno ideologica. L’utero in affitto è solo un aspetto, l’altro sono le giovani donne che vendono gli ovuli. L’estrazione degli ovuli è un delicato intervento medico. Farlo più e più volte può compromettere la salute, senza poi essere a conoscenza di dove andrà a finire questo bambino. Egualmente per gli uomini: la pratica non è pericolosa per la salute ma vendendo il seme sparpagliano figli per il mondo. Altamente immorale, molto di più di una vita sessuale disordinata.
Come riuscire a sensibilizzare la donna in merito all’interruzione di gravidanza, come arginare ritenendo che la legge sull’interruzione di gravidanza approvata dopo il referendum abrogativo degli articoli di legge penali, ha permesso in un contesto storico una conquista femminile?
Concordo che occorra puntare sulla sensibilizzazione perché cambiare la legge per far tornare reato l’aborto sarebbe impossibile e riporterebbe alla piaga della clandestinità. Prima dell’approvazione della legge sull’aborto s’interrompeva la gravidanza in Italia in modo illegale e pericoloso. Il freno ad abortire stava solo nei principi delle persone o nei pericoli dell’intervento. Il problema è che con la sensibilizzazione si rischia di essere accusati di fare quella “propaganda di odio”. Basterebbe applicare la legge sull’aborto, articolo uno dice che lo Stato tutela la vita umana dal concepimento, e dunque l’aborto legale è una sorta di riduzione del danno, laddove una donna scelga di abortire, specie in caso di problemi di salute o di stupro. La legge autorizza a informare che, in alternativa all’aborto, c’è la possibilità di lasciare il bambino al momento della nascita. Trovo l’aborto usato come misura per il controllo delle nascite inaccettabile considerando i mezzi contraccettivi che oggi ci sono.
Si dovrebbe permettere ai pazienti terminali di porre fine alla loro vita tramite il suicidio assistito.
Ho votato contro la legge sulle dichiarazioni anticipate dei trattamenti della scorsa legislatura. Sono contrario all’accanimento terapeutico. Nel 2009 si votò per la legge Englaro che non fu approvata definitivamente, ma solo al Senato. Io votai contro, in dissenso dal mio gruppo, perché come era scritta, si arrivava all’accanimento terapeutico e in pratica consentiva la sospensione delle terapie solo quando il paziente era già cadavere. Sono dell’opinione che un paziente debba poter rinunciare di sottoporsi alle cure. Nel mio intervento citai, con garbata provocazione, Giovanni Paolo II, il quale non volle ricevere altre cure nella fase terminale del morbo di Parkinson che lo affliggeva, e disse” Lasciatemi andare alla casa del Padre!” Mio padre morì della stessa malattia, il quale, per nulla trascurato, anzi amorevolmente accudito da mia madre, mio fratello e – per quanto possibile – talvolta da me, morì nella sua casa come aveva espressamente desiderato che avvenisse. In ospedale poteva sopravvivere per qualche giorno o settimana in più, con terapie invasive. Diversamente se qualcuno decide di avere più cure, è giusto che le abbia. Non ritengo sia accettabile che la Corte Costituzionale che anziché giudicare le leggi esistenti si metta in pratica a scriverle, stabilendo quando e come cambiano i principi stabiliti dalla Costituzione e dalla legge. Infatti, cinquant’anni fa quasi nessuno nutriva dubbi che l’omicidio del consenziente fosse giustamente un reato. Può darsi che le sensibilità cambino, ma deve essere il Parlamento a stabilire come e quando, non la Corte Costituzionale. Quanto deciso dalla Corte Costituzionale porterà anche i depressi in buona salute fisica, nelle mani dell’ammazza persone. I medici hanno, infatti, rifiutato di svolgere quel compito, infatti, loro devono salvare vite e quindi dovrà esserci una persona specializzata, pagata dallo Stato per mettere fine alla vita di malati terminali che soffrono, ma anche che non soffrono ma hanno paura di soffrire in futuro o sono solo depressi. Le dichiarazioni anticipate possono aiutare ma non dovrebbero essere applicabili alla lettera. Per un periodo ho sofferto di una grave malattia. E mi sono reso conto di persona che vedi le cose in modo molto diverso. Ricordo uno sportivo, un cultore dell’efficienza fisica, uno splendido atleta: ebbe a dire che se gli fosse capitata una menomazione, anche solo la perdita di un piede, avrebbe preferito morire. Gli successe qualcosa di ben più grave, ma ebbe una vita intensa e appagante, e non venne mai sfiorato dall’idea di darsi la morte. L’attuale legge, che sarà sicuramente aggravata dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, il suo difetto principale è che sull’interpretazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nel dubbio se si debbano continuare o sospendere le cure, sembrerebbe normale stabilire che si continuino, per un principio di garanzia, invece la decisione viene affidata al giudice!
Aldilà degli ultimi dati diffusi dall’Istat il 30 aprile che ha visto un incremento del numero degli occupati e del tasso di occupazione mentre il dato di disoccupazione è sceso sotto il 10%, i nostri giovani laureati fuggono in massa dall’Italia. Come vede proiettato il futuro dei giovani nel nostro paese?
