Spagna: genderismo obbligatorio per decreto nelle scuole

FamigliaChe Mariano Rajoy, il premier spagnolo, sia Presidente del Partito Popolare, lo capiamo leggendone la biografia, non certo guardando l’operato del suo governo: dopo la mancata riforma della legge sull’aborto, con cui si è giocato gran parte del suo elettorato, ora ci riprova, introducendo per la prima volta come obbligatorio il genderismo nelle scuole. Travestito, ovviamente, proprio come divorzio e aborto, da “conquista sociale” con roboanti paroloni quali «eguaglianza di genere» e «lotta contro la violenza di genere». Il fatto stesso che si usi la parola «genere» in luogo di quella, ben più propria, di «sesso» la dice lunga su intenzioni e rischi omosessisti del provvedimento, stabilito con decreto regio dal Ministero dell’Educazione ed approvato dal Consiglio dei Ministri. Anche perché sappiamo, anche per esperienza italica, come e quanto con tali stratagemmi si finisca per propinare di tutto sui banchi di scuola…

Che, del resto, l’attacco sia diretto contro la famiglia tradizionale – cioè quella naturale – composta da uomo, donna e figli, ciascuno con un proprio ruolo, è cosa risaputa (nonostante tale modello abbia egregiamente funzionato per secoli e senza perder smalto neppure oggi). Che si punti al suo totale stravolgimento è altrettanto evidente.

E, a dimostrarlo, provvedono le notizie considerate – ingiustamente – di “piccolo cabotaggio”, quelle infilate nelle pieghe della cronaca: ad esempio, il fatto che, proprio in Spagna, il Consiglio Generale del Potere Giudiziario, per festeggiare i dieci anni dall’entrata in vigore della legge contro la violenza di genere, stia meditando di proibire il «complimento», bollandolo come «un’invasione della privacy delle donne», poiché nessuno avrebbe «il diritto di commentare il loro aspetto fisico». Il che è certamente vero quando pesante e fuori luogo, ma quanto meno un’esagerazione quando cortese e galante.

Non solo: secondo la Relazione sulla Gioventù in Spagna 2012, l’ultima disponibile, il 69,4% degli spagnoli “preferirebbe” «una famiglia in cui entrambi i partner lavorino e condividano le faccende di casa», il 24,4% in più rispetto al 1990, ritenendo questo un«dato incoraggiante» ed un «progresso essenziale». Nulla di più ideologico. E falso. Che oggi la crisi costringa spesso la coppia ad uscirsene di casa per tentar di sopravvivere con due stipendi, può essere un dato di fatto. Ma che questo smembramento della famiglia rappresenti di per sé un successo sociale è demagogia pura. I coniugi ciascuno per contro proprio ed i figli affidati (peraltro, non a costo zero) ad istituzioni sempre più laicistiche, non rappresentano un passo avanti nel cammino dell’”autorealizzazione” domestica, tutt’altro. In ogni caso è assolutamente discriminatorio criminalizzare chi non la pensi così. Anche perché la vera uguaglianza ed il vero, mutuo rispetto tra uomo e donna non si giocano certo sul fatto che entrambi lavorino fuori casa o meno…

Motivo di conforto nel disastro generale: dati alla mano, nonostante tutto, Spagna e Italia – ovvero due Nazioni, ove più marcata è, dal punto di vista sociale e culturale, l’impostazione cristiana – “resistono” e mantengono felicemente nell’immaginario collettivo distinti i ruoli: ad esempio, nell’accudire i figli, ciò cui settimanalmente le mogli spagnole dedicano 18 ore più dei mariti contro le sole 3 della Danimarca. Senza che il dato danese, oggettivamente, rappresenti per questo un “progresso sociale”… Oppure nel lavoro domestico: il 35% delle donne ritiene giusto occuparsene contro il 4% degli uomini. Dov’è il problema?

Eppure no, questo ai padroni del politically correct proprio non va giù, per cui cercan di colpire duro ed in modo esemplare già i piccoli: in Spagna, alla trasmissione cult Master Chef Junior, un 12enne è stato messo alla berlina, additato al pubblico ludibrio e costretto a ritrattare davanti alle telecamere, per essersi permesso di ritenere «le donne migliori degli uomini nel pulir la cucina». Affermazione forse da contestualizzare, forse in grado di far storcere il naso alle sue compagne di squadra, ma certamente non tale da provocare il terremoto invece conseguitone.

Se l’albero si vede dai frutti, anche da queste cose si capisce come certe presunte “battaglie sociali” abbiano più l’aria del trabocchetto o, peggio, dell’agguato…

Tratto da: http://www.nocristianofobia.org/


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