Dire la fede ai bimbi… facendoci guidare da Dio

21-Foto_06Le parole del libro dei Proverbi cap. 19, 18 si rivolgono al padre, che deve offrire al proprio figlio un avvenire di speranza nel Signore e per indicare la giusta via non deve risparmiare la verga. «Non risparmiare al giovane la correzione, anche se tu lo batti con la verga non morirà; anzi, se lo batti con la verga lo salverai dagli Inferi» (Pr. 23, 13-14). Qui la speranza è intesa come la possibilità della correzione, del «raddrizzare» con la forza ciò (colui) che sembra stia andando storto.Grazie al cielo il padre-padrone che usa la verga come strumento educativo sembra stato accantonato, ma la responsabilità di indirizzare la speranza resta.Il bimbo chiese alla mamma: Mamma dov’è Dio? – Secondo te dov’è? – In cielo. – E che cosa sta facendo in cielo? – Fa risorgere i morti. Chissà se ha già incontrato la nostra Nea (il cane morto l’anno scorso).

Quante cose dovrei correggere, che spiritualità potrebbe crescere a partire da queste domande se non indirizzassi, mostrassi che cosa è giusto pensare e dire su Dio e a Dio?

Il rapporto tra le diverse generazioni e la fede si concretizza nella vita delle chiese nella scuola domenicale, che è un po’ il luogo delle speranze riposte sul «futuro della chiesa». Perché anche se nel corso degli anni tante volte è stato detto e ascoltato che i bambini e le bambine non sono futuro ma presente, la questione della «corretta trasmissione» resta all’ordine del giorno.

Trovo il progetto pedagogico della rivista La scuola domenicale del Servizio istruzione ed educazione della Fedeazione delle chiese evangeliche in Italia, calato nel dibattito attuale sull’educazione, attento a non appiattirsi sulla trasmissione di contenuti, ma rigoroso nell’attenzione alle risorse dei bambini e delle bambine, in un lavoro forse più faticoso per monitori e monitrici, ma che assegna valore all’esperienza di vita dei piccoli e delle piccole.

Nelle scorse due estati la chiesa battista di Cagliari ha provato, assieme al Dipartimento di evangelizzazione (DE) dell’Ucebi, a sperimentare un campo estivo biblico rivolto in particolare alla scuola domenicale ma aperto a compagni e compagne di scuola, amici e amiche, in cui la narrazione biblica permettesse di costruire itinerari spirituali a partire dal sentire e dalle esperienze dei partecipanti al campo, di età diverse che coprivano l’arco della scuola primaria, più o meno. Con il pastore Alessandro Spanu, allora segretario del DE, abbiamo provato a comunicare attraverso la narrazione biblica l’amore di Dio in Gesù Cristo a partire anche dalle domande, dalle perplessità di ciascuno e ciascuna ma anche dallo stare insieme vivendo in gruppo.

Alla base dell’idea della correzione c’è la convinzione che ci sia un modo giusto per fare le cose, una risposta esatta da dare e, di solito, le depositarie dell’esattezza e della giustezza sono le persone adulte che hanno un ruolo educativo. L’infanzia, che oggi è la principale destinataria della pubblicità, che ha dunque un valore sociale di consumo, l’infanzia che si vuole proteggere a tutti i costi, anche evitando esperienze fondamentali come imparare ad attraversare la strada da soli, per quanto riguarda le relazioni, le esperienze di vita, resta un contenitore da riempire. Basta pensare alla scuola: la grande attenzione pedagogica degli anni Sessanta e Settanta è diventata oggi quasi di nicchia e la scuola, almeno nella mia esperienza di genitore, è fin dalla prima infanzia il luogo delle risposte esatte e delle punizioni, il luogo dove sbagliare non è permesso, dove non si deve litigare, bisogna fare le brave bambine, i bravi ometti.

E le chiese? E la spiritualità? Nei confronti delle generazioni più giovani le chiese hanno tante speranze e nello stesso tempo tante resistenze a lasciare un’idea di trasmissione per accoglierne una di comunicazione, per usare due termini cari a Danilo Dolci. «Ciascuno cresce solo se sognato» diceva Danilo Dolci e mi sembra che queste parole aprano piste alternative alla verga e alla correzione e percorrano il cammino che Gesù stesso ha compiuto. Un cammino di resistenza all’esattezza, all’ordine che vuole creare sicurezza, e di comunicazione di una esperienza che sa vedere le persone, che le valorizza e rimanda loro le proprie risorse che portano al cambiamento: «per questa tua parola, và, il demonio è uscito da tua figlia» (Mc 7, 29), «Figlia, la tua fede ti ha salvata» (Mc 5, 34)… Ognuno cresce solo se sognato vuol dire per me che posso comunicare la mia fede con una bambina condividendo le sue domande e resistendo alla tentazione di darle le mie risposte esatte, se risposte esatte ci sono. Così mi piace vedere la speranza come un territorio «densamente popolato» da esperienze di fede diverse, accolte da Dio che è più grande del nostro cuore, che conosce ogni cosa ma che non ha bisogno di elargire voti di merito.

Tratto da Riforma.it

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