NON TEMERE QUELLO CHE AVRAI DA SOFFRIRE

IL CORAGGIO DEL CRISTIANO DI FRONTE ALLA PERSECUZIONE

UNA BREVE MEDITAZIONE DI Ap. 2:8-11

Verso la fine del primo decennio del XVII secolo un manipolo di uomini e donne inglesi, guidati da un ex prete anglicano, John Smyth e da un promettente avvocato, Thomas Helwys, fuggirono dall’Inghilterra per evitare di ottemperare alle severissime leggi restrittive della Corona, che ingiungeva tutti gli ecclesiastici e laici a conformarsi alle direttive religiose della Chiesa di Stato, rifugiandosi in Olanda, ad Amsterdam, in cui vigeva un governo tollerante le minoranze religiose.

Essi erano un gruppo di separatisti, nati all’interno del più vasto movimento dissidente dei Puritani, i quali contestavano alla Chiesa Anglicana di essere ancora ammorbidente nei confronti della ritualità filo cattolica, la quale conviveva ancora con la spiritualità cultuale della Chiesa di Stato. Il motivo dell’emigrazione forzata di questo esiguo gruppo di separatisti era la persecuzione. Lo stesso Smyth testimonia la dura repressione contro di loro, affermando: “ … Per la fede noi soffriamo catene, perdita di beni, esilio e morte secondo come il Signore distribuisce a noi”, anche se in realtà l’amministrazione di Giacomo I perseguì una politica di persecuzione giudiziaria, più che una repressione poliziesca. Ma era comunque pur sempre una persecuzione, fuggendo alla quale dovettero subire l’umiliazione del cibarsi del pane amaro del soggiorno in un paese straniero. Dalla testimonianza coraggiosa di questo gruppo nacque il movimento battista, una famiglia di chiese che ha notevolmente influenzato il mondo evangelico contemporaneo, nato dall’alveo della Riforma Anglicana. Certamente, questo coraggioso gruppo, molti dei quali non avrebbero più visto la loro patria, aveva letto e meditato quei passi evangelici in cui il credente è incoraggiato dal Signore a perseverare nella sua fede anche e, soprattutto, di fronte al pericolo di vedere minacciata la propria incolumità fisica. E, in particolare, avrà meditato le parole di Gesù rivolte alla Chiesa di Smirne. Infatti, ad essa invia la sua brevissima “lettera” che è parte del suo epistolario indirizzato alle Chiese dell’Asia minore. Se la chiesa di Efeso era stata biasimata per aver abbandonato “il Primo Amore”, la Chiesa di Smirne riceve un forte sostegno spirituale dal Signore in un momento in cui sembra scatenarsi una azione persecutrice a suo danno. Smirne era una città florida dal punto di vista commerciale al pari di Efeso. Vantava la presunta nascita del grande poeta greco Omero. Dal punto di vista religioso era popolare il culto di Bacco con le relative feste baccanali e la conseguente decadenza dei costumi. Sebbene non si abbiano dati certi della nascita della chiesa, sembra che Paolo abbia avuto un ruolo importante se non determinante durante il suo soggiorno ad Efeso, città non molto lontano dal Smirne. (cfr. Atti 19:26). La chiesa di Smirne fu guidata da uno dei più autorevoli vescovi della Chiesa sub apostolica, Policarpo, martirizzato tra il 155 e il 168d.C. Sembra essere una chiesa viva, solida nella fede, caritatevole (1)

Il Signore si presenta alla Chiesa di Smirne come Colui che è morto e vive (Gr.Exesen). Frase forte e potente, che ricalca quella detta in precedenza (cfr. Ap.1:17-18), essa mira a rincuorare se non addirittura a rinvigorire gli animi  degli Smirnioti, provati dalle sofferenze della persecuzione e preparati ad affrontare altre più cruente. Il Signore evidenzia anche il fatto che lui non è all’oscuro che essi stanno tribolando per la loro fede da parte delle autorità romane e dalla gente che non vede di buon occhio il loro modo riservato di essere comunità estraniandosi dalle loro feste religiose. Chiesa formata prevalentemente da uomini e donne provenienti dalle classi sociali meno abbienti (ma, forse, privati dei loro beni confiscati durante la persecuzione di Domiziano), essa è ritenuta dal Signore una comunità ricca(gr.plousios), ossia traboccante di fede, una fede copiosa che ha corroborato le loro personalità con il tesoro dell’evangelo e il suo insegnamento etico, all’interno di una società ricca economicamente, ma moralmente corrotta  e

