Risalire alla radice del malessere: dalle emozioni ai pensieri profondi del cuore

malessereLe emozioni spesso sono il riflesso dei nostri stati d’animo. E la gamma delle prime e dei secondi è davvero vasta: gioia/tristezza, ira/mansuetudine, scontentezza/appagamento, turbamento/pace, ansia/fiducia,  etc., etc.

Le emozioni rappresentano uno dei primi segnali da cogliere quando si è di fronte ad un individuo che chiede aiuto, e che si vuole aiutare ad uscire dal disagio e dal malessere in cui può venire a trovarsi, in vista di una possibile ri-soluzione di questo. Occorre tener presente, dunque, che l’emozione è solo il sintomo di una certa sofferenza, la parte più “esterna”. D’altra parte l’aspetto emotivo potrebbe comunque non essere colto immediatamente qualora il soggetto non si aprisse e non comunicasse apertamente il proprio disagio (magari mascherato da atteggiamenti non congrui e non coerenti rispetto ad esso). In tal caso l’osservazione del volto e delle posture del soggetto potrebbero tradire il mascheramento e rivelare qualche segno della presenza di un disagio (volto teso, mani che tremano, sudorazione, incongruenza tra eventuali “sorrisi” e la tensione nervosa dei muscoli). Ma anche quando vi fosse una congruenza completa tra le espressioni del volto e le posture del corpo e tra queste ed il modo di esprimersi (teso ed incerto o pauroso), ed il tutto fosse direttamente accompagnato da espressioni verbali attraverso cui la persona tentasse di esprimere direttamente il proprio disagio (dicendo magari “mi sento triste / angosciato / perplesso / confuso”) non si sarebbe comunque che all’inizio del processo di aiuto. Infatti le emozioni rappresentano solo il sintomo del disagio, non la causa. Ora, il vero aiuto non deve puntare alla rimozione del sintomo (la sensazione di malessere), ma alla comprensione della causa che genera il malessere. Un principio che ho fatto mio e che sento di esprimere è che le emozioni non sono altro che il frutto dei comportamenti messi in atto. Se, dunque, si arriva a vivere delle emozioni negative bisogna risalire ai comportamenti che le hanno generate. Se per es. i membri di una coppia di coniugi sono agitati e nervosi questo potrebbe dipendere dal fatto che precedentemente hanno avuto un diverbio ed un conflitto durante il quale possono avere adottato comportamenti che possono aver generato tali emozioni (ad es. insulti, offese, minacce, critiche o altro). Ecco che, dunque, in un caso del genere, saper guardare alla causa e non al sintomo del malessere, significa risalire a quei comportamenti che precedono le emozioni negative che magari i membri di tale coppia stanno ora vivendo. Guardare ai comportamenti certo ci fa essere più vicini alla causa e – dunque – alla radice del malessere, ma ciò non ci porta ancora ad essa. Infatti, se le emozioni sono il frutto dei comportamenti, i comportamenti – a loro volta – sono generati da ciò che risiede nel cuore della persona (o nella sua anima, se si vuole). Infatti a monte dei comportamenti attuati dalle persone vi sono i pensieri che si originano nei cuori di queste. E’ il cuore che concepisce i piani, che, poi, attraverso i comportamenti, le persone scelgono di mettere in pratica.

Quindi, nel processo di aiuto, per risalire alla causa del malessere, bisogna cercare di guardare al cuore, per poter leggere quei pensieri che sono alla base dei modi di agire/reagire di fronte alle circostanze ed alle difficoltà.  In altre parole, si può dire che le emozioni non sono altro che la punta dell’iceberg del malessere che cova dentro … nel cuore!

La carta di identità

Due coniugi si presentarono ad un counselor ed esposero il loro problema; stavano vivendo una ‘crisi di coppia’. Il clima che si respirava durante l’incontro era, come dire, viziato: insulti, critiche, risentimenti, etc. Emotivamente parlando tutto era negativo e c’era solo del caos. Ma qual era la causa di quel clima di tensioni? Il counselor chiese ad entrambi i coniugi di esporre il proprio punto di vista sulla vicenda. “Mia moglie non è una brava moglie – disse il marito -. Io torno stanco dal lavoro  e non trovo le cose come vorrei. Lei dunque non mi rispetta come dovrebbe, come invece fanno al lavoro gli altri verso di me”. La moglie – viceversa – replicava dicendo: “Io passo tutto il giorno a sistemare la casa e ti aspetto quando torni per parlare un po’ con te, ma tu non mi rivolgi neanche la parola. Io faccio tante cose per te e tu non mi dai mai un segno di apprezzamento”.

Scavando e scandagliando la vita dei membri di questa coppia il counselor (che era anche cristiano) si accorse c del nodo che stringeva come in una morsa la relazione di questi coniugi. Qui, ovviamente, dovendo sintetizzare la vicenda, dico che tale nodo consisteva nello scambio delle rispettive carte di identità da parte di entrambi i coniugi. Lui, che a lavoro si sentiva stimato, ma che per il resto non sapeva quale fosse il suo ruolo ed il suo scopo nella vita, attaccava e criticava la moglie pensando così di darsi importanza e di far credere a lei che non sapesse quale fosse il ruolo di moglie. Lei, pur cercando di fare di tutto per accontentare il marito (rassettando tutto il giorno la casa e facendo tutto come lui voleva) si sentiva criticata e, dunque, frustrata e depressa. Il clima emotivo era uno sfacelo e gli stati d’animo pure, ondulanti tra ira, da un lato, e depressione dall’altro. Ma quando il quadro fu chiaro il consulente cristiano restituì ad entrambi i coniugi la verità sulla loro crisi di coppia. “Voi avete perduto le vostre vere identità ed avete rubato l’uno quella dell’altra. A lui disse che criticare la moglie era il modo per coprire la propria assenza di significato. A lei disse che lo scopo di una donna e l’amore per il marito non si misurano dal tenere la casa come un gingillo o dal fare (con paura) tutto quello che lui ordina e pretende. Il counselor, quindi, rivolgendosi a questi coniugi disse loro che dove vano ricostruire le proprie identità personalmente, e non a scapito dell’altra o in dipendenza dall’altro. Così li aiutò a lavorare su questo aspetto e su questo principio, portandoli a ricostruire la loro relazione su nuove basi.

Questo caso illustra il fatto che per capire il malessere vissuto dalle persone occorre non fermarsi ai primi sintomi e segnali (cioè alle emozioni – che di fronte ad un disagio non possono che essere negative -), ma bisogna andare alle radici di questo, ossia ai comportamenti e soprattutto ai principi che li ispirano. E’ a questo livello, infatti, che si costruiscono quelle relazioni conflittuali e quei malesseri che la gente spesso lamenta  ed esprime attraverso emozioni negative, senza tuttavia risalire alla causa e alla fonte da cui esse scaturiscono. Il vero aiuto deve poter portare le persone alla comprensione, ovvero ad un a chiara visione e ad una completa consapevolezza dei principi che risiedono nel cuore e coi quali si leggono e si affrontano (in bene o in male) le circostanze che ci troviamo a vivere.

Enzo Maniaci – notiziecristiane.com

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