
Eliezar così descrive la sua esperienza in prigione:
“Non molto tempo fa ero rinchiuso ingiustamente in carcere. C’erano giorni in cui mi tenevano per oltre 16 ore al buio, tanto che non riuscivo a vedere nemmeno le mie mani. Ero sottoposto ad interrogatori di terzo grado e a torture fisiche e mentali. Mi spostavano continuamente da celle torride a celle gelide e viceversa. Un giorno mi mostrarono un orso molto feroce, con i denti e artigli capaci di fare a pezzi un essere umano in pochi secondi. Subito dopo mi buttarono in una cella oscura con quello che credevo fosse l’orso visto prima. Poi mi resi conto che era in realtà era un orso incatenato senza denti e artigli. I miei aguzzini si aspettavano che sarei stato preso dal panico e che avrei urlato per chiedere il loro aiuto. Invece ero seduto in un angolo della cella aspettando tranquillamente che venissero a liberarmi. Un’altra volta mi dissero che sarei stato fucilato. Mentre mi stavano ‘preparando’ alla fucilazione capii che sarebbe stato il mio ultimo giorno di vita. Fu uno dei momenti più difficili di tutta la mia esistenza. Alcuni minuti prima avevo sentito urli disperati di terrore e poi degli spari. Poi mi portarono nella stanza dove avrei dovuto morire. Una traccia di sangue colava dal muro, al quale ero stato legato, fino all’uscio, come se avessero appena trascinato fuori un cadavere sanguinante. I soldati si erano già disposti in fila con i mitra puntati. Mentre erano in quella posizione il capo mi chiese se volessi essere bendato. Ogni cosa indicava che sarei comparso molto presto alla presenza del Signore.
‘Non copritemi gli occhi. Voi state per uccidermi senza ragione e mi piacerebbe vedere i miei giustizieri’, dissi. ‘Dio vi ama tutti! Gesù vive! CUBA PARA CRISTO!’ Sentii il comando: ‘fuoco!’ Allora i percussori scattarono e i soldati si misero a ridere. Tutta l’esecuzione era stata una messa in scena! Con le poche forze che mi erano rimaste in quel momento continuai a gridare ‘CUBA PARA CRISTO’ mentre i miei carnefici continuarono a ridere. Tutti questi eventi mi aiutarono a capire più a fondo il vero significato della mia fede. Fu allora che compresi che il nostro Signore era nato con lo scopo di venire in questo mondo per essere con noi, per aver un ministero splendido, per caricarsi dei nostri peccati e per darci pace. Egli portò sulle Sue spalle il risultato dei nostri peccati, cioè le sofferenze e la morte. Nessuna cosa che ci viene inflitta è da paragonare a ciò che Egli soffrì grazie al Suo amore per noi. Il mio desiderio per la mia amata patria è quello per cui tutti i credenti cubani stanno lottando da tanto tempo: CUBA PARA CRISTO!”
Dopo 47 giorni di interrogatori e di torture il dottor Veguilla fu rilasciato dalla prigione perché le autorità non avevano trovato prove sufficienti per condannarlo. Lo confinarono agli arresti domiciliari e lui insieme alla sua famiglia continuarono ad essere costantemente sorvegliati e minacciati dagli ufficiali. Per questo furono costretti a lasciare il paese il 15 settembre 1995. Ora servono il Signore a Miami. Adesso il sogno del fratello Veguilla per la sua patria si sta realizzando gradualmente tramite le stesse autorità che l’avevano incarcerato ingiustamente. Nel 1999 il regime di Fidel Castro, per la prima volta, ha autorizzato gli evangelici a tenere pubbliche campagne evangelistiche ed evangelizzazioni locali su tutta l’isola nei mesi di maggio e di giugno.
Trascritto da: La Manna Francesco – notiziecristiane.com
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