(1) Enrico Bosio- Commentario all’Apocalisse di Giovanni- Claudiana ed, to,1990 pagg. 30

religiosamente superstiziosa. In aggiunta alla prevaricazione pagana, viene anche annoverato l’atteggiamento calunnioso dei Giudei(gr.Blasfemìan, definita dal Signore “la Sinagoga di Satana”(Gr. sunagoghè tou satanà). Espressione durissima quella pronunciata dal Signore, quasi a denunciare o, meglio, a giudicare che la loro aristocratica pretesa di essere i discendenti di Abramo e il popolo prescelto da Dio è tragicamente illusori, perché Giudeo non è colui secondo la carne, ossia per discendenza etnica,ma colui che è lo  interiormente, nell’accettazione di Gesù come il Messia. I veri Giudei sono coloro che credono in Cristo. Essi sono l’ “Israele di Dio” (cfr. Gal. 6:15-16).

La strana alleanza, Giudei-pagani, nell’acuire l’azione persecutrice nei confronti degli Smirnioti avrà ripercussioni più drammatiche, sebbene essa sia di breve durata, con imprigionamenti e, magari il subire la morte. Un  siffatto fosco destino di morte non deve far indietreggiare i cristiani di Smirne a tal punto da rinnegare Cristo. Le parole di incoraggiamento del Signore sono parole che, sebbene rimandano alle cose ultime, in cui il credente godrà la beatitudine di Dio, possiedono una contingente efficacia nella trasmissione del coraggio agli Smirnioti in momenti in cui la vita stessa è messa in pericolo. “Sii fedele fino alla morte ed Io ti darà la corona della vita”: la parola del Signore riecheggia nella mente degli Smirnioti, rinvigorendo l’anima spaventata dal terrore della morte. Questa parola richiama alla mente un’altra simile: “…Chi vorrà salvare la sua vita la perderà, ma chi avrà perduto la propria vita per me, la salverà”(cfr. Lc 9:23-26). Parole del Signore che non possono essere disattese, perché esse incitano ad una testimonianza della fede, investendo l’intera esistenza del cristiano, per la quale egli rimane immune dalla “morte seconda”, ossia “l’eterna sete di Dio” senza che essa possa essere più soddisfatta.

L’esperienza coraggiosa della Chiesa di Smirne si rivela essere il paradigma di una chiesa che, pur non avendo molte risorse economiche, mostra di possedere  spirito di corpo e dedizione, tenacia nella lotta contro una società pagana e religiosa, che tende a fagocitarli o a sopprimerli. Ma è anche paradigma di una comunità, pur provata,  per le continue vessazioni, conserva la fede, allontanando lo spettro della defezione. Tuttavia, è doveroso sottolineare che il rischio del nominalismo cristiano può essere reale nella chiesa di tutti i tempi: vantarsi di essere cristiani per tradizione, per nascita, per una osservanza delle dottrine, equivale al vanto vuoto dei Giudei, che rivendicavano la loro discendenza abramitica, ma rifiutavano la signoria di Cristo. Oggi nelle chiese si aggirano “Cristiani” senza Cristo, che adottano metodi repressivi nei confronti dei discepoli di Gesù che ascoltano le sue parole e agiscono (cfr. Mt7:24-25).  Paradossalmente, vi sono casi in cui la persecuzione non è scatenata dai nemici dell’evangelo (l’umanesimo ateo, il fanatismo islamico o religioso in generale),bnma da coloro che si definiscono cristiani, ma che si sono secolarizzati, o vogliono conservare un modello di vita spirituale ambiguo, il cui sistema è seriamente minacciato da una testimonianza cristiana che non lascia spazio ai compromessi, al formalismo religioso, al lassismo morale.

“Sii fedele fino alla morte ed Io ti darò la corona della vita”: senza la croce non vi è corona.

Paolo Brancè | Notiziecristiane.com

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