Tra i rifugiati nel sud del Mali

VERONA – «Dopo l’intervento francese, tra i rifugiati nel Mali del sud è cresciuta la speranza – riferisce una nota diramata da Porte Aperte, l’organizzazione internazionale evangelica a sostegno dei cristiani perseguitati che sta operando sul campo -, ma i pericoli sono ancora molti. Parte degli islamisti sembra svaniti nel nulla. Stiamo realizzando i seminari “Resistere nella tempesta” per sostenere i cristiani maliani, oltre che aiutarli sotto vari aspetti». Infatti, mentre la Francia e i partner intervenivano nel Mali del nord per spezzare l’avanzata dei tuareg e dei combattenti islamici e pacificare la zona, Porte Aperte lavorava incessantemente tra i profughi cristiani spostatisi a Bamako (nel sud del Paese) per sfuggire alle violenze degli estremisti.

L’organizzazione evangelica fa rilevare che nelle settimane scorse il numero di rifugiati nel sud è aumentato e che le loro condizioni sono pessime: mancano alloggi, vestiti, cure mediche e scuola per i più piccoli. Oltre a queste esigenze materiali, molti denotano evidenti traumi psicologici dovuti a ciò che hanno perduto: casa, proprietà, affetti, e a ciò che hanno visto (si parla di brutalità di vario tipo).

Porte Aperte sta anche tenendo i seminari “Resistere nella tempesta” con oltre settanta credenti, seminari che hanno l’obiettivo di aiutare questi fratelli ad affrontare le durissime prove della persecuzione, donando loro una prospettiva biblica di quanto sta accadendo. In più sta cercando di visitare e incoraggiare il maggior numero di cristiani possibile. Un’iniziativa semplice, quest’ultima di Porte aperte, ma importante per far sapere ai rifugiati che altri cristiani del mondo sono “con loro”.

L’intervento francese e delle altre forze in campo -ha innescato un’ondata di speranze tra profughi fuggiti al sud, cristiani compresi, e già in molti, visti i risultati dell’intervento, vorrebbero tornare alle loro case. «Però la prudenza è d’obbligo – avverte Porte Aperte -, perché le forze armate non hanno lasciato spazio ai media, quindi le notizie che trapelano non sono esaustive». Ciò che sembra sicuro è che il ritorno in queste zone potrebbe comportare problemi seri per i rifugiati: molte proprietà sono state distrutte o saccheggiate, il cibo e la sicurezza scarseggerebbero.

Romano Prodi, che presiede il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite – Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa, in un’intervista ha dichiarato che i combattenti islamici all’origine di questo disastro sarebbero svaniti nel nulla dopo i primi colpi delle forze alleate andati a segno. Le fonti di Porte Aperte confermano che gli islamisti sono fuggiti tra le montagne per riorganizzarsi e realizzare attacchi terroristici mirati, mentre alcuni di loro si sarebbero rasi la barba (segno visibile della loro appartenenza a questi gruppi) e si sarebbero mimetizzati con la popolazione divenendo invisibili. [gp]

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