Purtroppo accanto all’aumento degli occupati, c’è stata una riduzione del numero delle ore lavorative. Per le nuove norme statistiche uno è considerato occupato se ha lavorato un’ora nella settimana precedente a quando gli viene fatta la domanda. Anche se ha lavorato gratis in un’azienda della famiglia, ad esempio un disoccupato che dà una mano alla moglie che gestisce un piccolo negozio. Dunque molti che figurano occupati, ma non hanno la minima capacità di sostenersi. Perché non penso proprio che ci sia tanta gente che in un’ora di lavoro guadagna due o trecento euro. Molti posti di lavoro vanno perduti in tutti i paesi per l’avanzamento rapidissimo della tecnologia, ma in alcuni ci sono delle politiche più efficaci e altri meno. Nonostante questi dati statistici un po’ gonfiati, la nostra disoccupazione è più del doppio degli Stati Uniti e della Germania. Evidentemente si possono fare delle politiche migliori per sviluppo e innovazione. Non si deve né illudere e raccontare che basta volerlo e tutti lavorano, ma neppure indurre allo scoraggiamento. Le occasioni lavoro non abbondano ma ci sono. Occorre sapersi adattare e, almeno all’inizio, accontentare. Proprio tre giorni fa parlavo con un imprenditore che ha oltre cento operai in azienda, specializzati, in camice bianco, di certo più allo schermo del computer che con martello o chiave inglese, ma nel turno di notte, pur essendo pagato di più, 2400 euro al mese, ha solo stranieri.
Poi ci sono quelli che pagano 2 euro all’ora. Quello è sfruttamento e un italiano non può permettersi di percepire una paga del genere, gli conviene stare in casa. Ma quando si parla di stipendi da duemila euro… Ci sono molti disoccupati al sud che potrebbero occupare quei posti, ma occorre una formazione qualificante, scegliere indirizzi di studio dove vi sono prospettive di lavoro. In molte parti di Italia è certamente difficile. Molti giovani emigrano verso luoghi dove vi è possibilità di occupazione mentre altri sono frenati dai costi delle case in affitto che spesso corrisponde a metà dello stipendio. Quindi preferiscono rimanere da mamma e papà. Nell’immediato sembra conveniente ma i genitori non sono eterni, forse converrebbe affrontare le difficoltà e gli affitti alti, ma intanto lavori. Non insegno più da anni, ma ai miei studenti ho sempre ricordato che bisogna essere bravi in ciò che si fa. Non occorre essere dei geni, ma di sicuro bisogna impegnarsi. A nessuno serve un cattivo cameriere, o un cattivo impiegato, un cattivo ingegnere, un cattivo chirurgo. Se uno non si qualifica, finisce in concorrenza con quelli che raccolgono la frutta a 2 Euro l’ora, e tanti figli d’immigrati ti passeranno giustamente davanti. E prendere un titolo di studio “per anzianità”, senza in realtà aver imparato nulla e non impegnarsi equivale a non essere qualificato.
L’Italia dovrebbe ridurre o incrementare le spese militari?
Bella domanda! Bisogna sapere che tutti i governi, almeno quelli degli ultimi vent’anni, quando vanno a rappresentare l’Italia ai vertici della Nato, vengono sollecitati dal presidente degli Stati Uniti, chiunque sia da Clinton a Trump, a portare le spese militari al 2% del Pil. Noi oggi siamo a poco più dell’1,1%. I vari Prodi, D’Alema, Amato, Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte uno e Conte due hanno tutti detto sì, ma nessuno l’ha fatto perché non porta voti. Sono settantacinque anni che non vi è guerra e ci auguriamo che per altri settecentocinquanta anni non ve ne siano. Ma nel 2011 in Libia c’è stata una guerra e la Sicilia è più vicina alla Libia che a Roma. L’Iran minaccia Israele, ma anche i paesi europei. Nel 1999 ci fu guerra nell’ex Jugoslavia, che è più vicina ad Ancona del mio Piemonte. C’è bisogno di Forze Armate efficienti. Sicuramente si può razionalizzare e da tempo Forza Italia propone Forze Armate Europee, dove ci sarebbero grosse sinergie e risparmi. Ma le Forze Armate servono a prevenire guerre e devono essere adeguate ai tempi. Oggi potremmo dover fronteggiare minacce complicate come missili, droni e aerei all’avanguardia. E per questo ci vogliono aerei come gli F35, non vecchi cannoni, o fucili o marce della pace. Compito dei politici è fare ogni sforzo per prevenire le guerre, e uno di questi modi è far sapere a potenziali nemici che siamo in grado di difenderci. Pensare di non avere Forze Armate è irreale e non trovo esempi biblici a questo riguardo. Qui è evidente il principio di responsabilità. Nel 1983 si parlava dello schieramento degli euromissili americani Cruise e Pershing in Italia. In nome del sacro principio del pacifismo, si faceva una gran bella figura a dire di no, ma grazie a quei missili, i russi non hanno usato i loro: neanche un uomo è morto. E anche grazie a essi è caduto l’impero sovietico che ha seminato milioni di morti e guerre in mezzo mondo.
Lella Francese
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