NELLA FOTO: Usha* nel suo villaggio
Ci sono telefonate che non si dimenticano, come quella di Usha*, una vedova cristiana il cui grido di aiuto ha lasciato un segno indelebile nel cuore del nostro partner locale.
“Avete del cibo ora?”, ha chiesto il nostro partner.
“No, è per questo che ti chiamo pastore!”, ha risposto Usha.
A seguito di quella conversazione siamo stati in grado di dare a lei e agli altri cristiani del suo piccolo villaggio gli aiuti alimentari sufficienti per sopravvivere per alcune settimane. Successivamente, i nostri partner locali sono tornati sul posto per verificare come stessero Usha e gli altri cristiani.
“Come stai ora?”
“Stiamo bene”
“Stai riuscendo a fare la spesa da qualcuno o a ricevere cibo?”
“No. Nessuno ci dà niente”
“Quante persone vivono nel vostro villaggio?”
“Dieci famiglie in dieci capanne. Circa trenta persone”
“Di quello che vi abbiamo portato è rimasto qualcosa?”
“No. Non c’è più niente”
“Come fate a sopravvivere?”
“In qualche modo stiamo sopravvivendo, per la grazia di Dio e attraverso la preghiera. Sappiamo che in questa zona i cristiani non hanno più niente”
“Ok allora…“ il nostro partner non riesce a finire la frase che Usha interviene: “I semi che abbiamo raccolto nei campi dureranno al massimo per 4 giorni!”
Usha è disperata ma fedele, e il senso di quello che dice è chiaro: per favore non smettete di venire a noi!
“Cerchiamo di pianificare un viaggio da voi!”, ha concluso il nostro partner locale.
Telefonate come questa si susseguono senza sosta verso i nostri partner in India. QUI potete ascoltare uno stralcio della prima telefonata tra Usha e il nostro partner, responsabile della distribuzione degli aiuti.
Vi chiediamo di continuare a pregare per Usha e per milioni di cristiani perseguitati in India, specialmente in questa stagione di emergenza dovuta al coronavirus e che li vede il più delle volte trascurati nella distribuzione degli aiuti per via della loro fede.
Porte Aperte/Open Doors, attraverso i suoi partner locali, ha già aiutato 20.000 cristiani in tutta l’Asia e sta lavorando per raggiungerne altri 50.000.
*pseudonimo
Porte Aperte Italia
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